S. FRANCESO DE GERONIMO ED IL CULTO A S.CIRO IN “S. CIRO M.E. E M.”- CENNI BIOGRAFICI “, GIUSEPPE PETRAROLI   ARCIPRETE 1939. (speciale San Ciro 6 di 8)

(1) “Francesco De Geronimo nacque in Grottaglie ( prov. di Taranto) il 16 dicembre 1642. Cresciuto negli anni, ancor giovinetto, nella chiesa della Madonna del Lume insegnava la dottrina ai sui coetanei con tanta serietà ed amore, da meritarsi dai fanciulli per modo di scherzo, egli fanciullo, il titolo di “Padre Francesco o Abba Francesco”, usando l’espressione araba. Studiò presso i Gesuiti di Taranto ed ordinato diacono , si recò a Napoli: fu promosso al sacerdozio il 1 marzo 1666 dal Vescovo di Pozzuoli D. Benedetto Sanchez de Herrera. I tempi di Francesco sono i medesimi che Alessandro Manzoni

 descrive nel suo immortale romanzo dei promessi Sposi. Anche a Napoli era sotto il Governo degli emissari spagnuoli. Anche quivi arbitrii e debolezze nei rappresentanti del Governo, prepotente da D. Rodrigo, misfatti da Innominato, violenze da Bravi, incomprensioni e deficienza nel clero ben raffigurati in D. Abbondio. Per fortuna che non mancarono caratteri simili al Borromeo e P. Cristoforo. E Francesco De Geronimo fu il P. Cristoforo Napoletano. Passò mettendo pace fra i litiganti, incolume fra le risse più violente, immacolato fra le brutture, consolatore fra i galeotti, compiendo col suo apostolato opera di luce, di bene, di redenzione spirituale e sociale. Nato a Grottaglie nel 1642 suddito Spagnuolo, dopo 40 e più anni di laboriosissimo apostolato moriva a Napoli nel 1716 suddito austriaco. Pio VII, Papa Barnaba Chiaramonti, benedettino, prima di subire la prigionia di Napoleone nel febbraio 1806 ne approvò i miracoli, e nell’aprile successivo lo dichiarò beato. Nel 1828 i PP. Gesuiti SORRETINO, Solari e Vullict, trattarono della santificazione con l’arcivescovo di Taranto D. Antonio De Fulgure, ed il 26 maggio 1839 Papa Gregorio XVI ( Cappellari) che tenne il Pontificato dal 1831 al 1846, lo ascrisse nel catalogo dei Santi. L’attuale chiesa , non vasta ma bella, su disegno di un gesuita, P. Cavallo, che si è inspirato nelle linee architettoniche a quella del Gesù Nuovo di Napoli, dovuto alla concezione di un altro architetto Gesuita, dopo la posa della prima pietra

avvenuta nel 1830 fu portata a termine in sei anni ( 1832-1838) ( in (3) si afferma che i lavori proseguirono sin al 1842)” Attualmente a destra dell’ingresso del Santuario “una lapide marmorea…ricorda in latino, là dove S. Francesco De Geronimo nacque, ora sorge un tempio coi proventi del can. Teolo Francesco Paritaro e con le offerte dei devoti concittadini”. La  prima pietra fu posta un anno prima della canonizzazione. La chiesa è a croce greca con tre navate, divise da simmetrici pilastri di ordine corinzio-romano, quattro dei quali sorreggono una splendida cupola, alta circa 24 metri e sormontato da un cupolino slanciato. Al suo interno la cupola è strutturata  a cassettoni riquadrati con quattro grandi finestre, mentre all’estero è rivestita con piastrelle lucide policrome di ceramica. A dirigere la rifinitura interna della chiesa fu chiamato il giovane Gesuita, architetto Giovan Battista Iazeolla s.j.” (4)

“ (1) Nella cappella del Gesù Nuovo, prima dedicata all’Immacolata ed a S. Anna ed ora al nostro Santo concittadino, fra le altre, erano conservate anche le reliquie di S. Ciro e Giovanni. Lo zelo di Francesco per la gloria del santo alessandrino aveva reso fiorente la divozione nel popolo napoletano, tanto che  nel 26 maggio 1693 si ottenne dalla Curia di Napoli un nuovo decreto parziale

 con firma del Notaro Giuseppe Prete e del Vicario Generale Giovanni Andrea Siliquino per fare un piccolo mutamento, col traportare dal 4° ordine  al posto di S. Dalmazio nella quarta cappella del primo ordine, il Corpo di S. Ciro, affinchè fosse più vicino ai fedeli diventati così frequenti e numerosi. In tale occasione si tolsero due particelle, una dalla costa e l’altra dalla spina e si chiusero la prima in un grande reliquario di argento, la seconda in una teca di argento. La prima pende al collo della statua di S. Ciro, l’altra è chiusa sotto la maschera di cera di S. Francesco De Geronimo. Questo Santo per circa 40 anni, dal 1676 al 1716,

 lavorò indefessamente nella Chiesa del Gesù Nuovo. Fu presente alla ricognizione canonica di tutto il Reliquiario nel 1691- nel 1693 nell’accostare più vicino ai fedeli il Corpo di S. Ciro e come abbiam riferito di sopra estrasse due piccole e preziose reliquie, una delle quali chiusa in teca d’argento ed ora conservata sotto la sua maschera, servì a lui per operar numerosi prodigi. E questa reliquia è a noi tanto più cara, in quanto porta scritto a grossi caratteri il nome di S. Ciro vergato dalle stesse mani di S. Francesco De Geronimo  ( come attestò con giuramento il P. Onofrio)  di cui al lato destro della pedagna si

conserva il piccolo manoscritto, che conferma ciò che pure è scritto da lui nel reliquario medesimo…S. Francesco, nella sua ultima infermità, fu visitato da Mons. Vicentini, Arcivescovo di Tessalonica e Nunzio di S. Santità in Napoli. Si venne naturalmente a parlare della grande divozione dei napoletani verso S. Ciro, ed il Prelato manifestò i timore  che la scomparsa del promotore non dovesse nuocere al culto oramai cotanto diffuso.

Al che  risoluto l’infermo ripigliò : “ Non dubiti V.S. Illustrissima che già da lungo tempo ne ha pigliato il Santo la protezione, né trascurerà la città di Napoli con la mia morte: e sappia che finirà ha fatto diecimila fra grazie e miracoli per le mie mani, e tra questi ha

ridonato il senno a due matti “ Questa affermazione di Francesco prossimo a morire, e la veneranda autorità del testimone, superiore ad ogni sospetto, valgono più di mille attestati nel fatto consolante delle benemerenze di Francesco nella diffusione del culto a S. Ciro in tutto il Regno Napoletano.”

A conferma del rapporto di culto per S. Ciro da parte del Santo grottagliese rilevante risulta quanto affermato dallo Stradiotti, suo primo biografo “ alla venerazione di questo Santo martire si applicò in modo singolare il Padre Francesco, o per qualche interna ispirazione, o per qualche voce del santo, comparsagli, come alcuni dissero. Quanto a lui, non soleva recarne altro motivo, se non che essendo egli applicato alla cura delle anime, ragione voleva che la carità si stendesse altresì alla cura dei corpi e a tal fine era opportunissima l’assistenza di S. Ciro, stato già medico delle anime, insieme, e dei corpi”(7). Il prof. Quaranta (2) scrive nella sua monografia che ancor oggi “ sopravvivono e s’incrementano quelle manifestazioni richiamate nell’atto (notarile del 1 agosto 1722) come la processione e il panegirico; ma anche quelle manifestazioni collaterali, e cioè quei “Fanoi” ( in dialetto “ foc’ra) che ancora sussistono per ricordare il tormento del fuoco cui il santo fu sottoposto prima di essere decapitato. Compaiono pure “mortaletti e fulgori”: sono i fuochi pirotecnici, proverbialmente attesi dai grottagliesi; e quelle “ almeno dodici candele, candele bianche” che i confratelli s’impegnavano a mantenere sull’altare si sono moltiplicate col passar degli anni, in grossi ceri che i devoti portano nella processione come simbolo dell’ardente fede e devozione verso l’Eremita, il Medico e il Martire.

Un ultimo attestato di amore verso il santo alessandrino fu di eleggerlo a patrono “meno principale”. La proclamazione avvenne NEL 1780, cioè nei primi anni del presulato di Mon. Capecelatro che concesse subito dopo, nel 1782, l’ufficio e la messa liturgici propri del santo. Per tutto il Settecento la festa venne solennizzata dalla Confraternita del Rosario impiegando la consueta somma di dieci ducati. Allo stesso modo si procedette per buona parte dell’Ottocento, quando, evidentemente, i dieci ducati non potevano più bastare e così conobbe un periodo di crisi. Una energica ripresa si ebbe a partire dai primissimi anni del Novecento, quando si accentuò il carattere prevalentemente religioso della festa che rimarrà fino ai nostri giorni. Dal 1958, per decreto arcivescovile, la responsabilità di organizzare e curare la festa di San Ciro spetta all’arciprete e al comitato da lui proposto. Festa popolare e liturgica di San Ciro coincidono in una data fissa: il 31 gennaio, giorno del martirio del santo (dies natalis) avvenuto nel 303.

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  1. “S. Ciro M.E. e M”- cenni biografici. Varie traslazioni delle Sante Reliquie. Benemerenze soprannaturali della sua professione. Evoluzione del suo culto. Origine e sviluppo della sua devozione in Grottaglie”. Terza edizione riveduta ed ampliata. Stab. Tip .”PROGRESSO” Francavilla Fontana-1938-XVII.
  2. “San Ciro Medico Eremita e Martire” a cura di Rosario Quaranta. Grottaglie 2001.Parrocchia Chiesa Matrice Maria SS. Annunziata.
  3. Francesco Occhibianco- Uomini illustri a Grottaglie.
  4. ”San Francesco de Geronimo e il suo Santuario. A cura della comunità Padri Gesuiti di Grottaglie aprile 2000.
  5.  “ Vincenzo Calò” di Roberto Burano –Scorpione Editore 2014.
  6. Cfr. Benati-C. Spataro, San Ciro da Alessandria d’Egitto. Ila Palma Palermo1995.
  7. Padre Antonio Tripodoro S.I. in “ S. Ciro e S. Francesco de Geronimo” rivista “Il Gesù Nuovo anno LXI- Napoli- Maggio-Giugno 2005-3.
  8. Padre Giuseppe Prevete in “ Le reliquie di S. Ciro da Alessandria d’Egitto a napoli nella chiesa del Gesù Nuovo” rivista “Il Gesù Nuovo anno LXI- Napoli- Gennaio-Febbraio 2003-1.