SAN CIRO MEDICO EREMITA E MARTIRE NEL SUD.A GROTTAGLIE(TA) INVOLUZIONE DEL SUO CULTO E DEVOZIONE.LA FORMA DELLA FO’CRA. (speciale San Ciro 1 di 9)

Nella città delle ceramiche da settimane si organizzano manifestazioni ed appuntamenti per venerare e ricordare San Ciro Medico Eremita e Martire Santo Patrono di diverse città del meridione d’Italia ed in particolare a Napoli. Proprio dalla città partenopea, San Francesco de Geronimo il Santo di origine della città di Grottaglie (Ta) introdusse il culto del medico alessandrino, che “prese il posto” nel cuore dei grottagliesi . al posto di San Cataldo.

Da qualche anno, in particolare a Grottaglie si è assistito ad un apprezzabile impegno da parte di un comitato cittadino, a voler dare tanta “magnificenza” alla fo’cra, che per decenni nella città delle ceramiche, ha sempre avuto un aspetto che ricorda, nella forma geometrica, le architetture contadine del Salento di trulli ed in particolare dei “pagghiari”. Architetture realizzate con pietre e massi che nel tempo hanno consentito ai contadini la costruzione di case, ricoveri, strade, limiti di confine delle proprietà, vere opere d’architettura che hanno caratterizzato il paesaggio urbano e rurale della Puglia, la pira è stata realizzata nel tempo, con i tralci residuali della potatura dei vigneti “li saramienti” ed eventauli “strome” di ulivo con la forma del “pagghiaro”.

“Li saramienti”, “strome” di ulivo con la forma del “pagghiaro” che non sono certamente una casualità nella rievocazione di un martirio dei Santi che subirono l’atroce destino.

Abbiamo approfondito il significato di pira e piramide ed in particolare del Salento. Sovrapposizioni a secco, senza alcun  materiale di connessione,  di pietre di diverse forme, seguendo istintivamente complesse tessiture lapidee, sin dai tempi delle centurazioni romane forse inglobati nei muri a secco, da cui a volte emergevano i “crepidines e i “gonphi” (grosse pietre infisse nel terreno verticalmente per montare a cavallo; come i cumuli di pietre posizionate a corona alla base dei maestosi alberi d’ulivo “spase” o “lettiere” utilizzate come appoggio per graticci con fichi da essiccare al sole. Nell’interessante mosaico delle architetture salentine e della valle d’Itria si ergono maestosi le costruzioni trulliformi, patrimonio dell’UNESCO nelle aree del su barese definiti da molti il «Trullishire» di Puglia , opere di architetti” contadini”, realizzati con le pietre ricavate dalla terra dissodata,  ripari temporanei o giornalieri, a planimetria variabile, elevati in altezza a forma troncoconica o troncopiramidale, a coni singoli o a coppia, sferzanti  sui confini delle unità minime colturali degli architetti contadini. La probabile origine è nella traduzione lapidea dell’antica capanna vegetale che ha preso diverse denominazioni, “trulli”, o “truddhi” ,”furni” o “furnieddhi”, “chipuri”, “”cali” o “calivaci”, “caseddhe”, “liame”, “turri”, espressione tangibile dell’integrazione uomo ambiente, tecniche edilizie rimandate da padre in figlio.

Gli antenati del trullo li troviamo già dal III millennio a. C. in Egitto, nella Mesopotamia e nelle e nelle tombe a tholos interrate in Grecia , il sistema costruttivo adottato, era  quello  della sovrapposizione di anelli concentrici  delle chiancarelle, adagiate tra loro a secco su piani orizzontali, che strutturalmente impegnano  un medesimo strato che si contrastano lateralmente tra loro costituendo un sistema anulare pressoché rigido e i successivi anelli si appoggiano allo strato sottostante, man mano ridotti di diametro, fino a raggiungere un’apertura minima che viene chiusa con una pesante pietra in funzione di chiave di vòlta, la grossa pietra di chiave è quasi sempre tagliata in modo da terminare il cono con una punta o una palla o una semisfera che viene

ad assumere carattere ornamentale del  il trullo (dal gr. τροῦλλος “cupola”). In tal modo l’ambiente circolare rimane coperto da una falsa cupola a forma conica costruita senza armatura e senza malta che si regge solidamente per contrasti laterali e per gravità. Gli ambienti si ampliano in elevazione e assumono in superficie forme più varie. Al trullo centrale si addossano altri ambienti minori, più spesso a pianta quadrata, anch’essi coperti con lo stesso sistema di vòlta conica. Nel grande spessore dei muri vengono ricavate alcove per i letti, nicchie per i mobili, focolari per le cucine, servizi, aperture di comunicazione per gli ambienti tra loro e con l’esterno. Gl’interni sono intonacati e imbiancati, gli esterni sono regolarizzati in modo unitario e con particolari facciatine piane che si alzano spesso a mo’ di timpano in corrispondenza dell’ingresso principale. I tetti delle costruzioni recano spesso iscrizioni in cenere bianca dal significato mitologico o religioso, e terminano con un pinnacolo decorativo che aveva lo scopo di scacciare le influenze maligne o la sfortuna. L’acqua viene raccolta tramite gronde sporgenti dalla base del tetto, dalle quali poi fluisce attraverso un canaletto fino a una cisterna sotto l’abitazione. Di particolare interesse sono i numerosi trappeti ipogei e le pozzelle-cisterna, ricavate nel tufo zuppigno, architetture in negativo, essenziali i trappeti per la molitura delle olive e le pozzelle vere riserve di acqua potabile in queste terre così arse e dalla scarsa presenza di corsi fluviali, luoghi  che approfondiremo prossimamente.

(1) Antonio Costantini. ”Guida ai Monumenti dell’Architettura contadina del Salento.” Congedo editore.