INTERVISTA AL MAESTRO MIMMO VESTITA 2021
LINK https://youtu.be/3AoETHi8sdc
di Vito Nicola Cavallo
“Un angolo di Paradiso nel centro del Salento”, la casa-museo e bottega di Cosimo detto “Mimmo” Vestita, artigiano-artista “illuminato”, il quale ha impresso innovazione nella produzione della Ceramica artistica pugliese e nazionale, e Mimmo ha scritto una pagina importante, nell’ambito urbanistico e del recupero architettonico, artistico e culturale, la sua dimora nel centro del quartiere delle ceramiche di Grottaglie. “Grottaglie è la città delle grotte; i primi insediamenti rupestri nelle aperture naturali esistenti nelle pareti delle gravine, poi allargate con scavi e ampliate con ambienti successivamente annessi, non costituiscono certo un unicum nella storia del territorio che tra Taranto e le Murge sconfina in Basilicata…a Grottaglie si verifica una singolare concentrazione dell’attività ceramica in una delle gravine che attraversano, quella di San Giorgio, in cui oggi sorge il Quartiere delle ceramiche, o dei camini, come recita il toponimo dialettale (camenn’re) .Il fondo della gravina è ormai un comodo dedalo lastricato e asfaltato e ai lati delle strade le botteghe conservano le pareti e le volte annerite dalla fuliggine delle vecchie fornaci. In quegli ambienti per secoli si
sono consumate l’arte ruagnara, riferita alla realizzazione di oggetti di uso comune, e l’arte faenzara, relativa alla produzione di ceramiche fine, ingobbiata e decorata.”(1) Al centro della Gravina di san Giorgio è collocata la casa museo di Mimmo Vestita, e sul promontorio del quartiere la “fucina” delle opere d’arte ceramica dei fratelli Vestita.
Iniziamo la visita dalla casa di via Crispi, un tempo, occupata da uno dei notabili locali, nelle cui cisterne interrate nel tufo zuppigno, durante le opere di recupero sono state rivenuti interessanti reperti di maioliche di arte faenzara, come nelle pertinenze sono venuti alle luce antiche terrecotte di remota fattura e pavimenti in arte edificatoria di epoca romana. Nell’opera di recupero di questo nucleo edificato con pertinente area a giardino patronale di fine ‘800,che custodisce , antiche ceramiche depositate con logico ordine e fichidindia secolari capasoni, antichi secchi in ferro, alberi di melograno e maestose piante di cappero del mediterraneo, che crescono rigogliose vicino ad un antico colonnato che precede lo spazio antistante l’ingresso della stupenda chiesa rupestre di epoca medievale dedicata a Santa Barbara , posizionata ai piedi del vicino, trecentesco castello Episcopio sede del Museo delle ceramiche e dei Presepi.
Di altrettanto interesse sono i sotterranei dell’antica abitazione signorile dove, come detto nelle cisterne, sono state rivenute lucerne di epoca ottocentesca. In questo luogo della memoria è possibile “toccare con mano “ , quanto il prof. Pierluigi Cervellati nel 2002 affermò, nella redazione del “Piano di Recupero del Centro Storico particolareggiato per la Città Antica e il Quartiere delle Ceramiche di Grottaglie”, “ un “piano” per un centro storico lo si redige e (in seguito) lo si attua per raggiungere tre obiettivi, che in tempi recenti hanno assunto il significato di “missione”. Sono tre finalità che un piano deve prefigurare per ottenere risultati confacenti ad un intervento pianificatorio. Obiettivo culturale, innanzi tutto. Se si ritiene che la propria fisionomia -la propria specificità- abbia o possa avere una ragione d’essere, la memoria del passato, le proprie radici, sono da individuare, tutelare e possibilmente valorizzare. La perdita della memoria collettiva -che mantiene (o ha mantenuto) per secoli una città storica o antica influisce sempre sull’assetto complessivo di un territorio. Come senza memoria il genere umano perde stabilità, vacilla, si disperde: non ha più coscienza di sé e degli altri; così senza passato un luogo difficilmente riesce a costruirsi una prospettiva, ha un futuro. Non solo.
La quantità di monumenti che in genere si concentrano in un centro storico – fra chiese e conventi, palazzi, porte e portali- non ha riscontro in nessuna altra parte del territorio. I monumenti architettonici, che spesso racchiudono altre opere d’arte, in una sedimentazione storico e artistica di grande consistenza non solo simbolica, sono indispensabili per arricchire la nostra conoscenza e per formare un identità culturale non omogeneizzata. L’obiettivo culturale coincide con il principio di rappresentatività. La città del passato identifica e a un tempo, rappresenta una società che ha stabilito regole di comportamento e modi di vivere raffigurati anche dal tipo di assetto che ha costruito nel corso dei secoli. La “cultura” insita nel centro storico esprime anche la comunità che in quel centro vive o é vissuta. C’é quindi anche un fattore “sociale” proprio della tutela di un centro storico. Obiettivi, questo, tutt’altro che secondario per inquadrare il piano di assetto di un centro storico. Luogo -che al di là delle sue dimensioni e dell’area di influenza- rappresenta comunque e sempre una comunità, un modo di “stare insieme” fra classi sociali diverse. Il ricco e il povero convivono e spesso coabitano nello stesso palazzo o nella medesima strada.
I centri storici non hanno espresso solo la classe dominante -anche se questa é vissuta nelle zone maggiormente qualificate- hanno rappresentato la collettività. “ Conosciamo da vicino Cosimo la casa-museo di “Mimmo” Vestita, situata nel cuore dell’antico “Quartiere delle ceramiche” in via Santa Sofia; si raggiunge salendo per una piccola rampa di scale. Dalle prime finestre dello spazio creativo, si, domina l’intero quartiere. Carmelo modella l’argilla al tornio, creando forme meravigliosamente perfette; Mimmo decora i manufatti, trasformandoli in pezzi unici, modellati, graffiti, ingobbiati (1): l’argilla cotta nel forno diventano pumi, vasi, piatti, bicchieri, complementi d’arredo, capolavori. A contatto con questi maestri, artigiani e artisti, è facile restare incantati da storie, aneddoti e mille curiosità suscitate anche da oggetti insoluti come le pupe baffute, le brocche con i segreti, utensili d’uso quotidiano d’altri tempi. Qui il tempo trascorre lentamente e non s’invecchia; poi dalla terrazza della bottega la vista è mozzafiato: siamo davvero in un angolo di Puglia unica e autentica.
Le ceramiche invetriate racchiudono elementi simbolici e carichi di significato sospesi tra recupero della storia e tradizione popolare, architettura colta e
design artigianale. Così la Bottega Vestita, ritrova saperi antichi e cultura popolare. Durante le visite in bottega ci si potrà incrociare con l’uso della ceramica in architettura con un ex-cursus dall’architettura fittile fino alle sperimentazioni di Vittorio Chiaia. Carmelo Vestita “donare” una lavorazione al tornio in cui, «segno e materia, diventano codici complessi e misteriosi che fluttuano sulle note dei Derwish danzanti che ruotano come il tornio del ceramista». A partire dal frammento ceramico, custode della memoria del tempo, bottega Vestita si pone tra immaginario e tradizione nell’ottica del sogno condiviso di cambiare la realtà, alla costante ricerca di un equilibrio tra cielo e terra(3). Simona Di Giulio ed Emanuela Di Palma dettagliano ancor più l’antica Bottega Vestita (1) “che alla fine dell’800 era un deposito per la legna, è possibile visionare una vasta collezione di oggetti antichi, della tradizione ceramica grottagliese. Grazie alla sua posizione centrale, del terrazzo “iefo”(ndr iefu) della bottega, si gode una
vista a 360° che affaccia sull’interno del “Quartiere”, da cui emerge la splendida cupola di maioliche della chiesa di S. Francesco di Geronimo, con i tre colori predominanti della ceramica grottagliese, il giallo, il verde e il rosso. Per il rivestimento delle cupole delle chiese si usavano mattonelle di forma rettangolare con il lato corto arrotondato ,muniti di un foro per consentire un migliore fissaggio alla cupola e, solitamente, si presentavano invetriate su una faccia e sui lati mentre il retro veniva lasciato grezzo.
Tali coperture venivano disposte quasi sempre a squama di pesce creando dei suggestivi effetti decorativi. Alcune di queste maioliche sono state donate dai fratelli Vestita al Museo Nazionale e Tradizioni Popolari di Roma. La storia della famiglia, è molto antica; si hanno notizie di un tal Vestita Giacomo, primo tornitore nella fabbrica di ceramica del prof. Galileo Chini a Borgo S. Lorenzo nei primi dell’800. Nel 1818 è attestata l’attività figulina di Giuseppe Felice e nell’Elenco delle maestranze figulina di Grottaglie compilato dal prof. Polidori, compaiono come ceramisti capasonari: Vestita Giacomo, Vestita Salvatore, Vestita Eligio e F. e Vestita Carmine.
La nuova generazione dei Vestita ha studiato e ripreso la tradizione della tecnica ceramica magno-greca, allargando la sua competenza alla produzione medioevale. I tre fratelli collaborano oggi con molti artisti, producendo ceramica per l’architettura, non trascurando la sperimentazione e lo studio del design di forme di arredo alternative. Hanno, inoltre, partecipato a diverse mostre internazionali tra cui la biennale di Venezia, e prodotto manufatti per scenografie teatrali. Un oggetto simbolo della loro produzione è il pomo detto “Pumo”, che è un elemento ornamentale tipico dei terrazzi e balconi; sostituisce le piante ornamentali, e viene messo in coppia all’estremità delle ringhiere infilato sopra agli appositi fermi metallici. Altro splendido manufatto è rappresentato dalle casette degli uccelli di cui si conserva nella bottega un antico esemplare. I fratelli Vestita cercano di trasmettere e tramandare con l’oggetto creato, i sentimenti e le emozioni dei padri attraverso al ceramica.”
I “Pumi o “Pigne”, sono prodotti ceramici fatti a mano molto diffusi nelle aree del Barocco pugliese. Nel centro storico di Grottaglie, nei palazzi antichi sulle facciate e nelle ville nobiliari dell’agro fanno bella mostra sulle facciate ed adornano i rispettivi balconi in ferro battuto, o fanno bella mostra di se su imponenti colonne in tufo dei suggestivi pergolati a collegamento dei diversi spazi abitati delle ville o delle masserie presenti nel territorio delle ceramiche.
La loro forma è simile ad un carciofo o a un bocciolo di rosa stilizzato, che rappresentano la riproposizione elegante della natura unita al simbolismo legato al buon auspicio alla fecondità, alla fortuna, all’abbondanza. Il pumo è inteso da ceramisti quale espressione di capacità professionale ed innovazione delle forme, della decorazione espressa nella varietà dei colori. “Manufatti ornamentali che presentano generalmente una forma sferica
circondata e sostenuta da quattro grandi foglie così da ricordare, nel loro intero sviluppo, i boccioli dei fiori racchiusi in un calice. All’apice una guglia appena accennata. I pumi, di forma e colore variabili ma sempre legati al motivo floreale del bocciolo stilizzato, avevano anche una funzione augurale, per questo venivano aggiunti particolari che ne potenziavano il valore beneaugurante. Nel corso dei secoli i pumi si evolvono nella forma adattandosi ai gusti delle diverse epoche, alle capacità artistiche del figulo, al valore puramente estetico e beneaugurante che l’eventuale committente richiedeva. Questa variabilità si rifletteva altresì nell’uso degli smalti e delle invetriature impiegati.”(1)
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