“STRUMENTO TIPICO DELLE NOSTRE TERRE E LA CUI NASCITA SI PERDE NELLA NOTTE DEI TEMPI”. GENNARO GRAZIOSO”LA STORIA DELLE OSTRICHE A TARANTO”.
di Vito Nicola Cavallo
IEDDE-LA GRAMMELLA è l’anello di congiunzione tra l’uomo e la cozza.
ADI Design Index 2023 raccoglie le opere d’Arte del Design Italiano ospita tra le sue pagine IEDDE-LA GRAMELLA oggetto nato dalla creatività del designer Giuliano Ricciardi e dedicato alla Città di Taranto in occasione della proclamazione della cozza nera tarantina a Presidio Slow Food.
Giuliano Ricciardi pluripremiato Designer e fotografo, legato alla sua terra d’origine, dopo un’importante esperienza in falegnameria sotto l’ala del maestro G. Salvago e c/o la Kinoworkshop srl dell’Arch B. D’ippolito, si specializza in design c/o il Politecnico di Bari, dedicandosi anche a interior e product design. Founder del d-Lab studio, i suoi design concept sono caratterizzati da uno stile iconico, evocativo, razionale e contemporaneo. All’attività freelance affianca la collaborazione con aziende e professionisti del settore dedicandosi anche alla didattica professionale. Founder di IEDDE, riveste il ruolo di Designer e Creative Director definendo stile e concept dei prodotti appartenenti al marchio.
Scrive Ricciardi “è un onore poter annoverare la presenza sul prestigioso catalogo letteralmente accanto a nomi di colossi del design, presenti da decenni sul mercato, oltre ad essere un grande traguardo per un prodotto nato da meno di un anno già presente nelle case di oltre 150 clienti, concittadini e non. Questo successo offre a IEDDE la nomination per il prossimo Compasso d’Oro 2024, edizione particolarmente importante che coincide con i 70 anni del prestigioso premio, e giunge a conferma della qualità progettuale di un oggetto iconico ed evocativo che rimanda a tradizioni e territorio per il tramite di un prodotto tipico locale, la cozza nera tarantina”. Giuliano Ricciardi dettaglia l’iter del concept che nasce “ dalla volontà di creare una linea di prodotto destinata al consumo e alla lavorazione di un prodotto alimentare tipico locale, la cozza nera tarantina riconosciuta Presidio Slow Food nel 2022. È stato identificato quindi nella grammella, strumento tipico delle nostre terre e la cui nascita si perde nella notte dei tempi, il seme di questa linea di prodotto.
Strumento nato più da una necessità che da un progetto, la grammella è un oggetto esteticamente essenziale che assolve una semplice funzione: aprire e sgusciare le cozze. IEDDE è il frutto di uno studio approfondito incentrato sull’analisi della grammella tradizionale e sul suo uso, sul contesto storico/geografico e sulla Cozza, mitilo da sempre coltivato nelle acque marine di Taranto, presente in tante ricette della tradizione e apprezzato in tutto il mondo per il caratteristico sapore dovuto alle acque dolci dei citri e delle correnti del fiume Galeso. L’operazione di redesign ha interessato prima di tutto l’ergonomia dello strumento, orientata verso una forma agevole al contenimento in mano ed in una posizione ben definita, come fosse un invito a sgusciare.
Il successivo step ha interessato l’impugnatura, che, non casualmente, si ispira alla sagoma del guscio del mitilo, le cui forme si prestano ad essere accolte comodamente nel palmo della mano. Quindi si è passati alla lama che nasce spontaneamente seguendo in continuità la curva della presa specchiandosi all’apice per poi raccordarsi armonicamente alla base dellastessa. Il tutto è stato assemblato grazie a due perni passanti, di cui uno forato per il passaggio del cordoncino da polso anti caduta, in una struttura a sandwich che, con la lama avvolta dalle prese in massello di ulivo, albero tipico delle nostre terre, sposa l’esigenza di uno strumento professionale, robusto e bilanciato. Dim. (mm): L 125 x P 36 x H 25 Peso: g 65. La versione qui riportata è realizzata con lama in acciaio inox 4116 ThyssenKrupp e presa in massello di ulivo per rispecchiare verosimilmente le caratteristiche materiche della versione tradizionale. Per rispondere più efficacemente a necessità igieniche, professionali e di costo, la presa potrebbe essere realizzata anche in altro materiale spaziando dai polimeri agli acciai.La scelta del nome IEDDE, traduzione dialettale tarantina del pronome “lei”, ricalca la volontà di individuarla come “La Grammella” e non come una comune grammella. Un nome iconico per un oggetto iconico. Quindi IEDDE, con le sue forme, la sua funzione, i suoi materiali, non è solo una grammella, ma anche un oggetto evocativo che rimanda a tradizioni e territorio; un messaggio visivo fisicamente tangibile e presente”.
Le origini della produzione di cozze ed ostriche nel Golfo di Taranto potrebbero risalire al periodo dell’Impero Romano. Un dettagliato ed interessante approfondimento, su “OSCRE E SCIAJARULE” è stato quello di Grazioso Gennaro sulla sua pagina social “Antichi proverbi tarantini (… e non solo)”, raccontando non solo di cozze ma anche di ostriche, la cui difficoltosa apertura-riteniamo con apprezzabile certezza-essere facilitata anche dalla “gramella” disegnata da Ricciardi.
Scrive Gennaro Grazioso “dopo il nostro oro nero, le cozze, leggiamo qualcosa su di un altro nostro prodotto di gran pregio: OSCRE E SCIAJARULE
Non si sa con precisione la data o il periodo in cui a Taranto si iniziò la coltivazione delle cozze. Vi sono diverse teorie, tra cui quella che addirittura fa risalire questa arte al periodo del decadimento dell’Impero Romano. Quel che è certo è che nel 1800 la coltivazione delle ostriche, insieme a quella dei mitili ed alla pesca rappresentavano l’attività economica e commerciale più importante per Taranto. LE SCIAJE. Le strutture, gli impianti per la coltivazione delle ostriche erano chiamate “sciaje” .Erano molto simili a quelle delle cozze.
Le sciaje , erano definiti, i giardini di mare, per la caratteristica forma, che le fascine intrecciate ,coperte dalle ostriche, avevano a guisa di albero carico di frutti .LE TECNICHE DELLA COLTIVAZIONE: ancora oggi, nei mesi di maggio e giugno, in Mar Grande, nei pressi delle Isole Cheradi, vengono affondate ad una trentina di metri di profondità, delle fascine di lentisco (Pistacia lentiscus), appositamente approntate. Poi, avviene la fase della raccolta delle larve che crescono sulle fascine di lentisco intrecciate e sistemate il prossimità del fondo, a cui seguiva l’innesto, di queste ( le larve) in fascine più robuste, sospese a pergolari di corda per poi arrivare a successivi momenti di reinnesto e pulitura delle ostriche di dimensioni sempre crescenti. Dopo circa tre mesi dall’affondamento , queste vengono riportate in superficie, vengono tagliati i ramoscelli ingemmati dalle ostrichine che vi si sono fissate, questi, appellati in gergo “zippe”, vengono innestati a delle corde vegetali chiamate libàni che vengono fissati ai pergolari sostenuti dalla tipica paleria di castagno infissa sui fondali del Mar Piccolo e che costituiscono le sciaie, veri e propri giardini marini accuditi amorevolmente dai cosiddetti sciaiaruli.
Negli anni venti del secolo scorso, nelle acque del solo Mar Piccolo erano tenute in allevamento trentacinque-quaranta milioni di ostriche, produzione in seguito molto ridimensionata. Negli stessi anni, studiosi appositamente incaricati dal governo, calcolarono che nei suoi mari potevano essere prodotte annualmente svariate decine di milioni di dozzine di ostriche e stimarono anche il cospicuo ricavo economico. UN PO’ DI STORIA IN GENERE.NEI TEMPI ANTICHI L’OSTRICA LA TROVIAMO DESCRITTA, MAGNIFICATA ED ESALTATA GIÀ DA OMERO, VIRGILIO, PETRONIO E MOLTI ALTRI PADRI DELLA LETTERATURA, MA HA INCONTRATO, SENZA SOLUZIONE DI CONTINUITÀ, IN OGNI EPOCA ILLUSTRI ESTIMATORI, PRODIGHI DI RIME, TRA QUESTI, GOETHE, VOLTAIRE E PERSINO IL CUPO GIACOMO LEOPARDI, CHE EBBE A DEDICARLE DEI GRATIFICANTI VERSI.
Plinio, cento anni prima di Cristo, le dedica ampie trattazioni e fa una puntuale descrizione del sistema di allevamento messo a punto da Sergio Orata, indicato dallo stesso come un ricco ed avaro cavaliere romano che doveva la sua grande fortuna proprio alle ostriche. Questi, infatti, aveva messo a punto, un innovativo sistema di allevamento su pali con il quale riuscì ad ottenere ostriche più grasse, turgide e dolci, suscitando così, una vera e propria mania fra i suoi contemporanei più ricchi, e a renderle di moda, praticamente indispensabili, nei convivi eccellenti. Lo stesso Giulio Cesare preferiva le ostriche a qualsiasi altro cibo e sulla sua mensa se ne consumavano quantitativi industriali. La richiesta, ad un certo punto divenne tanto ingente, che si dovettero esplorare nuovi areali di rifornimento, si scoprì così che le ostriche di Brindisi, non meno famose e prelibate di quelle della Gran Bretagna, trovavano un ambiente ideale nel Lago di Lucrino, ove,
dopo una breve stabulazione, acquisivano particolare dolcezza, sapidità e grassezza. Allo stesso scopo erano adibiti anche i Laghi di Fusaro e Miseno. LE SCIAJE E L’OSCRE A TARANTO , STORIA. Per quanto riguarda Taranto, nonostante non tutti concordino, l’ostricoltura si sviluppò più tardi, pare intorno al IV sec. d. C. , ma in breve tempo gli ostricoltori locali seppero raggiungere l’assoluta eccellenza, infatti, fu subito messa a punto, una singolare, sofisticata ed ingegnosa tecnica, ancora praticata, anche se su scala molto limitata. Le ostriche sono un alimento pregiato e raffinato, che può essere gustato tutto l’anno, anche se tradizionalmente si pensa che vadano consumate nei mesi più freddi dell’anno, quelli che contengono la “R” nella loro denominazione (in francese, gennaio è Janvier!), in particolare da settembre a aprile. Questo periodo è detto “mesi con la R”, poiché tutti i mesi che contengono la lettera “R” nell’ortografia francese rientrano in questo periodo. In realtà le ostriche possono essere consumate in ogni momento dell’anno grazie alla tecnologia. IN CHE PERIODO CONVIENE MANGIARLE? La ragione per cui si preferisce mangiare le ostriche in atunno/inverno è legata alla loro biologia. Durante il periodo estivo, da giugno ad agosto, in natura si ha la fase di riproduzione delle ostriche. Possono quindi risultare più scarne, meno nutrienti e ricche del così detto “latte” che le rende poco gradevoli al gusto. CIO’ CHE SUCCEDE OGGI. Tuttavia, è importante notare che oggi la maggior parte delle aziende ostricole, sono in grado di controllare le condizioni di crescita e di mantenere la qualità delle ostriche costante durante tutto l’anno.
In questo modo, è possibile gustare ostriche di alta qualità in qualsiasi momento dell’anno, senza dover aspettare la stagione invernale.”
Giuliano Ricciardi
Founder & Designer Senior d-Lab Studio
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