SETTIMANA SANTA IN PUGLIA: I RITI A GROTTAGLIE (TA) 2021.SECONDA PARTE/6

SETTIMANA SANTA, DAL VENERDÌ DI PASSIONE, CON  PROCESSIONE DELLA DESOLATA AL GIOVEDÌ SANTO, GIORNO  DEI SEPOLCRI E I BBUBBLI BBUBBLI E DI SEGUITO LA DEFILAZIONE DEI  MISTERI (SIMULACRI DELLA PASSIONE DI CRISTO), PER CONCLUDERSI CON LA PASQUA DI RESURREZIONE E DOMENICA IN ALBIS”,  

di Vito Nicola Cavallo

Dopo il Maestro Francesco Cito, introduciamo con lo studioso Rosario Quaranta (che per l’assessorato al turismo del Comune di Grottaglie, come già ricordato nel 2009, ha curato il volume “Settimana Santa a Grottaglie-riti religiosi e tradizione popolare”) l’approfondimento delle radici di una fede e di una devozione con le testimonianze storiche e culturali, nella tradizione letteraria e  popolare deiriti e  tradizioni della Settimana Santa, dal Venerdì di Passione, con  processione della Desolata al Giovedì Santo, giorno  dei Sepolcri e i Bbubbli Bbubbli e di seguito la defilazione dei  Misteri (simulacri della Passione di Cristo), per concludersi con la Pasqua di Resurrezione e Domenica in Albis (Pasca tli Palòmme-dolci a forma di “agnello, bamboccio, panierino”, colle buone uova di gallina).Racconta il Quaranta (1) che “In tutti i luoghi della cristianità i riti della Settimana Santa rivestono necessariamente un’importanza straordinaria a motivo del profondo significato religioso e teologico che evidenziano, costituendo l’apice del Mistero della Salvezza.

La Passione, la Morte e la Resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo realizzano, danno senso e significato all’Incarnazione del Verbo, alla fede e alla stessa religione cristiana. Grottaglie non fa, quindi, eccezione: i riti, le devozioni, le tradizioni che ruotano attorno a questi eventi  sono sostanzialmente comuni a quelli degli altri centri del territorio salentino e pugliese o, ancor più latamente, meridionale. E’ innegabile però che all’interno di questa realtà diverse siano le espressioni e le forme della religiosità e della tradizione popolare, condizionate dalle caratteristiche storiche, culturali e ambientali dei singoli luoghi. Non sarà inopportuno ricordare che il nome e le molte testimonianze archeologiche del territorio grottagliese rimandano a una storia antica, le cui origini si perdono nel buio dei tempi. Nei centri vicini la settimana santa richiama immediatamente alcune figure simbolo. Ad esempio, a Taranto il collegamento più immediato è con i  Perdóni; a Francavilla Fontana con i cosiddetti Pappamùsci; a Oria il rito caratteristico abbraccia tutta la quaresima con la cosiddetta “Scinnuta ti Cristu” che si tiene in tutti i giovedì.

Analogamente, a Grottaglie le figure simboliche, ascetiche e  straordinariamente suggestive che attirano la curosità e l’attenzione nella settimana santa sono i Bbubli Bbubli, confratelli del Carmine dal nome così curioso e misterioso che, perpetuano l’antichissima tradizione della visita pellegrinante e della “custodia” del Sepulchrum Domini (in dialetto lu sibbùrcu). Questo in realtà altro non è che l’esaltazione del sacramento dell’Eucarestia propria del Giovedì Santo, anche se la tradizione popolare è abituata a confonderlo con l’evento luttuoso successivo alla morte del Signore e tipico del giorno dopo. Ma il momento di più alta intensità religiosa e quasi mistica è certamente quello dei Misteri del Venedì Santo, curata da diversi secoli dalla Confraternita del Purgatorio e vissuta, come vedremo, con particolare intensità di fede e di religiosità da tutta la popolazione.I riti grottagliesi della Settimana Santa conservano quindi ancora in buona parte i vari e suggestivi momenti dell’antica tradizione popolare che affonda le sue radici nella storia, nella cultura e nella vita del popolo. Eloquenti riferimenti storici di questa fede e di queste devozioni gravitanti attorno alla passione del Signore è possibile intravvedere nelle residue testimonianze iconografiche, monumentali e documentali, alcune delle quali risalgono addirittura al Medioevo.

C’è poi l’eccezionale scultura in calcare compatto del Christus passus fra due angioli, da assegnare alla fine del Quattrocento o agli inizi del secolo XVI, che fortunatamente si conserva ancora nell’atrio attiguo alla vecchia sagrestia della Chiesa Madre, ma proveniente con molta probabilità da qualche chiesa o cappella distrutta o profanata. Una raffigurazione abbastanza frequente nei secoli scorsi e nobilitata, solo per fare qualche esempio, dall’arte di Giovanni Bellini, di Antonello da Messina o di Donatello. Nel nostro caso possiamo parlare di un’opera davvero pregevole di un autore al quale non difettava di sicuro spiccata capacità artistica tanto per l’impianto compositivo, quanto per la finezza espressiva del personaggio centrale, il Cristo Morto, fissato, nella freddezza della pietra, in un composto atteggiamento che nell’esaltare il dolore supremo del Redentore prelude al compimento del mistero di salvezza per tutta l’umanità.

A conferma di questa devozione vi sono altre due antiche e interessanti sculture del Cristo Morto: una risalente alla seconda metà del Cinquecento, conservata nel convento dei Paolotti e proveniente dalla ex chiesa cinquecentesca di S. Antonio (ex ospizio o Cappuccini); e l’altra , del primo Seicento, di può vedere ancora sul retro dell’altare maggiore della chiesa della Madonna del Lume. Con la morte di Carnevale, inizia il periodo quaresimale, che costituiva un periodo di meditazione, peni­tenza e conversione nell’attesa dell’evento pasquale, era vissuta con una serie di iniziative e pie pratiche radicate e ben documentate, come il quaresimale, le processioni penitenziali, la Via Crucis e la processione generale nella domenica delle Palme.

Oggi sopravvivono, carichi sempre di pathos e di suggestione, la processione della “Desolata” e i riti più importanti del triduo pasquale, ossia  i Sepolcri  e i Misteri del Giovedì e del Venerdì Santo. Ma alla Settimana Santa si perveniva dopo un lungo periodo di preparazione che iniziava immediatamente dopo il Carnevale. Come in tutti i centri del Mezzogiorno, questa ricorrenza  consentiva notevole libertà e costituiva una festa per tutti: vecchi e giovani, ricchi e poveri vi partecipavano nel modo che a ciascuno riusciva possibile. Il vero protagonista della manifestazione era il popolino che esprimeva tutto il suo entusiasmo e la gioia di vivere nelle strade, con rappresentazioni improvvisate ma di grande efficacia e successo. Questa tradizione nota come “la morte del Carnevale” (La Morti ti Carniàli), è  ormai quasi del tutto perduta. Fortunatamente di essa rimane una interessante descrizione fatta nel 1878

da Cosimo De Giorgi nei suoi Bozzetti di viaggio della Provincia di Lecce (cui allora Grottaglie apparteneva):  “Chiuderò questo bozzetto  – scrive egli –  narrando una scena curiosa alla quale assistei nell’ultimo giorno di carnevale del 1878; scena che rivela l’in­dole mite e tranquilla di questa popolazione. Sull’ora del tramonto, nella piazza del duomo di Grottaglie s’era­no adunati i contadini e gli operai, che aveano smesso più presto i loro lavori per assistere, come essi dicevano, alla morte del carnevale. Equesto muore in Grottaglie con uno spettacolo, in apparenza ridi­colo, ma in fondo molto serio, cioè con una pubblica berlina, una specie di tribunale popolare nel quale il bene ed il male fatto durante l’anno dai padri della patria, dagli amministratori dei pubblici stabi­limenti, dai negozianti e dai privati viene spifferato sul muso, apertis verbis, e senza reticenze, alla presenza del pubblico e dell’arma benemerita, che in quel giorno chiude un occhio e magari anche due. Giunta l’ora designata, la piazza era stivata di popolo; se si fosse lanciato un chicco nella folla non sarebbe caduto in terra! Gli attori, ossia i poeti del carnevale, si affacciarono dal piccolo ter­razzo di una casa dove era l’antico seggio, e lì con versi di varie di­mensioni, improvvisati su due piedi e rimati a casaccio, cantarono in dialetto grottagliese le gesta più o meno gloriose dei loro concittadini, senza risparmiarne alcuno, neppure delle classi più elevate. Era un giudizio universale nel quale i poeti, ispirati da quel liquore che fa dir la verità, a guisa degli angeli vendicatori soffiavano nelle trombe; ed il pubblico rideva e plaudiva freneticamente e faceva i suoi commenti spiritosi.

 L’usuraio, il truffatore, il furbo, il bigotto, il prepotente, l’avaro, lo strozzino, l’ipocrita, tutti passavano in rassegna coi loro nomi e cognomi; ma ciascuno degli ascoltanti rammentava il vec­chio proverbio che « in carnevale ogni scherzo vale! »   Questa scena durò fino all’imbrunire. Allora comparve il carnevale: raffigurato in un fantoccio di carta e stoppa, imbottito di fuochi di artifizio e chiuse il libro della berlina bruciandone l’ultima pagina. La piazza restò in brev’ora deserta; parte si rimbucarono nelle loro case per inneggiare a Bacco, altri andarono a godere il carnevaletto religioso nella chiesa di S. Francesco o degli ex Gesuiti; ed altri a trinciar ca­priole al suono dei tamburelli…” Dopo il Carnevale, a richiamare tutti alla caducità e alla dura realtà della vita, ecco Le Ceneri e l’austero periodo della Quaresima, ritenuta a ragione periodo di meditazione, peni­tenza e conversione, nell’attesa dell’evento pasquale, che era vissuto in Grottaglie con una serie di iniziative e pie pratiche radicate e ben documentate storicamente. Un periodo che anche visivamente veniva e viene ancora proposto alla costante attenzione di tutti attraverso la raffigurazione di un fantoccio, “Quaremma” appunto,  appeso tra una casa e l’altra e mantenuto per tutto il periodo quaresimale in diverse strade del paese, per essere alla fine bruciato in segno di rivincita sulla sofferenza e sui sacrifici di una vita non sempre facile.Come riporta l’arciprete Francesco Antonio Caraglio nel suo manoscritto Status Insignis Collegiatae Ecclesiae Cryptaliensis (1659), la preparazione al mistero della Resurrezione del Signore prevedeva molti momenti: anzitutto l’assidua partecipazione al “quaresimale”, il sermone giornaliero, tenuto da rinomati predicatori (“quaresimalisti”) scelti appositamente dal governo cittadino, o “università”, grazie a un privilegio concesso nel 1636 dall’arcivescovo di Taranto cardinal Egidio Albornoz. “SEGUE DOMANI

(1) Rosario Quaranta in “  Settimana Santa a Grottaglie Riti Religiosi  e Tradizione Popolare”. Comune di Grottaglie-assessorato al turismo e marketing della ceramica artistica e tradizionale (2009) .