MISERIA E NOBILITA’ TRA LE TERRE DI BARI E TERRE D’OTRANTO: STORIA DI UN NOBILE PUGLIESE TRA  POLITICA, AMORE, RELIGIONE, BENEFICENZA E POSSEDIMENTI. VITO NICOLA MUMMOLO.

di quel Mummolo Vito Nicola le discordanti voci di quanti, tutt’ora, lo ricordano o magnanimo benefattore, o interessato e calcolatore”.(1) “Se girato lu munnu alla smersa la proprietà ti li Mummulo è sciuta alli Traversa.”

……1835 al 1898….in quel tempo il meridione del bel paese era nelle mani di Ferdinando Carlo Maria di Borbone (Palermo12 gennaio 1810 – Caserta22 maggio 1859), passato alla storia come Re Bomba, Ferdinando II , Re del Regno delle Due Sicilie, dall’8 novembre 1830 al 22 maggio 1859,lasciò un regno ormai in sfacelo al figlio ventitreenne Francesco II  che, bigotto e di carattere mite, tenuto lontano dagli affari di Stato, era privo di ogni esperienza atta a gestire la problematica situazione. Francesco II di Borbone, (Francesco d’Assisi Maria Leopoldo di Borbone) soprannominato Franceschiello (Napoli16 gennaio 1836 – Arco 27 Dicembre  1894), fu l’ultimo re delle Due Sicilie, salito al trono il 22 maggio 1859 e deposto il 13 febbraio 1861 dopo l’annessione al Regno d’Italia. L’8 dicembre 1856, giorno dell’Immacolata Concezione, Ferdinando II assistette a Napoli alla Santa Messa con tutta la famiglia, gli alti funzionari governativi e moltissimi nobili del suo seguito. Dopo la celebrazione, il sovrano passò in rassegna a cavallo le truppe sul Campo di Marte. In quel momento, il soldato calabrese di idee mazziniane Agesilao Milano, che accusava Ferdinando II di essere un «tiranno da cui doveva liberarsi la nazione», si lanciò sul monarca e riuscì a ferirlo con un colpo di baionetta. A Noja, oggi città di Noicattaro, in provincia di Bari nasce nel 1835, un giovane rampollo della nobiltà meridionale, Vito Nicola Mummulo  figlio di Filippo e Urbano Santa, è fratello a Vittoria, Francesco, Nicola, Giovanna, famiglia  di facoltosi possidenti (probabilmente commercianti di uva da tavola, prodotta a Grottaglie, di buona qualità) si trasferisce  dalla natia Noicattaro in terra di Bari , a Grottaglie  in terra d’Otranto-provincia di Lecce,  la sua presenza può anche essere avvalorata,  dal fatto che nella nuova destinazione, nel 1868 venne istituito uno dei primi Ginnasi di Puglia, intitolato al teologo Francesco Giacomo Pignatelli. E’ probabile che Il giovane rampollo, ancor prima del suo trasferimento in terra d’Otranto, che abbia vissuto o assistito personalmente , in quanto dimorante a pochi chilometri dalla città di Bari, al viaggio in Puglia che Ferdinando II compì dal gennaio 1859 e terminato il 7 marzo 1859 , per il matrimonio del figlio. Infatti a Bari si celebrò il matrimonio religioso del figlio primogenito ed erede al trono Francesco, Duca di Calabria con Maria Sofia di Baviera, sorella dell’imperatrice Elisabetta d’Austria, detta “Sissi”, matrimonio già avvenuto per procura senza che gli sposi si fossero mai conosciuti. Il rito religioso, celebrato a Bari, ove Maria Sofia era giunta per mare, partendo da Trieste, fu turbato  dal notevole aggravarsi della malattia del re, iniziato già durante il viaggio, tanto che Ferdinando non poté assistere al matrimonio. Il medico di corte, cav. Ramaglia, aveva capito ben poco della gravità del male e le condizioni di Ferdinando II peggioravano continuamente. Pertanto fu invitato dall’Intendente di Bari, cav. Mandarini, il miglior medico della Provincia, Nicola Longo di Modugno, allievo prediletto del prof. Domenico Cotugno, l’Ippocrate napoletano. Questi, dopo aver visitato minuziosamente Ferdinando II, diagnosticò un ascesso femorale inguinale. Tutti gli astanti, la regina Maria Teresa, il duca di Calabria, l’Intendente Mandarini, il medico Ramaglia, inorridirono al solo pensiero che fosse eseguita un’operazione a un re, oltretutto da un medico che aveva grande fama di liberale, essendo iscritto alla Carboneria dal 1817.Ferdinando II spirò il 22 maggio 1859. Poco prima della sua morte era iniziata la seconda guerra di indipendenza, che vedeva schierati Vittorio Emanuele II e Napoleone III contro Francesco Giuseppe. Tra il 1860 e il 1861, la spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi portò alla caduta del Regno delle Due Sicilie, che fu annesso al neonato Regno d’Italia. Nello stesso periodo, la storia del giovane nobile rampollo barese (di cui Camilleri avrebbe ben disegnato nei dettagli le particolari vicissitudini politiche, economiche ed amorose), al culmine della sua affermazione politica ed economica nell’ambito sociale della sua città di adozione, in Sicilia il grande narratore Andrea Camilleri ambienta e racconta della “Mossa del Cavallo”. Settembre 1877,il nuovo Ispettore Capo dei Mulini arriva a Vigata il ragionier Giovanni Bovara, un siciliano cresciuto ed educato a Genova, con l’incarico di sostituire i suoi due predecessori, morti in circostanze non propriamente naturali. Bovara, deve investigare riguardo all’applicazione dell’odiosa tassa sul macinato emanata nel maggio del 1868, si trattava di una “tassa sul pane” (come fu chiamata) da cui si originarono fenomeni di protesta popolare e ribellioni nell’Italia post-risorgimentale, lo stesso, resta intrappolato in una ragnatela di furbizia e omertà, tessuta ad arte per incastrarlo. Andrea Camilleri prende spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto, citato da Leopoldo Franchetti in “Politica e mafia in Sicilia” del 1876, e attorno a questo episodio costruisce una serie di personaggi e storie parallele che vanno a comporre una trama ricca e di piacevolissima lettura. Sfilano davanti a funzionari opportunisti e corrotti, una bellissima donna dal fascino ambiguo, un parroco usuraio e donnaiolo e tanti paesani con la bocca cucita. L’ispettore, un giorno, trova morente il “parrino” Artemio Carnazza, un prete donnaiolo avido e corrotto, che con l’ultimo respiro che gli rimane denuncia all’ispettore il suo assassinio è stato suo cugino (cuscinu) con il quale si contrastava da anni per certe proprietà.

Nella foto: Traversa Beatrice Stefania Grottaglie 26 Dicembre 1868-22 Gennaio 1933,Vito Nicola Mummolo Noicattaro di Bari 1835 – Grottaglie 21 Febbraio 1898, Maranò Agata Giovanna ” moglie di primo letto” .  

 “di quel Mummolo Vito Nicola le discordanti voci di quanti, tutt’ora, lo ricordano o magnanimo benefattore, o interessato e calcolatore”.(1)

Propendiamo per il magnanimo benefattore, protagonista della vita cittadina , nel creare condizioni per attenuare le critiche situazioni sociali , che esplosero in città ad un mese dalla sua dipartita, artefice di opere caritatevoli, e al centro di una storia personale, molto singolare, in merito al suo testamento ed al suo secondo matrimonio con una giovane donna , che vedova del benefattore venne in sposa ad altro notabile locale; del predetto testamento si ebbe –a dire dei racconti ricevuti direttamente., uno strascico giudiziario, che generò un detto locale “Se girato lu munnu alla smersa la proprietà ti li Mummulo è sciuta alli Traversa.” fatta eccezione per l’ultima dimora, dove è sepolto il Mummolo, la prima moglie, ed il giovane Filippo Cavallo deceduto nel 1932 a causa dello scoppio di un petardo pirotecnico in occasione della festa di S. Ciro in c. da Campitelli, di detta ultima dimora sono rimasti eredi discendenti le famiglie Cavallo, di noti Medici ed Architetti della città.

Ma vi raccontiamo chi fosse stato Vito Nicola Mummolo, anche con  quanto riportato dallo Stea-Galletto e non solo. Il “Nujese”, nasce a Noja , oggi  Noicattaro-Bari , nel 1835, è figlio di Filippo e Urbano Santa, è fratello a Vittoria, Francesco, Nicola,Giovanna, è sposato , dal suo testamento ad “ ..affezionatissima mia moglie di primo letto Agata Giovanna Maranò pubblicamente conosciuta col nome di Elisabetta Maranò” e come si legge dallo stesso testamento del 1898, è sposo in seconde nozze con la giovane ventottenne “ .. moglie Beatrice Traversa di Ciro”, il Notaio Piergianni nel 1898 identifica Mummolo “.. del fu Filippo, proprietario, nato in Noicattaro domiciliato qui in Grottaglie..”.

Il ” Nujese”, così soprannominato il Mummolo, nella poesia locale la “Vivannera-..e vinera li Piemontesi ca si campara a Santu Vilasi; tu fatiavi ddo lu Nujesi, sta turchiavra la ammasci…”,(Vivannera- e giunsero i piemontesi che si accamparono in contrada San Biagio; tu lavoravi dal Nujese, lavoravi la bambagia”)era certamente un facoltoso possidente (a Grottaglie),tra questi possedimenti erano la casina-oggi villa Gemmato lungo la via dei Due Mari oggi via Ennio,  il palazzo ospitante un casa (che sarà donata ai Padri Gesuiti) “decente e comoda per quattro persone,situata in Piazza Margherita”, vari possedimenti alla Badia compresa la masseria ed altre masserie sparse per il territorio è disponeva senz’altro di ingenti somme di denaro, che gli consentivano di poter elargire, per più volte, e come di seguito vedremo, ingenti somme per finanziare la realizzazione di opere pubbliche  utili alla città. La presenza del possidente Mummolo in terra di Grottaglie, proveniente da Noicattaro-Bari, è senz’altro da far attribuire alla comunanza della produzione di uva da tavola, di cui probabilmente i genitori dello stesso dovevano commerciare, ma non di meno tale presenza è da attribuire, al fatto che, Grottaglie in quel periodo fosse una città o meglio una “Terra civilissima”. (Arditi G. Corografia Fisica e Storica Provincia di Terra D’Otranto 1879-1885) .Infatti l’Arditi, ci riporta che “a buon diritto, poiché la civiltà comprende anche il lustro e la coltura intellettuale e morale degli uomini riuniti in società e di tal fatta, Grottaglie, n’ebbe gran numero, come può rilevarsi da questi che noto, tra tanti e tanti altri. Francesco de Geronimo…Carlo Quaranta, Marco Romano, Teatino vescovo di Ruvo, Nicola Pignatelli Vescovo di Minervino…..” questa presenza dei Mummolo, può essere anche sostenuta dalla presenza nella città delle scuole tenute dai padri Gesuiti, a cui il Mummolo era particolarmente legato, e dall’istituzione nel 1868 del Ginnasio , a cui accorsero da diverse Provincie inclusa quella di Bari Sempre l’Arditi  ci riporta ancora “ Soppressi i Monasteri nel 1866, e cadute con essi le scuole che vi tenevano i Gesuiti, la città sentiva bisogno dell’insegnamento, avendo sempre prediletto il culto della sapienza; che le verità non esistono soltanto in geometria, ma il mondo morale possiede anche le sue, e le necessità della pubblica istruzione n’è una-Quindi nel 1868 vi fu aperto ed inaugurato solennemente un Ginnasio col nome di Giacomo Pignatelli, uomo caro alle lettere, onor singolare di questa sua terra natale!

Accorsero volenterosi molti scolari, non che della Provincia nostra, anche di Basilicata, di Calabria, e del Barese. La bontà dell’insegnanti, l’impegno dei discendenti, le prove brillanti degli esami, l’istruzione della mente congiunta all’educazione del cuore, la gara e l’emulazione, ginnastica morale sviluppa ed appalesa la virilità degl’intelletti, diedero fama all’Istituto educatorio, che fiorì rigoglioso per 10 anni, e poi fu chiuso, per motivi di malintesa economia!!!..”

Non si può dubitare , che il Mummolo, per come diremo di seguito, fosse istruito “…. della mente congiunta all’educazione del cuore, la gara e l’emulazione, ginnastica morale sviluppa ed appalesa la virilità degl’intelletti”, e di questo ne dette ampia prova, anche quando e per più volte evitò “amare conseguenze” alla città, così come fu, evidentemente la chiusura del Ginnasio, o come si concretizzarono, immediatamente, a seguito della morte dello stesso Mummolo (1898).

La storia di quest’uomo la ripercorriamo, attraverso la lettura,giusta,dei fatti riportati da Stea-Galletto (1), quando già quarantenne lo stesso è componente, (di una di quelle società di uomini riuniti dotati di alta cultura intellettuale- segnalate dall’Arditi),  della deputazione di S.Ciro (-Co-patrono della città di Grottaglie con San Francesco de Geronimo-1875) la quale eletta dal Consiglio Comunale, si occupava della buona riuscita di una delle quattro feste che si svolgevano nella città.

 IL 19 ottobre 1883 Mummolo è incaricato da comune di Grottaglie “per il buon andamento e la sorveglianza del personale” utilizzato per l’istituita “cucina economica”, realizzata a favore della “povera gente che periva di fame”,il Consiglio Comunale nominò una commissione composta dall’intera giunta e di altri notabili cittadini, i quali, con il soccorso caritativo dei più facoltosi, istituì una cucina economica,distribuendo ai più poveri, gratuitamente, delle minestre…”, per cui è agevole dedurre come la situazione economica e sociale nella città fosse particolarmente critica .Dal Mummolo il Comune acquistò “ al prezzo conveniente di lire 2000” un terreno attiguo al cimitero, perché in quegli anni imperversava un’epidemia colerica.

Nel 1887 il Mummolo chiede di poter acquistare il Convento dei Gesuiti, con la quale, a proprie spese, intendeva installare un istituto di beneficenza in perpetuo “ per utilità cittadina…e chiedeva la rendita di tutta la casa, che una volta faceva parte del convento dei Padri Gesuiti”dove si trovava la caserma

dei Carabinieri e vi erano case affittate a cittadini e carceri dismesse, giustificando la richiesta con “ la devozione che ha al nostro concittadino S.Franceso De Geronimo e per non essere quel luogo adibito ad altro uso e per essere stimato e rispettato ”In risposta  consigliere Alfonso Pignantelli che chiedeva di sapere cosa mai volesse effettivamente fare il Mummolo, il consigliere Manigrasso, nella delibera n. 351 del 3 Dicembre 1887 dichiarava che il Mummolo “è un ricchissimo proprietario e capitalista senza figli; ben intenzionato di voler creare un istituto di beneficenza,qualunque esso sia e come tale sarà sempre di pubblica utilità a vantaggio del Comune, tanto se trattasi di un ricovero di orfani o di educandato, quanto se di un istituto di istruzione”, a tale dichiarazione, il Pignatelli obiettava in merito alla possibilità che il Mummolo, volesse affidare “privatamente” ai Gesuiti l’istruzione secondaria e complementare così come si praticava nel Capoluogo di Provincia, il tutto a beneficio del pubblico;dobbiamo ricordare che già dieci anni prima, venne chiuso il Ginnasio intitolato a Giacomo Pignatelli, e ancor prima erano state “Soppressi i Monasteri nel 1866, e cadute con essi le scuole che vi tenevano i Gesuiti” , la possibilità che i Gesuiti esercitassero ancora una volta l’istruzione, a qualcuno non era gradito, ed infatti in quella seduta del 3 Dicembre 1887 vi furono proteste ed intemperanze,problemi durante la votazione, tale da indurre il Consigliere Manigrasso a chiedere il rinvio della delibera che il Sindaco Ragusa accordò.

Nel 1889 il Mummolo è consigliere comunale, ed è ancora componente di quella commissione-comitato che istituì la cucina economica nel 1883;nel 1890 le condizioni di vita dei grottagliesi è precaria, e mentre anche i padri del convento dei Minimi (chiesa convento di San Francesco di Paola-“Paolotti”) si prodigano per non esigere i fitti dei locali di pertinenza del proprio convento,  per “ soccorrere e sollevare, in maniera più concreta, le triste condizioni delle classi operaie artigiane ed agricole, sia per mancanza di lavoro , nella presente stagione, e si per la contagiosa malattia (colera)l’influenza, che ha colpito quasi i tre quarti degli abitanti, diffondendosi in tutte le famiglie…”il comitato chiede al Comune un più “largo sussidio, all’opera filantropica”considerato che le offerte ( date, evidentemente dai cittadini più facoltosi-tra cui il Mummolo) ammontavano alla metà delle spese di esercizio, infatti i componenti il comitati si sono “distinti e cooperati per regolare attuazione e funzionamento”.

Nel 1892 il Mummolo oltre a proseguire la sua funzione di amministratore della città e continuare a far filantropia, concede al Comune un prestito di oltre 1000 lire, per far fronte alle esigenze della municipalità e per pagare gli stipendi,quando il Sindaco Ciro Motolese lascia il suo incarico, per motivi non ben compresi, o meglio non resi tali.

Tali difficoltà economiche indussero il Comune a ricorrere a qualche prestito, anche di somme consistenti, non mancando obbligazioni verso privati ed enti pubblici, tra questi privati si evidenziava il Vito Nicola Mummolo, il quale aveva concesso al comune un prestito di 4.500 lire.

Per far fronte al pagamento di questi debiti, l’Amministrazione dovette rivedere i canoni di fitto delle proprietà comunali, e tra queste c’era il Convento dei padri Gesuiti, per il quale, il canonico V. Verga offrì per l’acquisto lire 10.000, al fine di destinare detto immobile a “opera di beneficenza ed istruzione”, il Comune pur considerando tale offerta vantaggiosa, chiedeva la Canonico di voler permutare il conventino con la casa posta di fronte al Municipio, allo scopo di adibirlo a casa comunale, a tale richiesta il canonico non aderì;successivamente il canonico ribadì la richiesta d’acquisto motivandola con “non solo per adibirlo ad abitazione di sacerdoti, ma anche ad uso di pubblico vantaggio, facendo della casa ove nacque il Gran Taumaturgo un vero e solenne santuario”.

Per la proposta d’acquisto del conventino dei Gesuiti-fatta dal Can. Verga- la Giunta Provinciale la ritenne non conveniente, in quanto la stima giusta fu di lire 12.600, che il Mummolo proponeva di versare ed acquistare per il medesimo scopo del Canonico Verga-ad onorare una su precedente richiesta d’acquisto (1887)- nel caso il Canonico Verga avesse rinunciato, non fu venduto a nessuno dei due, è a dir poco singolare questa avversione dell’Amministrazione nei confronti sia del Canonico sia dello stesso Mummolo, che come detto ha già anticipato alla municipalità consistenti somme, e visto che ambedue avevano espresso il desiderio di fare di quel caseggiato il Santuario a S. Francesco de Geronimo.

Nel 1894 il Mummolo insieme al Dott. Vincenzo Calò si prodiga per la realizzazione della statua in argento di S. Francesco De Geronimo ( in op. bibl. (4)..Vincenzo Calò…è impegnato nella raccolta dei fondi per arricchire la città della statua argentea del Patrono.. a cui contribuisce anche l’amico Vito Nicola Mummolo), conservata nel Monastero di S. Chiara, era Badessa del Monastero dal 1890 Suor. Marianna Maranò, questa statua venne condotta a Grottaglie da Napoli da P. Guglielmo Celebrano, in tale occasione si sollecitò il ritorno dei padri Gesuiti, al riguardo l’ 8 luglio del 1894 il Corriere Taranto pubblica “Evviva Grottaglie! Evviva la deputazione di S. Francesco de Geronimo… di arricchire la nostra città di una seconda statua d’argento , la prima  è quella della Vergine SS. della Mutata  e quella cioè  del nostro Santo Patrono e concittadino Francesco de Geronimo…..e  gran parte di lode va specialmente tributata all’Egregio Presidente della Deputazione dott. Vincenzo Calò, il quale tra le cure delle sue numerosa clientela e le molte occupazioni della sua professione , cui egli con esemplare abnegazione ha dedicato la sua balda gioventù ,ha saputo trovare modo e tempo di occuparsi seriamente per la riuscita della nostra festa….Lode infine e non poca va tributati a tutti quei cittadini e membri della deputazione  che si sono sottoscritte per grosse somme, fra i quali il sig. Mummolo Vito Nicola , il quale spende lire 1600 per dotare la statua di una base processionale corrispondente, cioè magnifica” (4) . P. Guglielmo Celebrano, nato a Napoli il 25 marzo 1861, gesuita, riapre con padre Felice Tanzarella, la casa professa dei Gesuiti a Grottaglie , dove rimane per un anno in cui fonda la Congregazione Mariana, che raccoglie la gioventù locale. Superiore dei Gesuiti a Grottaglie dal 1915 al 1918, nel 1931 diviene confessore del Papa Pio XI, per la sua straordinaria prudenza e virtù religiosa.(4)

I padri Gesuiti non potettero occupare la propria casa di via S.F. De Geronimo-via S. Santo, perché occupata dalla caserma dei Carabinieri è ormai di proprietà del Comune, con il quale già da tempo si trattava per la restituzione, ma per come già visto non si riusciva a concludere la trattativa.

Giunti a Grottaglie i Gesuiti, in mancanza di una abitazione, la Badessa di S. Chiara Marianna Maranò ,suora affezionatissima alla Compagnia di Gesù, il quale aveva“  un cuore espansivo,una capacità maschia, una fermezza di carattere e a tutto questo accoppiava una grande semplicità”( V.M. Talò-Il Monastero di S. Chiara a Grottaglie), avendo lo stesso cognome della consorte di primo letto del Mummolo ( e quindi con qualche grado di parentela), non gli fu difficile esortare con buoni modi, il benestante Vito Nicola Mummolo ha dare una sua casa,decente e comoda per quattro persone,situata in Piazza Margherita, rifondendola di tutto l’occorrente, letti, tavoli, biancheria, cosa fatta dal Mummolo.(I Gesuiti a Grottaglie 1897-1997 –A.M.D.G.)

Al contrario di quanto affermato dallo Stea-Galletto che detta casa dai Gesuiti “ medesimi acquistata dal Mummolo e ciò a scopo principalissimo di avere la loro abitazione unita al tempio di S.Francesco De Geronimo affidato alla loro custodia”

Siamo al 1897, il Comune è alle prese con debiti contratti per la realizzazione della strada per S. Marzano e per l’ampliamento del cimitero, la ditta Marseglia, esecutrice di detti lavori, stanca di aspettare per il pagamento di quanto dovutogli, non concede più tempo all’Amministrazione, minacciando così di licenziare operai, incrementando così le precarie condizioni economiche della cittadina; ancora una volta interviene in soccorso il Mummolo, che” promettendo di fornire i fondi necessari in seguito alle sollecitudini del benemerito signor Calò e alle assicurazioni del Sindaco e del Segretario che egli, ciò facendo non avrebbe nulla arrischiato” il Marseglia avrebbe ricevuto dal Mummolo” sino alla concorrenza del suo credito verso il Comune con l’obbligo di continuare alacremente” ed impiegando il maggior numero di operai al giorno, il Mummolo accordava al Comune una necessaria dilazione di pagamento, “accontentandosi  del già deliberato 6%, anzi, aggiungeva di essere disposto erogare, alle stesse condizioni, quanto occorreva per le opere pubbliche che si reputassero ora opportuno di compiere”.E’ da sottolineare che gli interessi chiesti erano quelli già preventivamente accordati al Marseglia, con l’aggiunta possibilità di avere più tempo per restituire l’avuto e di poter disporre di altre fonti di finanziamento per altre opere pubbliche, per quei tempi non era poco, visto che nessun altro sembrava essere disposto tanto, oltre a garantire lavoro per cui “ sono parecchi giorni che il numero degli operai nei lavori è aumentato , e di quanti se ne presentano a lavorare, nessuno viene respinto. E la Giunta vedrà quanti altri lavori potranno farsi eseguire, profittando dell’offerta spontanea del Mummolo”.

E lo stessa padre Stea  conferma che detta operazione si diede un respiro di sollievo e non vedere tante braccia incrociate, ma molte bocche sfamate e messe a tacere con buona pace delle famiglie e maggior tranquillità del Consiglio, il quale, nel prendere atto di quanto comunicato in seduta, a voti unanimi, esprimeva la sua ammirazione per l’atto “immensamente generoso ed umanitario” del Mummolo, in momenti di particolare crisi, dando modo di impiegare “ i poveri disoccupati” e agevolando nello stesso tempo, le condizioni delle casse municipali, e veniva dichiarato “ che simili azioni in momenti difficili e di grande bisogno, rendono l’individuo meritevole della pubblica benemerenza e dovrebbero pel bene del paese essere imitate da tutti coloro che trovansi nelle condizioni di poterlo fare “ s’ incaricava il Presidente(Oronzo Traversa-Sindaco)  di esprimere con lettera il sincero voto di lode del Consiglio al Mummolo.

E’ incomprensibile, dopo quanto affermato da padre Stea, perché lo stesso non condivida l’elogio fatto dall’Avv. Orazio Motolese alla commemorazione funebre del Mummolo nel 1898, anzi arriva al chiedersi se fosse “magnanimo benefattore, o interessato e calcolatore”. E dello stesso anno-1899- dopo un estenuante trattativa con il Comune, l’atto con cui i Gesuiti cedono in permuta al Comune la casa donata agli stessi dal Mummolo, riscattano il Convento con l’annessa chiesa nell’antico comprensorio della famiglia De Geronimo, mentre la ex casa dei Gesuiti viene adibita a sede del Municipio,

detta circostanza portò un certo turbamento, dato che tale atto di permuta, pareva mancare di gratitudine al Mummolo da poco deceduto, ma anche per i dovuti riguardi agli eredi, ed in particolare alla moglie ( di seconde nozze) Beatrice Traversa Stefania che desiderava recuperare la casa donata ai padri dal marito. Che detto recupero da parte di Beatrice Traversa non potesse verificarsi, è forse dovuto al fatto che la prima moglie del Mummolo, quella Maranò Agata Giovanna (pubblicamente conosciuta con il nome di Elisabetta)  aveva lasciato in dote al marito delle proprietà, e non fu un caso se l’omonima suora badessa  Marianna Maranò riuscì a convincere il Mummolo al lascito della casa in piazza ai padri Gesuiti, e non è un caso che i due busti marmorei conservati nella casa dei Gesuiti sono di Agata Giovanna Maranò e di Vito Nicola Mummolo, busti un tempo ubicati nell’ultima dimora del cimitero di Grottaglie. In seconde nozze, Vito Nicola Mummolo impalmò il 22 ottobre 1896, all’età di sessantadue anni, la giovane ventottenne  grottagliese Beatrice Stefanina Traversa, figlia di Ciro Traversa e Grazia Cafforio. Il giorno del matrimonio il padre della sposa, come si legge sul Registro degli Atti di Matrimonio ( parte I-serie A, Anno 1896) Ciro Traversa, negoziante, non presenziò alle nozze della figlia nella Casa Comunale  perché “affetto da catarro intestinale  acuto” giustificato con un certificato del dott. Vincenzo Calò (..amico di lunga data con Vito Nicola Mummolo-(4))

Mummolo fu anche al centro di una storia personale molto singolare, in merito al suo testamento e al suo secondo matrimonio con la giovane donna , che poi, vedova del benefattore andò in sposa, al altro notabile locale Francesco Saverio Gemmato, di professione medico nato a Cassano Murge nel 1864.I due ebbero una figlia, Gemma Gemmato.  Al cimitero di Grottaglie sono sepolti il Mummolo, la prima moglie ed il giovane Filippo Cavallo deceduto il 31 gennaio del 1936 a causa dello scoppio  di un petardo in occasione della festa di San Ciro. All’ingresso della casa dei Gesuiti  in via Spirito Santo sono conservati due busti marmorei che ritraggono Vito Nicola Mummolo e Agata Giovanna Maranò (conosciuta come Elisabetta), la prima moglie. Mummolo che è stato consigliere comunale dal 1889 al 1898 morì a Grottaglie il 21  febbraio 1898 alle ore 22,30 nella casa ubicata in Corso Due Mari ( attuale via Ennio) .

Di particolare interesse e valore architettonico ed artistico è la villa Mummolo, opera di fine ‘800,che ben rappresentava il nobile rampollo pugliese, che come scritto in precedenza, non si può dubitare , che, fosse istruito “…. della mente congiunta all’educazione del cuore, la gara e l’emulazione, ginnastica morale sviluppa ed appalesa la virilità degl’intelletti”, la particolare cura dei particolari dell’interno della villa lo dimostrano. Negli arredi e suppellettili, come riportato nelle immagini, il Mummolo era tra i pochi intenditori del tempo, a possedere opere uniche e di particolare pregio dell’arte ceramica locale, ispirate a “forme di produzione napoletana dei primi dell’Ottocento, tipiche delle fabbriche Del Vecchio”(5),attribuibili ad  uno dei più importanti ceramisti grottagliesi, Domenico Vincenzo Atanasio  La Pesa, oggetto di uno studio approfondito dallo storico e studioso Francesco Spagnulo in “La Pesa”( un maestro grottagliese. Profilo documentato del ceramista)(5). Domenico Vincenzo Atanasio  La Pesa (nato il 1 Giugno 1792,deceduto il 21 Novembre 1849) non è la stessa persona a cui nel 1878, erroneamente il consiglio comunale di Grottaglie intitolò una via cittadina nel quartiere delle ceramiche, onorando dell’ intitolazione un Ciro La Pesa falegname e non già artista della lavorazione ceramica, siamo fiduciosi che l’attuale amministrazione, ben conoscenza dell’errore, provveda prontamente a restituire l’onore al leggendario ceramista  Domenico Vincenzo Atanasio  La Pesa.

Il giorno 11 del mese di Febbraio del 1898, Vito Nicola Mummolo detta il suo testamento al Notaio Piergianni, sono testimoni alcuni consiglieri comunali, in detto testamento si legge che il Mummolo, pur infermo di corpo è sano di mente ed è nei suoi retti sensi, lascia ai suoi diretti eredi rilevanti somme in denaro, come lo stesso avviene per qualche nipote orfano e alcuni conviventi in casa, lascia la sua casina di via dei Due mari alla giovane seconda moglie Beatrice Traversa Stefanina (sposata nel 1896) ed un terreno adiacente al Cimitero a favore del dott. Vincenzo Calò. Il giorno 21 del mese di Febbraio 1898 muore Vito Nicola Mummolo nella sua casina di via dei Due Mari, sulla cui balaustra in ferro, è rimasta  impressa la sigla VNM.(Vito Nicola Mummolo). Lasciamo al testo della delibera del Consiglio comunale la dovuta commemorazione della città: “L’anno 1898 addì 24 del mese di Febbraio alle ore 10.. …”, nella delibera n. 55 il Consiglio Comunale deliberava “la Commemorazione del defunto Consigliere Comunale Vito Nicola Mummolo”  opere ed ideali furono elogiati dal Consigliere Avv. Orazio Motolese, interpretando l’unanime consenso del Consiglio, si legge “Egli loda la vita laboriosa onesta e benemerita compiuta dal defunto e fà rilevare che l’opera di lui si rendeva utile,proficua ed indispensabile tanto nel Consiglio Comunale tanto per l’intiero paese. Uomo di grande esperienza e di logica non comune e provvisto di ricco censo gli era  stabile l’ideale di produrre del bene all’intiero paese ed infatti egli ne ha dato luminose prove,e quindi la sua esistenza si rendeva oltremodo necessaria in queste tristi condizioni di crisi economica generale ma la morte inesorabile,ha voluto innanzi tempo siffatta importante esistenza,di cui le amare conseguenze saranno generalmente risentite. Fà che gli eredi imitandovi i proponenti benefici del defunto ne volessero continuare l’opera sua lodevole ed utile…….(continua). Il Consiglio poi  interprete dei sentimenti del paese,esterna ai congiunti il sentito dispiacere della inaspettata ed immatura perdenza di Vito Nicola Mummolo che si era reso oramai benemerito per le innumerevoli buone opere da lui compiute. Propone quindi che il Consiglio si rechi personalmente in casa Mummolo per esprimere le proprie condoglianze e che sia tolta la seduta in segno di lutto. Il consiglio all’unanimità approva. Approvato Sindaco-Traversa”.

Dopo la morte di Vito Nicola Mummolo, donna Beatrice Stefanina Traversa, dopo aver sposato, Francesco Saverio Gemmato, di professione medico nato a Cassano Murge nel 1864, ha continuato l’opera e conduzione dei beni ereditati, anche la tardiva dichiarazione della sua morte, aggiunge un particolare, sui cui Andrea Camilleri avrebbe dato forza per completare la particolari vicissitudini di questo nobile barese. Infatti, Beatrice Stefanina Traversa muore alle 4 e due minuti del mattino dell’11 ottobre dell’anno 1932 all’età di sessantaquattro anni; la sua morte come attestato, negli atti pubblici, in particolare il Registro degli atti di Morte (Anno 1933). Viene certificato che, il 22 gennaio 1933, alle ore 11e 7minuti, davanti al segretario delegato dott. Cavalier Lorenzo Annicchiarico da Giuseppe Polignano, d anni 21,impiegato comunale, e da Ciro Lenti di anni 29, ragioniere. I due dichiaranti “prima di denunziare la morte suddetta mi hanno presentato” precisa il segretario delegato “ copia di sentenza proferita add’ nove del corrente mese di gennaio dal Tribunale di Taranto rilasciata dal cancelliere del Tribunale medesimo con la quale sono stato autorizzato a ricevere la tardiva dichiarazione di morte” “Se girato lu munnu alla smersa la proprietà ti li Mummulo è sciuta alli Traversa.”( Il mondo si è rigirato al contrario la proprietà dei Mummolo è andata  ai Traversa).

(1) Amministrazioni ed  amministratori post-unitari Grottagliesi. Stea-Galletto 1861-1900.-

(2) I GESUITI A GROTTAGLIE-cento anni di storia 1897-1997-Padri gesuiti Grottaglie-delibera del consiglio comunale n.55 del 28 Febbraio 1898.

(3)Piccolo teatro di Grottaglie Mi ricordu nnu giurnu Cantavi-punto zero coop-arl ed.-1978).

(4) Foto: Traversa Beatrice Stefania, P. Guglielmo Celebrano. In “ Vincenzo Calò” di Roberto Burano –Scorpione Editore 2014.

(5) “La Pesa”- un maestro grottagliese. Profilo documentato del ceramista. Brittanico-Ligorio-Spagnulo. Edizioni Esperedi.