I MONASTERI DI MADRE  S. CHIARA D’ASSISI:NAPOLI E GROTTAGLIE

La testimonianza di Santa Chiara e delle Sorelle Clarisse oggi.” Siamo a disposizione per l’accoglienza, personale e di gruppi che desiderano conoscere la nostra vita e la spiritualità clariana, o mettersi in ascolto della Parola” (cit. Suor Pierpaola)

800 ANNI DEL PRESEPIO DI GREZZIO . Icona scritta da Suor Pierpaola Nistri per gli 800 anni del presepio di Greccio https://www.g-pegaso.it/2024/01/02/800-anni-del-presepio-di-grezzio/

di Vito Nicola Cavallo

Abbiamo conosciuto “O patre Francisco”, San Francesco de Geronimo che  per un quarantennio si dedicò completamente alle indie napoletane, sino alla sua ascesa la cielo del 11 Maggio 1716. Il Santo salentino di adozione partenopea, nasce a pochi isolati dalla chiesa di S. Gerolamo e l’adiacente monastero delle clarisse di S. Chiara a Grottaglie in provincia di Lecce ( nel ‘700) ed esercitò il suo ministero pastorale per tanti anni nel Gesù Nuovo a Napoli , sulla cui prospicente piazza  lato nord-orientale si erge il complesso monastico di Santa Chiara con adiacente basilica con ingresso da via Benedetto Croce, dunque “O patre Francisco”, ancora una volta mantiene uno stretto legame con le comunità pugliesi e campane fin dalla fine del  ‘700. In occasione della festa liturgica Sancta Chiara d’Assisi, il giorno 11 di Agosto di ogni anno, abbiamo voluto approfondire l’importanza oggi, del messaggio della Santa Madre di Assisi, visitando i monasteri di Napoli e Grottaglie, incontrando Sua Eccellenza Reverendissima Monsignore Salvatore Ligorio, Arcivescovo Metropolita di Potenza, Muro Lucano-Marsico Nuovo e Suor Piepaola Nistri osc,  già Badessa del monastero di Grottaglie. Nella prima parte raccontiamo dei due monasteri, dalla nascita all’evoluzione storica, culturale e religiosa dei complessi monastici e delle interessanti caratteristiche architettoniche ed artistiche degli stessi.

Di seguito le riflessioni (2020) di S. E. Salvatore Ligorio e di Suor Pierpaola Nistri e, una interessante approfondimento sulle opere iconografiche realizzata dalla Madre Badessa. Introduciamo l’ approfondimento con la Madre Santa Chiara d’Assisi che nacque ad  nel 1193 da nobile e ricca famiglia. Sentendo parlare di Frate Francesco d’ Assisi,  già seguace di Cristo povero nella nuova via evangelica che stava tracciando, volle incontrarlo e scoprì di avere nel cuore la stessa vocazione. La notte del 28 marzo 1211   domenica della Palme, Chiara fuggì da casa per raggiungere Francesco e i suoi frati alla Porziuncola, e qui si svolse, l’eroico gesto dell’abbandono degli abiti fastosi, recise  le chiome per ricevere l’abito monacale. Rimase  in clausura per 42 anni non perse il contatto col mondo esterno; il chiostro le limitava il corpo ma non l’anima; le sue parole correvano leggere al di là delle mura, il profumo delle sue virtù e della sua santa vita si diffondeva nella Chiesa e nel mondo intero.  L’11 agosto del 1253 compì il suo beato transito sussurrando alla sua anima: “Va’ sicura perché hai buona scorta nel tuo viaggio…, e Benedetto sei tu Signore che mi hai creata…”.

 Dopo due anni venne proclamata Santa, “siate sempre amanti di Dio è delle vostre anime e di tutte le vostre sorelle”,  esortava la sorella Chiara d’Assisi. La fondazione del monastero di S. Chiara in Grottaglie si colloca nel periodo 1587-1591, territorio sottoposto alla doppia giurisdizione feudale  della Mensa Arcivescovile di Taranto che determinava la podestà civile e del barone Antonio Carafa che esercitava la podestà criminale.

Nel territorio erano presenti altri istituti religiosi maschili, quale il Convento dei Carmelitani edificato nel 1520, quello dei Cappuccini nel 1538 ed il Convento dei padri Minimi del 1548. A volere il monastero  delle Clarisse fu un nobile e benemerito cittadino, Gerolamo Sanarica, istituendo “ herede universali Monasterio de monache da farsi in questa nostra terra” lo stesso disponeva ulteriori donazioni. Particolarmente generoso fu Mario delli Falconi, benestante napoletano ma dimorante in Grottaglie beni immobili e versava 110 ducati in carlini d’argento. Il nuovo monastero e l’adiacente chiesa intitolata a S. Gerolamo, per ricordare il benefattore-fondatore, venne edificato nell’immediate vicinanze alla piazza principale del città antica nei pressi della collegiata. La chiesa a navata centrale forma con il monastero un corpo unico già dall’origine, la facciata conserva uno stile semplice e austero, nel tempo la superfice utile della chiesetta ha subito ampliamenti, in origine la

struttura architettonica era assimilabile ad una comune abitazione, con i lavori successivi furono ricavate le nuove cappelle laterali, in una di esse venne collato il pulpito in legno, attualmente conservato nella sala capitolare del convento. La nuova copertura della chiesa venne realizzata con conci tufi con il sistema archi-voltato a “botte”, con teste di padiglione a lunetta ottenendo

così l’altezza attuale. Nelle ampie cappelle prendono posto, la prima entrando a destra, chiusa da due ante in legno finemente lavorate conserva le preziose statue di “O patre Francisco”, San Francesco de Geronimo e della Madonna della Mutata. La chiesa è sormontata da un campanile, la cui campana porta la data del 1529, anteriore dunque alla fondazione del monastero.

La struttura. Nel tempo sono stati eseguiti altri lavori, con la realizzazione degli altari laterali e la nuova pavimento datati 1861 a firma dell’architetto Salvatore Forte. In tempi più recenti, 1930-1940 la chiesa viene affrescata dal pittore grottagliese Gennaro Lupo.

Diverse opere di valore sono presenti nella chiesa, sia dipinti che sculture, come la preziosa pala di autore ignoto scuola tardo Cinquecento, raffigurante i due santi fondatori S. Francesco e S. Chiara con al centro la madonna di Costantinopoli  affiancati da S. Gerolamo e San Giovanni Battista .Ai lati altre due tele raffiguranti la conversione del profeta Davide e il profeta Elia. L’altare maggiore è stato realizzato  con preziosi marmi policromi di scuola napoletana con ai lati due angeli tedofori , attribuiti alla scuola di Angelo Viva. Di pregevole fattura sono gli affreschi del soffitto e delle pareti della chiesa, dipinti da Gennaro Lupo, eseguiti nel 1936, in un periodo di pausa della sua docenza  alla Scuola d’Arte di Pisa. Dello stesso pittore, un ciclo di dipinti sulla vita di S. Francesco e di Santa Chiara , in particolare il ritratto dei due Santi collocati ai lati del grande affresco centrale raffigurante l’Eucarestia. Gli altri affreschi riproducono, la cacciata dei Saraceni da Assisi, miracolosamente operata da Santa Chiara, la morte di San Francesco a seguire il Santo che riceve le stimmate sull’Averna  e la consacrazione di S.

Chiara. Nel monastero è custodito un antico ostensorio dell’orafo grottagliese Francesco Caputo (1420-1463).(1)

 “O Munasterio ‘e Santa Chiara”, la basilica di Santa Chiara, o il monastero di Santa Chiara, è un edificio di culto monumentale di Napoli, tra i più importanti e grandi complessi monastici della città, ha il suo ingresso su via Benedetto Croce, sorgendo sul lato nord-orientale di piazza del Gesù Nuovo, di fronte alla chiesa omonima ed adiacente a quella delle clarisse, un tempo quest’ultima facente parte del complesso monastico di Santa Chiara.

Si tratta della più grande basilica gotico-angioina della città, caratterizzata da un monastero che comprende quattro chiostri monumentali, gli scavi archeologici nell’area circostante e diverse altre sale nelle quali è ospitato l’omonimo Museo dell’Opera, che a sua volta comprende nella visita anche il coro delle monache, con resti di affreschi di Giotto, un grande refettorio, la sacrestia ed altri ambienti basilicali.

Voluta da Roberto d’Angiò e sua moglie Sancia di Maiorca, quest’ultima devota alla vita di clausura seppur impossibilitata a rispondere a tale vocazione, fu chiamato all’edificazione della chiesa l’architetto Gagliardo Primario che avviò i lavori nel 1310 per poi terminarli nel 1328, aprendo al culto definitivamente nel 1330 seppur la consacrazione a Santa Chiara avverrà solo nel 1340. La chiesa, costruita in forme gotiche provenzali, assurse ben presto a una delle più importanti di Napoli al cui interno lavorarono alcuni dei più importanti artisti dell’epoca, come Tino di Camaino e Giotto, con quest’ultimo che esegue nel coro delle monache affreschi su Episodi dell’Apocalisse e Storie del Vecchio Testamento. Assieme alla basilica fu edificato adiacente ad essa anche un luogo di clausura per i frati minori, divenuto in seguito la chiesa delle Clarisse.Nella basilica di Santa Chiara, il 14 agosto 1571, vennero solennemente consegnati a don Giovanni d’Austria il vessillo pontificio di Papa Pio V ed il bastone del comando della coalizione cristiana prima della partenza della flotta della Lega Santa per la battaglia di Lepanto, del 7 ottobre 1571, contro i Turchi Ottomani, storica battaglia, che vide come protagonista il grottagliese Pietro d’Onofrio che guidò alla vittoria un plotone disperso di cavalleggieri al grido “Avanti, in nome di Dio e della Vergine della Mutata” nella zona di

Rossano scacciando i turchi in mare. D’Onofrio di seguito consegnò, ) lo stendardo turco e il turbante del capo dei pirati., al Santuario della Mutata, l’evento veniva ricordato  nel giorno di Pentecoste  riedizione “folcloristica” della Battaglia giocosa ( di cui tratteremo prossimamente). Tra il 1742 e il 1796 venne ampiamente ristrutturata in forme barocche da Domenico Antonio Vaccaro e Gaetano Buonocore. Gli interni furono abbelliti con opere di Francesco de MuraSebastiano Conca e Giuseppe Bonito; a Ferdinando Fuga si deve invece l’esecuzione del pavimento marmoreo, avvenuta nel 1762.Durante la seconda guerra mondiale un bombardamento degli alleati del 4 agosto 1943 provocò un incendio durato quasi due giorni che distrusse in parte alcuni interni della chiesa e causò la perdita di tutti gli affreschi eseguiti nel XVIII secolo e gran parte di quelli giotteschi eseguiti durante l’edificazione dell’edificio, di cui si sono salvati solo pochi frammenti. Nell’ottobre 1944 Padre Gaudenzio Dell’Aja fu nominato “rappresentante dell’ordine dei Frati Minori per i lavori di ricostruzione della basilica”. In seguito, i discussi lavori di restauro si concentrarono sull’architettura medievale rimasta intatta dai bombardamenti, riportando la basilica all’aspetto originario trecentesco e omettendo in questo modo il ripristino

delle aggiunte settecentesche. I lavori terminarono definitivamente nel 1953 e la chiesa fu riaperta al pubblico. Il monastero di Santa Chiara, tra i più grandi della città, si sviluppa alle spalle della basilica. Esso ospita al suo interno il Museo dell’Opera omonimo, una vasta area archeologica di epoca romana ed è inoltre caratterizzato da quattro chiostri monumentali, una biblioteca, diverse sale conventuali (tra cui un refettorio, la sala di Maria Cristina, la sala capitolare e le cucine) e la chiesa delle Clarisse (ex refettorio dei Frati Minori).In origine il monastero comprendeva quattro chiostri: quello delle Clarisse (o maiolicato), quello di San Francesco, quello dei Frati Minori e quello di Servizio. Gli ultimi due divennero poi parte dello spazio destinato alla chiesa delle Clarisse, adiacente al complesso di Santa Chiara, a seguito del trasferimento nella struttura delle monache a scapito dei frati minori. Il primo e più importante chiostro nonché vero e proprio elemento distintivo della basilica, accessibile dal cortile che si sviluppa sul fianco sinistro della basilica, è quello maiolicato delle Clarisse, progettato da Domenico Antonio Vaccaro e decorato con maioliche settecentesche di Giuseppe e Donato Massa e da affreschi seicenteschi su SantiAllegorie e Scene dell’Antico Testamento. Il chiostro scampò ai bombardamenti bellici e risulta essere

quindi una delle poche testimonianze barocche della basilica. Il Chiostro Maiolicato del monastero ha subito nel corso dei secoli varie trasformazioni. La più importante è stata eseguita da      D. A. Vaccaro, tra il 1739 e il 1742, durante il badessato di Suor Ippolita Carmignano. La struttura trecentesca, composta da archi a sesto acuto poggianti su pilastrini in piperno, è rimasta invariata, mentre il giardino è stato completamente modificato. Il Vaccaro ha realizzato due viali che, incrociandosi perpendicolarmente, dividono l’area in quattro settori: due strutturati come un giardino all’italiana, con siepi e fontane, gli altri due dedicati alla coltivazione. Fiancheggiano i viali pilastri ottagonali rivestiti da maioliche con festoni vegetali.

I pilastri sono collegati tra loro da sedute interamente maiolicate sui cui schienali sono raffigurate scene popolari, agresti, marinare e mitologiche. Vi è un unico schienale relativo alla vita nel monastero, su di esso è raffigurata una clarissa intenta a cibare i gatti presenti nel chiostro. Le decorazioni delle maioliche si devono agli artigiani Donato e Giuseppe Massa, che hanno armonizzato la policromia del Chiostro con tutti gli elementi architettonici e naturali circostanti. Le pareti dei quattro lati del chiostro furono decorate nella prima metà del sec. XVII da un autore ignoto, probabilmente appartenente alla scuola di Belisario Corenzio Dal chiostro maiolicato è possibile raggiungere altri ambienti del monastero, nonché il chiostro di San Francesco, quest’ultimo più piccolo rispetto a quello maiolicato e che ha quasi del tutto perso l’originario aspetto trecentesco per via delle alterazioni strutturali a cui più volte è stato sottoposto, fino a diventare un forno. La sua destinazione d’uso originale fu ripristinata solo con i lavori di restauro post seconda guerra mondiale quando il sito fu gravemente danneggiato a seguito di un bombardamento alleato, a cui scamparono solo i pilastri trecenteschi delle arcate. La biblioteca si sviluppa sul lato nord e conta circa 50.000 volumi, con una importante sezione relativa alla storia e cultura francescana, e circa 40 codici del Cinquecento e Seicento. Sul lato est si aprono una sala ospitante un presepe del Settecento, appena entrati al chiostro maiolicato, e la sala di Maria Cristina, con alcuni resti di affreschi giotteschi sulla Crocifissione. Alla sinistra della chiesa si eleva la torre campanaria trecentesca, i cui lavori furono avviati nel 1338 ma tuttavia immediatamente arrestati, portando di fatto l’opera ad essere ad un terzo del suo completamento; i motivi del blocco furono che a seguito della morte di Roberto d’Angiò, avvenuta nel 1343, i finanziamenti per i lavori cessarono quasi totalmente. Continuando i lavori agli inizi del Quattrocento, dopo il terremoto del 1456 il campanile crollò quasi del tutto, rimanendo in piedi solo il basamento in marmo; fu in seguito rialzato in stile barocco, finché non fu completato solo intorno al 1604.La basilica è lunga circa 130 metri, compreso il coro delle monache posto dietro l’altare maggiore, larga circa 40, esclusa la sacrestia, e alta 45.

 L’interno è formato da un’unica navata rettangolare, disadorna e senza transetto, con dieci cappelle per lato sormontate da una tribuna continua e da bifore, sulla parete di sinistra, e trifore, in quella di destra. Nelle venti cappelle laterali della basilica ci sono principalmente sepolcri monumentali realizzati tra il XIV e il XVII secolo, appartenenti ai personaggi di nobili famiglie napoletane. Di particolare interesse, la settima cappella  rimasta intatta dai bombardamenti bellici e dunque manifesta ancora gli elementi barocchi eseguiti durante i lavori di ammodernamento del XVIII secolo; dedicata a san Francesco d’Assisi, essa ha alle pareti laterali due sarcofagi della famiglia Del Balzo, forse di scuola toscana, o comunque vicina ai fratelli Bertini, con a sinistra Raimondo ed a destra la moglie Isabella de Apia. La decima cappella a destra che, assieme a quella di San Francesco d’Assisi, è l’unica ad aver conservato la struttura barocca,

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è la cappella dei Borbone, dove riposano i Sovrani delle Due Sicilie, da Ferdinando I a Francesco IIMaria Cristina di Savoia e Filippo di Borbone, figlio di Carlo III deceduto prematuramente in età ancora giovane. A destra del presbiterio c’è l’accesso alla sacrestia barocca con affreschi e arredi mobiliari risalenti al 1692; l’adiacente coro simile a  piccola chiesa , conserva resti di affreschi sulle Storie del Vecchio Testamento e dell’Apocalisse di Giotto. Gli scavi archeologici di Santa Chiara, venuti alla luce durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, mostrano quella che in tempo classico era l’area destinata alle terme. Di impianto simile a quelle di Pompei ed Ercolano, si tratta del più completo stabilimento termale di Napoli, datato intorno alla fine del I secolo.

La Madre Santa Chiara d’Assisi l’’11 agosto del 1253 compì il suo beato transito sussurrando alla sua anima: “Va’ sicura perché hai buona scorta nel tuo viaggio…, e Benedetto sei tu Signore che mi hai creata…”.Nella festa Liturgica della Madre Santa Chiara d’Assisi, abbiamo voluto condividere una riflessione sull’attualità del messaggio di Chiara, con Sua Eccellenza Reverendissima Monsignore Salvatore Ligorio, Arcivescovo Metropolita di Potenza, Muro Lucano-Marsico Nuovo e Suor Pierpaoloa Nistri  Madre Badessa del monastero di Grottaglie ,chiediamo a Sua Eccellenza Salvatore Ligorio (2020) un introduzione alla riflessione:” Siamo in questo scrigno d’arte e di religiosità qual è il monastero delle Clarisse e nella Chiesa intitolata a San Gerolamo. In questo silenzio una brezza Dio appare, noi della comunità di Grottaglie siamo molto fortunati, nell’avere un dono di una comunità che vive nel silenzio,

un richiamo a Voi care sorelle, recuperate il dono ed il valore del silenzio è li che Dio si rivela è che realmente si può incontrare il Signore. A che punto è la nostra vita? Di fronte all’incontro di Dio che lo percepiamo nel suo mistero quando lo sguardo è severo, nonostante questo, capace di percepire la sua presenza, quindi  Madre Badessa Suor Pierpaola ,ci introdurrà alla testimonianza di Santa Chiara e delle Sorelle Clarisse nellattuale momento “.

Suor Pierpaolo, dunque, quale testimonianza di Santa Chiara e delle Sorelle Clarisse nell’attuale momento di emergenza sanitaria(2020)?

Ci apprestiamo a celebrare la festa della nostra Madre S. Chiara d’Assisi in questo tempo di post pandemia, ancora caratterizzato da incertezze e preoccupazioni. Il “vuoto” che abbiamo sperimentato, e che ancora sperimentiamo, ha invaso i nostri spazi a livello temporale, celebrativo, relazionale. A qualche mese di distanza da questo evento che ci ha colti tutti impreparati, ci riscopriamo diversi e, speriamo, cambiati.

L’evento è potuto essere un’opportunità?

Si, questa è un’opportunità che non possiamo lasciarci sfuggire, un’occasione di conversione “perché se le cose continuano come prima, ecco la catastrofe” (W. Banjamin). Lo sento in me, nelle nostre fraternità, nel modo in cui, dopo l’iniziale smarrimento, abbiamo ripreso in mano la nostra vita.

Nel presente possiamo imparare qualcosa?

Al presente, anche noi, come tutti, dobbiamo imparare una nuova prossemica (= un modo nuovo di essere vicini e che ci …. ), questa parola che ci racconta la danza delle distanze. Un lavoro faticoso soprattutto se queste misure di distanziamento sociale si protrarranno ancora a lungo. In quale modo potremo prenderci cura gli uni degli altri? Il nostro sguardo rivolto a Signore saprà indicare al nostro cuore di donne nuove possibilità di incontro e di vicinanza?

Quesiti impegnativi, dunque cosa possiamo fare?

Possiamo dare il nostro contributo cercando insieme come trasmettere fraternità e amicalità (= cercando il modo di vivere da sorelle e amiche), come non lasciarci condizionare dal senso di insicurezza in noi e nel rapporto

con l’ambiente esterno, come fare perché la nostra vulnerabilità non ci paralizzi, non ci accartocci, ma ci rinvii alla nostra responsabilità per gli altri e per prendere parte alle prove comuni.

In quale ambito dobbiamo cercare?

L’ambito di ricerca è molto esteso e ci attende. Il Signore ci chiama ancora ad una sequela concreta nel nostro oggi così travagliato. Chiara d’Assisi non si è tirata indietro dalle sue responsabilità in tempi difficili e ci ricorda che le nostre vite sono per essere donate e messe a disposizione. Insieme a lei continuiamo la nostra ricerca di Dio che a volte non è dove lo attendevamo o dove siamo abituate ad incontrarlo, ma ci invita ad un “oltre” che è sempre speranza e vita nuova.

Quale il messaggio del vostro Ministro Generale per questa solennità dell’11 Agosto?

Riformulando il messaggio augurale  del Ministro Generale dei Frati Minori per questa solennità, diciamo che  entrare nel vivo della spiritualità di Santa Chiara è constatare che il suo carisma è sempre attuale. A noi è dato il compito di attualizzarlo nel nostro tempo e nella nostra storia, lì dove il Signore ci salva. E il nostro carisma è incentrato sulla relazione, sulla preghiera e sull’incontro, testimonianza della passione di Chiara per Dio e per i fratelli. Il nostro Ministro Generale ha citato la felice affermazione di

Giovanni Paolo II: “Il Signore non ci salva dalla storia ma nella storia”. Siamo chiamate a scoprire i segni della presenza di Dio nella vita quotidiana, a diventare interlocutori sapienti che sanno riconoscere le domande che Dio e l’umanità ci pongono.

Il vostro impegno quotidiano è determinato da quale desiderio?

Il nostro impegno quotidiano è determinato dal desiderio di vivere il Vangelo, senza nulla di proprio e in unità di spiriti, secondo l’ispirazione della Madre S. Chiara; per questo, giorno dopo giorno, desideriamo seguire il Signore senza appropriarci di nulla, vivendo in comunione fraterna. La nostra presenza fraterna e orante nella Chiesa vuole rendere visibile un primato, per orientare i cuori alla ricerca dell’Assoluto di Dio.

In che modo siete presenti sul territorio grottagliese e non solo?

Siamo presenti sul territorio come fraternità in cammino, fraternità di sorelle che vivono secondo la forma di vita contemplativa clariana, con fede che diviene ascolto e prossimità che interpella la nostra fedeltà a Dio e che ci invita a riflettere sul senso della nostra presenza di consacrate, nella Chiesa e nel mondo.

La vostra presenza cristiana vi porta a confrontarsi con cosa?

La nostra presenza cristiana è chiamata a confrontarsi con i pressanti interrogativi odierni, che ci sollecitano a una costante revisione.

In quest’ottica, ci collochiamo nel territorio, impegnandoci anzitutto in un cammino di conversione personale e comunitaria e richiamandoci all’Unico che può offrire la vera gioia del cuore.

Come condividete con i fedeli  la vostra vita quotidiana, e cosa potete offrire?

Condividiamo la celebrazione eucaristica e la preghiera della Liturgia delle Ore con i fedeli; siamo a disposizione per l’accoglienza, personale e di gruppi che desiderano conoscere la nostra vita e la spiritualità clariana, o mettersi in ascolto della Parola, o semplicemente condividere la preghiera con noi. Offriamo, inoltre, la nostra amicizia ai poveri, agli stranieri, a coloro che sono immersi nella solitudine, cercando di crescere nella fede, camminando nel rispetto della propria vocazione aiutarci a rispondere concretamente ai bisogni che via via si presentano. Ci poniamo in ascolto delle aspettative del tempo attuale, continuando ad annunciare a tutti che Dio esiste e che cammina con noi, che è possibile vivere esclusivamente per lui, intercedendo con la preghiera e con la testimonianza di vita, perché ogni uomo sia felice.

 Notoriamente, la Madre Badessa Suor Pierpaola, amplia la sua testimonianza realizzando delle opere di pregiata composizione cromatica e  di difficile tecnica realizzativa, chiediamo alla Madre Badessa dunque  delle Icone Sacre, di cui la prima abbiamo potuto vedere riprodotta all’inizio di queste due racconti, l’icona  rappresenta “SANTA CHIARA E DELLE PRIME SANTE DELL’ORDINE”.

Suor Pierpaola cosa  sono queste splendide Icone Sacre?

L’icona è ricerca della bellezza del volto di Dio, è uno sguardo gettato nell’abisso dell’amore di Dio, una finestra aperta verso il cielo.

Le icone possono definirsi  solo opere d’arte?

Spesso si parla dell’icona solo come opera d’arte, mentre c’è qualcosa di più. “Quando guardiamo ad un icona dobbiamo presupporre un messaggio di spiritualità perché dispone l’anima a vivere un’esperienza spirituale senza avere la presunzione di conoscere il mistero di Dio”. Fondamentale per quest’arte è il desiderio della ricerca di Dio espresso dal salmista: Il tuo volto, Signore, io cerco”.

Cosa vediamo dunque nelle icone?

Nell’icona si intravede lo spazio e la prospettiva ribaltata, il movimento e il ritmo, la stilizzazione del corpo umano, la natura, i colori e la luce. Emerge in particolare la bellezza dei volti. L’icona non è una rappresentazione statica. È una ricerca della Luce da rappresentare grazie all’aiuto dei colori.

I pennelli e le tinture sono gli strumenti di un cammino interiore, più profondo e “contemplativo”.

La Madre Chiara d’Assisi, parlava di bellezza, cosa voleva dire?

Parlando della Bellezza, Chiara  fa  riferimento a Maria, da lei imitata. “La sua bellezza sta nella relazione con Cristo, della relazione intima con Dio”. In Maria, risplende anche la bellezza della redenzione operata da Cristo per l’umanità.

Un saluto di tutte le sorelle Clarisse per noi tutti?

“Siate sempre amanti di Dio è delle vostre anime e di tutte le vostre sorelle”, ci esorta la sorella Chiara d’Assisi”. E con questo monito di Chiara vi salutiamo tutti, augurandovi ogni bene nel Signore”

Abbiamo voluto approfondire l’iconografia Sacra del monastero con lo storico Cosimo Luccarelli, che ha realizzato un approfondito studio sulla sua pagina grottagliesità blog, chiediamo di raccontarci nel particolare l’icona “SANTA CHIARA E DELLE PRIME SANTE DELL’ORDINE”, che si può visionare in questi giorni nell’adiacente chiesa al monastero intitolata a San Gerolamo, dopo aver introdotto una breve storia della vita quotidiana delle Clarisse, quindi Cosimo, raccontaci “ nel Monastero delle Clarisse di Grottaglie si svolge quotidianamente una vita di preghiera associata alla grazia del lavoro . Nel privilegio della povertà, da oltre 400 anni (precisamente dal 1591) nel Monastero di Santa Chiara di Grottaglie, le Monache Clarisse vivono in silenzio e nel silenzio la loro vita claustrale seguendo la tradizione “dell’ Ora et Labora” che ben riassume i due momenti equilibrati quotidiani della preghiera e del lavoro. Accanto alla preghiera, infatti, il lavoro è per le Figlie di Santa Chiara un mezzo per amare e servire Dio e i fratelli, è una grazia, cioè un dono che deve essere vissuto con fedeltà e devozione come raccomanda la loro Madre nella Regola, affinché non ostacoli l’unità e la pace  interiore ed esteriore. Oggi a tutto questo si è aggiunta un’altra attività di rilievo grazie al talento, creatività ed impegno di una giovane suora che riesce a realizzare delle opere iconografiche bellissime e di notevole valore artistico. Sono tante ormai le opere prodotte da Suor Pierpaola, molte sono

conservate nel suo monastero, altre sono presso famiglie, chiese, diocesi, conventi e collezionisti privati; ognuna di loro è l’espressione del messaggio cristiano che lei cerca di trasferirci, affinché possiamo cogliere l’essenza della sua spiritualità. Forse non tutti sanno che le icone non sono quadri o dipinti, ma delle raffigurazioni sacre realizzate su tavoletta con processi particolari e che per poterle creare necessita una grande preparazione tecnica ed una profonda purificazione mentale, spirituale e fisica. Nel giorno della memoria di Santa Chiara, fondatrice della famiglia delle sorelle claustrali, presento la bellissima icona di “SANTA CHIARA E DELLE PRIME SANTE DELL’ORDINE”, realizzata da suor Piepaola Nistri,  Badessa del monastero di Grottaglie. La collezione iconografica sacra del Monastero clariano grottagliese, formata da tantissime opere prodotte da suor Pierpaola Nistri all’interno dello stesso convento, si arricchisce di una nuova opera di pregevole valore artistico e di testimonianza cristiana. L’icona sacra ha sempre suscitato un grande interesse, per la loro storia, per il loro significato simbolico, per la tecnica usata. Il termine icona deriva dalla parola greca “eikon”, che significa “immagine” e l’iconografo è colui che dipinge icone o per essere più precisi, colui che scrive icone. Possiamo dire che l’icona è un’arte teologica, perchè annuncia attraverso i colori ciò che la Sacra Scrittura annuncia con la parola: “l’immagine visibile del Dio invisibile” (Col 1,15). L’icona, dicono i greci, è “deuteròtypos toù prototypoù”, cioè “riflesso della realtà di Dio”, perchè essa dà all’immagine una nuova dimensione, quella trascendente, in quanto supera la forma della nostra realtà per far presente la realtà di Dio. “Signore agli artisti tu affidi la missione di rivelare lo splendore del Tuo Volto.

Fa che le loro opere portino all’umanità un messaggio di pace e di speranza”. E con questo spirito missionario l’iconografa del monastero grottagliese offre al popolo cristiano la possibilità di riflettere sull’esperienza di fede di Santa Chiara e delle prime sei sante clarisse: Santa Giacinta, Santa Agnese,  Santa Coletta, Santa Caterina, Santa Eustochia e Santa Isabella. Nella presentazione dell’opera le stesse suore dicono che l’icona di Santa Chiara, non vuole rappresentare semplicemente la sua fisionomia o un momento particolare della sua vita, ma vuole essere l’immagine di Dio per il nostro tempo. La figura umana viene perciò trasformata e raffigurata in modo da esprimere, attraverso ogni particolare, il concetto di trasfigurazione. Il volto è il centro dell’icona. Domina tutto, perché è il luogo della Presenza dello Spirito di Dio, l’espressione della vita interiore. Santa Chiara vi è rappresentata in atteggiamento di custode, di protettrice che, sapendo di essere esaudita dal Suo Signore, si offre come sostegno e guida sicura per le Sorelle e per la sua Città, affinché siano difese e protette da Dio stesso. Le sei sante, rappresentate sotto l’abbraccio protettore di Chiara, sono le prime sante dell’Ordine e ne rappresentano la storia e i doni che Dio ha elargito alla Chiesa. Anche i colori dell’icona hanno un alto valore simbolico e  svolgono un ruolo fondamentale nella rappresentazione. Quelli che caratterizzano questa icona sono: l’oro: pura luce, simbolo della presenza del Divino; il blu: simbolo del mistero della vita Divina e della Dimora di Dio, che rappresenta la

trasparenza dell’acqua, dell’aria del cielo e simboleggia la fede; il bianco: la luce dell’eterno; il marrone: segno della povertà e della rinuncia alle gioie della terra; il verde: la vita della vegetazione e, pertanto, simboleggia la crescita e la fertilità, la rigenerazione dello spirito e la sua primavera; il giallo: appartiene alla sfera della luce ed è il suo riflesso; il rosso: l’energia divina, l’amore dello Spirito, simbolo del sangue, con il duplice significato di principio della vita e, nello stesso tempo, di martirio e sacrificio; il bruno: tutto ciò che è terreste e riflette l’intensità della materia. Attraverso la bellezza di quest’opera le amate suore clarisse grottagliesi continuano la loro opera di evangelizzazione e di annuncio della Presenza Divina, una finestra sul mistero, capace di donare un significato, di dare una risposta esauriente ai bisogni più profondi dell’uomo e alle sue angosciose domande. L’icona è conservata nel convento annesso alla chiesa, costruita nel 1600 e un tempo intitolata a San Gerolamo come il convento, quale segno di riconoscenza verso Gerolamo Sanarica, nobile e benemerito grottagliese che volle erigere il monastero di clausura e chiesa per accogliere quelle giovani dell’aristocrazia locale sull’esempio di santa Chiara.

(1) Monastero di S. Chiara  Grottaglie. Vincenza Musardo Talò- Centro ricerche di storia religiosa in Puglia .Edizioni del Grifo.