I TAPPETI DI PIETRA-I MOSAICI DI TARANTO ROMANA.

Pavimenti a mosaico degli edifici pubblici e privati di età imperiale,provengono da terme e ville patrizie, testimonianza dell’elevato livello che l’edilizia urbana del tempo aveva straordinariamente raggiunto.

di Vito Nicola Cavallo

I Mosaici di antiche ville Patrizie Romane di Taranto, visitabili virtualmente  al Museo MArTA  un vero e proprio cambio di passo per l’importante istituzione museale tarantina, evidenziando proprio la cultura come un viaggio, anche se virtuale, all’interno delle sale di uno dei musei archeologici più importanti del mondo. Il MArTA una opportunità per contribuire a portare Taranto, il suo buon nome e le sue ricchezze, oltre gli ostacoli geografici, logistici, e soprattutto oltre gli stereotipiti che spesso l’accompagnano. C’è una città ricca di cultura e di storia da riscoprire e il Museo Archeologico Nazionale ne è la porta d’accesso principale.

Il sito consultabile è  www.museotaranto.beniculturali.it  si potranno visionare i meravigliosi mosaici di terme e ville patrizie di origine Romana realizzate a Taranto e conservati nel museo, infatti oltre ai già noti Ori di Taranto, all’interno delle sale dedicate al periodo della Taranto romana, è possibile ammirare i pavimenti a mosaico degli edifici pubblici e privati di età imperiale.

Provengono da terme e ville patrizie, testimonianza dell’elevato livello che l’edilizia urbana del tempo aveva straordinariamente raggiunto. Rappresentano un condensato di artigianalità, arte e creatività del II secolo d.C. Alcuni di questi mosaici provengono dalle zone di via Anfiteatro, in prossimità delle Terme Pentascinenses e di diverse unità abitative. Molti altri sono stati estratti nelle zone di via Mazzini, in cui insistevano ville patrizie. I mosaici esposti al Museo Archeologico Nazionale di Taranto conquistano per la loro straordinaria Bellezza, i preziosi contrasti cromatici e l’espressione della ricerca e della tecnica “bianco-nero”. La straordinaria creatività e raffinatezza che li caratterizzano lasciano ipotizzare la presenza di una bottega di mosaicisti di spessore, apprezzati in tutto il Mediterraneo. In età adrianea e antoniniana (II secolo d.C.) la produzione musiva si orienta verso l’adozione di un repertorio geometrico e figurato che gioca sui forti contrasti cromatici, dati dall’utilizzo della tecnica in bianco-nero. Si inserisce in questa tradizione il pavimento, scoperto in via Anfiteatro, in un settore dell’abitato antico prossimo all’area dal grandioso impianto delle Terme Pentascinenses,

arricchito da tappeti musivi di ampia estensione. Intorno alla zona occupata dall’edificio termale sorgono, nel corso del II secolo d.C., unità abitative che hanno restituito pavimentazioni, nelle quali si afferma la predilezione per una originale e raffinata resa policroma degli ornati.Il pavimento con grifi affrontati ai lati di un cratere, in particolare, decorava probabilmente una sala da banchetto (triclinium), per la chiara allusione al tema conviviale, rappresentata dai due animali fantastici, custodi del cratere colmo di vino, bevanda sacra a Dioniso. (Fonte: Museo MarTa)

TARAS

E se il destino avverso mi terrà lontano allora cercherò le dolci acque del Galeso caro alle pecore avvolte nelle pelli, e gli ubertosi campi che un dì furono di Falanto lo Spartano”.

(Quinto Orazio Flacco – A Settimio)

Il toponimo Taras (in greco: Τάρας), nome originario della città, è legato alla colonizzazione ellenica della Magna Grecia che iniziò dall’VIII-VII secolo a.C. con le colonie ioniche e doriche. Il toponimo compare, oltre che sulle monete magno-greche risalenti al periodo di massimo splendore della città, anche sulla Mappa di Soleto, scoperta all’interno di un grande edificio messapico nel 2003 a Soleto (LE).Taras era una figura della mitologia greca, figlio di Poseidone e della ninfa Satyria, nonché leggendario fondatore della città di

Taranto. Sposò Satureia, figlia del re Minosse. Circa nel 2000 a.C., Taras avrebbe navigato fino in puglia, approdando presso un corso d’acqua che poi da lui avrebbe preso il nome: il fiume Tara. Mentre Taras compiva sacrifici sulle rive dello Ionio per onorare suo padre Poseidone, gli sarebbe apparso improvvisamente un delfino, segno che avrebbe interpretato di buon auspicio e di incoraggiamento per fondare una città da dedicare a sua madre Satyria o a sua moglie Satureia e che chiamò quindi Saturo, località tuttora esistente. Un giorno Taras sarebbe scomparso nelle acque del fiume e dal padre sarebbe stato assunto fra gli eroi. La tradizione riporta la fondazione di Taranto al 706 a.c. quando, come riferisce lo storico Eusebio di Cesarea, un gruppo di coloni Spartani occupa questa zona per trasferircisi.

Come sempre accade i primi coloni si considerarono gli aristocratici del luogo attribuendosi vari privilegi come avvenne per i primi romani insediatisi sui colli. A differenza delle altre città della Puglia (come Bari e Brindisi), Taras (Taranto) non fu annessa all’impero romano se non in epoca tarda.

La leggenda racconta che nell’VIII secolo a.C., l’eroe spartano Falanto divenne il condottiero dei Partheni, cioè di quel gruppo di cittadini nati durante la guerra messenica, dell’aristocrazia al potere nella città di Sparta.

Nel 281 a.C. Roma dichiarò guerra a Taranto.I Tarantini chiesero l’aiuto di una flotta cartaginese per liberarsi del presidio epirota. Ma Milone consegnò la città al console romano Lucio Papirio Cursore, console del 293 a.C.  che, con il collega Spurio Carvilio Massimo, nel 272 a.C. ne fece smantellare le mura, imposero un tributo di guerra togliendole armi e navi. Tutto ciò che ornava Taranto (statue dell’arte greca, oggetti preziosi) fu inviato a Roma.

Infatti, sull’acropoli, a Taranto , si elevava la statua colossale di Eracle in riposo, ,commissionata dai Tarantini a Lisippo di Sicione, uno dei più grandi scultori dell’antichità, vissuto nel IV sec. S. C. Questa celebre opera fu senza dubbio la preda più famosa del saccheggio romano del 209 a.C.; Quinto Fabio Massimo, infatti, la trasportò a Roma, dove fu dedicata sul Campidoglio, a fianco della statua a cavallo dello stesso generale.

Vennero prelevate anche le menti migliori del tempo: matematici, filosofi e letterati, tra cui Livio Andronico (drammaturgo, poeta e attore), che tradusse in latino l’Odissea; il grande poeta Leonida (il maggiore esponente della scuola dorico-peloponnesiaca), invece, riuscì a fuggire prima della capitolazione della città, ma da quel momento visse un’esistenza molto povera, morendo in esilio. Roma nominò Taranto sua alleata ma non lo consentì di coniare moneta.

Durante la II Guerra Punica, Taranto, ancora antiromana,  brigò per favorire l’arrivo dei Cartaginesi, così Annibale riuscì nel 212 a. C. ad impadronirsi di Taranto e costrinse all’assedio i Romani, che non furono più in grado di usare la città come base logistica per le proprie truppe.

Nel 209 a.C., il console romano Quinto Fabio Massimo si impadronì nuovamente di Taranto, grazie al tradimento di un ufficiale cartaginese e nel 123 a. c. Gaio Gracco ne fece una colonia. Dopo l’89 a. C., la comunità greca e la colonia romana divennero municipium, ora Taranto era romana.

Nell’occasione di uno storico patto tra Augusto e Marco Antonio nel 37 a. C., la città venne fornita di un acquedotto e di un anfiteatro. La città prosperò all’epoca di Traiano, durante il quale furono costruite le terme Pentascinenses, poi restaurate nel IV secolo da Furio Claudio Togio Quintilio il Corrector Apuliae et Calabriae.

Bibliografia.

Tappeti di Pietra. I mosaici di Taranto romana (Catalogo della mostra, Museo Nazionale di Egnazia aprile 1989), Fasano 1989,