SETTIMANA SANTA IN PUGLIA.FRANCAVILLA FONTANA (BRINDISI). SECONDA PARTE/3

« DEL GIOVEDÌ SANTO, DOPO LA MESSA “IN COENA DOMINI” E LA DISTRIBUZIONE DEL PANE BENEDETTO, SI SVOLGE IL BLOCCO DEL BATTAGLIO…LE CAMPANE NON DEVONO SUONARE, SOLO IL SUONO DELLA TRENULA (BATTOLA) REGOLERÀ SINO A  PASQUA I RITI E LE PROCESSIONI”.

di vito nicola cavallo

Lunedì Santo, nella tradizione contadina il lunedì era dedicato ai requiem per le anime del Purgatorio. Alle porte dei signori bussavano mendicanti e anziane donne che offrivano il loro servizio di lamentazione per i defunti. Gli uomini andavano sui campi per svolgere mansioni di poco conto, avendo cura di non usare la zappa e qualsiasi strumento tagliente. Utilizzarli avrebbe significato infliggere dei colpi al corpo di Cristo. Nelle chiese si comincia a pensare all’addobbo del sepolcro. I primi a lavorare sono i falegnami che ne realizzano la struttura. Nel loro operare i maestri hanno cura che la testa dei chiodi non tocchi il legno per non richiamare il supplizio di Cristo sulla croce.

In segno di rispetto, in questa settimana i fabbri non producevano chiodi. Nelle case sono momenti concitati che coinvolgono tutta la famiglia. Mercoledì è vicino e bisogna cominciare a preparare i piatti che saranno portati in giro dai bambini. Dalle soffitte si recuperano i baldacchini in legno che, dopo la decorazione, accoglieranno il grano germogliato al buio nel corso della Quaresima. È tempo anche di tirare fuori i camici, le mozzette ed i

cappucci da confratello che devono essere puliti e stirati in vista del cammino penitenziale. In passato i macellai, che in quella settimana non potevano vendere carne, tiravano fuori dalle proprie botteghe il bancone e la bilancia per fare spazio agli imbianchini, che potevano quindi ridare un tocco di bianco a quei locali che per tutto il resto dell’anno conoscevano solo il rosso del sangue.

Martedì Santo, «Il martedì, come in tutti i martedì dell’anno, le donne si alzavano di buon’ora, quando il fornaio bussava alla porta, avvisando che avrebbe presto acceso la legna nel forno, perché impastassero la farina per il pane che avrebbe ritirato qualche ora dopo. Quando il pane veniva riportato nella case sui tavolieri di abete […] passavano i monaci questuanti per ritirare la pagnotta di Sant’Antonio. Ogni famiglia che poteva, quando impastava, qualche pane lo foggiava come pagnotta per i conventi e per i poveri, ed era il prezzo con il quale si pagavano le penitenze a rimedio delle colpe confessate ai preti e le preghiere per la propria salute fisica e per la liberazione dalle fiamme del purgatorio delle anime dei parenti.»(1)

 Il martedì Santo rappresentava per la cultura popolare il giorno in cui si era più pronti ad offrire ai bisognosi. Ma si pregava pure per sfuggire alla malasorte e ai sortilegi. La magia, il malocchio, i riti scaramantici, avevano grande impatto sulle suggestioni popolari e la preghiera sembrava essere l’antidoto più potente cui attingere. Nelle case, il martedì è un fiorire di profumi. In questi giorni si preparano tutti i dolci tipici della tradizione pasquale, ad esempio le ciambelle impastate con farina, olio e vino, condite

con semi di anice (o pepe) oppure lavorate con uova successivamente rivestite con una bianca glassa di zucchero. Grandi e bambini osservano con attenzione le esperte mani all’opera e pregustano i succulenti bocconi, di cui potranno godere solo a partire dal giorno di Pasqua.

Mercoledì Santo, dopo i lunghi giorni di preparazione al riparo da occhi indiscreti, il mercoledì è il momento dell’uscita nella comunità con i piatti. I piatti sono dei baldacchini in legno dalla base quadrata ornati con fiori di campo, petali uniti a stoffe e grano anemico (germogliato al buio, durante il periodo di Quaresima). In alto, a completare la composizione che varia a seconda della grandezza e del gusto di chi la decora, è appeso un limone o una arancia simboleggiante il sole. La tradizione dei piatti affonda le sue radici nella cultura greca e, nello specifico, nel culto di Adone. Adone, giovane dalla bellezza folgorante conteso da due dee, muore aggredito da un cinghiale mentre è in compagnia di Afrodite.

Dal sangue delle sue ferite nascono dei fiori dalla bellezza fragile, le anemoni, e da quello della dea, che si era graffiata tra i rovi per soccorrere l’amato, le rose rosse. Zeus, impietosito dal dolore di Afrodite, concesse ad Adone di tornare in vita a patto di trascorrere quattro mesi nel regno di Ade con Persefone, quattro sulla Terra assieme ad Afrodite e quattro dove preferiva. Sin da subito Adone ha incarnato il simbolo del ciclo della natura che fiorisce, si spegne e poi torna a splendere. Tra aprile e maggio, per celebrare la rinascita, si svolgevano le feste Adonie in cui giovani donne portavano al tempio piccoli giardinetti in vaso a lui dedicati, i “giardini di Adone”, che venivano coltivati nel corso della brutta stagione per poi essere sacrificati al momento del risveglio della natura.

Dalla mattina sino al pomeriggio i ragazzi e le ragazze fanno sfoggio di questi piccoli capolavori per le strade del paese: bussano ad ogni porta per mostrarli in segno di pace, domandando “Cce tti piaci lu piattu mia?” e ottenendo come compenso beni in natura o qualche moneta. I bambini, come nella Domenica delle Palme quando offrono le Palme benedette, con i piatti diventano messaggeri di pace. Attraverso la loro innocenza si compie un primo passo per una riappacificazione tra familiari, vicini di casa o conoscenti. Finito il giro delle case i ragazzi portano i piatti nelle chiese per addobbare i Repositori.

L’indomani si entra nel triduo pasquale. Nel tardo pomeriggio, del Giovedì Santo, dopo la messa “in Coena Domini” e la distribuzione del pane benedetto, si svolge il blocco del battaglio.

Da questo momento le campane non devono suonare, solo il suono della trenula (battola) regolerà sino al giorno di Pasqua i riti e le processioni.

Dalla chiesa della Madonna del Carmine ha inizio il secolare pellegrinaggio dei Pappamusci. Incappucciati e scalzi, a coppia, i Pappamusci seguono un percorso uguale da secoli, si recano nelle chiese per inginocchiarsi e pregare davanti agli altari riccamente addobbati, i Repositori (detti “Sepolcri”), dove è stata riposta l’ostia consacrata.

Vestono la divisa della confraternita del Carmine, lungo camice bianco talvolta finemente ricamato, cingolo alla vita, con lo scapolare color marrone recante la scritta “Decor Carmeli”, mozzetta color panna o paglierino e cappello chiaro di feltro da pellegrino a larghe falde. Nella mano destra stringono il bordone sormontato da una crocetta, e nell’altra un rosario. Al loro passaggio, all’angolo tra via Roma e piazza Umberto I, due musicanti con corno e trombone eseguono “lu perè”, tradizionale nenia che ricorda l’atmosfera di dolore e penitenza che caratterizza questo giorno.

Quando si incontrano per strada o devono darsi il cambio dinanzi al Santissimo, le coppie si avvisano battendo i bordoni contro il terreno, si pongono gli uni di fronte agli altri e si chinano portando le braccia al petto,

con forza, come se fosse un abbraccio. A sera, un fiume di persone si riversa nelle chiese e nelle strade di Francavilla, mentre i pellegrini camminano, tra luci e penombre, sino a notte fonda. Quando tutto sembra finito un gruppetto di confratelli della congrega del Carmine, accompagnato da due musicanti con tromba e corno, si reca dietro la porta dei priori anziani o benefattori e, sbatacchiando la trenula, suona “lu perè” per ricordare loro la processione del mattino dopo.Il Venerdì Santoè il giorno più dolente. Di buon’ora le chiese sono aperte e i Pappamusci riprendono il cammino. Un tempo le processioni della Vergine Desolata, in mattinata, erano sei. Da qualche anno, per decreto vescovile, a rotazione se ne svolgono tre. I Pappamusci seguono l’itinerario che si snoda tra viuzze e piazzette del cuore antico della città, mentre le chiese vengono chiuse: solo in quella di Santa Chiara c’è gran fermento per la preparazione delle statue dei Misteri, che qui sono custodite.

(1) Rosario Jurlaro racconta la Domenica delle Palme a Francavilla nel libro “La Festa Cresta”.

(2) foto da  Settimana Francavilla Fontana. www.facebook.com/settimanasantafrancavillafontana/?ref=page_interna