9/20.SPECIALE UVA NOSCIA .IL SISTEMA RURALE DELLE MASSERIE DEL MERIDIONE:LA DOGANA ARAGONESE ED IL PAESAGGIO SOCIALE DAL XVI -XVII SEC. (PARTE 9 /20).

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Proseguiamo nell’analisi storica del periodo, infatti, tutta l’Europa  conobbe  le bande armate feudali, ma a mano a mano che si costituivano gli Stati nazionali, gli eserciti stanziali riducevano alla obbedienza le truppe baronali. A Napoli si avrà questa peculiare situazione: all’esercito regio e, nei tempi spagnoli e vicereali, i baroni non daranno quasi nessun contributo di uomini e di armi, ma avranno sempre le loro bande armate, bande armate che  fuori dal feudo e spesso all’interno dello stesso altro non erano che bande di briganti. Il disgoverno, particolarmente quello spagnolo, fece si che il brigantaggio meridionale divenisse endemico per secoli, nulla venne fatto per proteggere i ceti produttivi che dovettero autonomamente attrezzarsi per difendere le loro persone ed i loro beni. In  Puglia tale situazione era interiormente aggravata considerato che essa era diventata la terra delle grandi masserie produttrici di notevoli quantità di derrate per Napoli.

Ciò significava un accentramento nelle masserie di risorse sia in natura, sia, in certi periodi dell’anno, in denaro,  perchè ( a differenza della conduzione dei grandi feudi), la gestione delle masserie richiedeva grossi capitali per i salari e per l’acquisto di attrezzi e di bestiame, per il lavoro artigianale: quale richiamo, pertanto essa dovevano costituire per le bande dei briganti e quale impegno dovevano porre, di contro, i massari o i proprietari nelle dotarle di idonee difese ? È un fatto, del resto, che un cospicuo numero di masserie della Murgia, di terra di Bari e del Salento, vengano attrezzate di strutture difensive proprio nella seconda metà del 1600: in genere sono masserie di notevoli dimensioni, spesso monumentali, costituendo esse oltre che centro di coordinamento delle attività agricole localizzazione di particolari attrezzature di tipo sia religioso che politico. Si pensi, al riguardo, alla chiesa

spesso presente anche se esterna al recinto fortificato, e dal fatto che in terra di Bari, per esempio, la masseria di pecore con annesso allevamento equino fu’ reputata come l’impresa più stabile espressa dalla economia feudale non soltanto per i vantaggi economici, ma anche politico considerato che  “l’aumentato esercizio della pressione baronale trovò nella pastorizia un valido appoggio per abbattere gli ultimi avanzi delle autonomie comunali”.

Soltanto dalla seconda metà del settecento si può riscontrare un nuovo generalizzato interesse verso la costruzione di “ difese” degli insediamenti rurali e cioè quando l’incidere della pressione demografica, il progressivo estinguersi degli usi civili ed il deteriorarsi dei rapporti fra proprietari e manodopera avevano spinti contadini a riproporre la questione demaniale. Questione che, ormai, non poneva più soltanto i contadini contro i borghesi, ma anche la piccola nobiltà locale e la borghesia agraria contro i massari: particolarmente “nell’ultimo decennio del secolo tutta la Puglia fu’ percorsa in

lungo ed in largo da intermittenti quanto violenti fremiti di rivolta, sia anti-baronale che anti-ecclesiastici, sia antiborghesi, che confluiranno in quella che fu’ detta l’anarchia del 1799”.

Ciò nonostante i redditi delle medie aziende agricole di tipo borghese, quelle formatesi per esempio intorno alle piccole masserie della Puglia barese settecentesca, raggiunsero un discreto grado di stabilità: spesso anche per merito delle “ fortificazioni”. Nella murgia ove 1835, a conclusione di quel processo iniziato nella seconda metà del settecento di cui si è fatto cenno, gli ovini che erano condotti da piccoli pastori si erano ridotto a 0,6% del patrimonio complessivo ed erano concentrati in pochi comuni.

Altro esempio nel tarantino con la masseria-santuario-convento dedicato a Maria Santissima della Madonna di Mutata; la masseria passata  in proprietà al  Sovrano Militare Ordine di Malta Gran Priorato di Napoli e Sicilia sino anni ’90 del secolo scorso ,oggi di proprietà privata destinata ad abitazione privata, aveva con una estensione  di 130.71.57 ettari con destinazione originaria ,masseria di pecore e di campo, presenza di chiesa. Nel 1869 essa

era intestata, nei possedimenti in agro della foresta, alla reale mensa arcivescovile di Taranto, espropriata il 19 maggio 1870 con circolare 14835, passando al demanio regio, la masseria era costituita da seminativo arborato tomoli 4, seminativo maggese tomoli 30 più 137, macchioso tomoli 48, oliveto tomoli 3. nel1882 il conte Pietro d’Aiala Valva acquisisce all’asta  dal Regio Demanio le terre della masseria (ex convento) della Mutata, e di tutti fabbricati, esclusa la chiesa. Tipologia. masseria accorpata a più corpi di fabbrica, con annessa chiesa .

Ciò non significò la scomparsa degli ovini e dei pastori, bensì la convalida della nascita, durante gli ultimi decenni del settecento ed i primi dell’ottocento, delle nuove grandi masserie di pecore che la borghesia andava organizzando o riorganizzando su terreni demaniali usurpati : masserie tutte , ormai, dotate di opportune difese ( generalmente costituite da ricinti attrezzati con caditoie e garitte pensili), in conseguenza del fatto tale

processo di trasformazione portò alla trasformazione di una sempre più ampia fascia di proletariato agricolo che, “ dismesso ogni rapporto stabile con la terra e con compromesso con le sue esigenze vitali avevano ormai perduto i costumi e la mentalità piccolo-contadina, accumulando nel suo seno una carica eversiva, che in questi anni già emergeva chiaramente attraverso l’intensificarsi dei furti ed il costituirsi di comitive di briganti”. Indubbiamente la crisi aprì un nuovo ciclo storico: da una parte una borghesia che, usurpando diritti civici e beni demaniali ed acquistando, a condizioni spesso vantaggiosissime, beni ecclesiastici, aveva sempre più mezzi finanziari per migliorare nettamente la produttività delle sue masserie e per aumentare i prezzi delle derrate; dall’ altra parte invece, profondamente scossa la solidità della famiglia contadina, nelle masserie pugliesi si andavano formando grosse concentrazioni di operai agricoli: “gli operai che la coltura di si ampie masserie sostengono sono i fuggitivi delle più lontane provincie del Regno o per cagione di debito o di delitto, e si uccidono i buoi, rubando la caparra e la semente, appiccando il fuoco alle messi ed esercitando, singolarmente l’arte infame dei grasatori”.

Ma , occorre precisare anche che i furti, gli incendi, le grassazioni dei braccianti agricoli non possono essere, nella stragrande maggioranza dei casi, qualcosa da accostare alla delinquenza comune: erano una risposta di classe a soprusi intestabili. Tale situazione non ebbe sostanziali mutamenti per tutto il secolo seguente: il brigantaggio è diventato ormai, la reazione più autenticamente proletaria delle masse rurali alla comprensione del loro livello

di vita ed alle espropriazioni, operate dalla classe borghese dei loro diritti, quotazione e terre demaniali, usi civili ecc., e pertanto, diventò sempre più temibile e feroce sino a condizionare notevolmente la vita nelle campagne. Da ciò l’importanza che, per gran parte dell’800, alla fortificazione di ogni insediamento rurale di una certa dimensione o di una certa importanza produttiva. Interessa constatare come il primo obbiettivo, raggiunto abbastanza presto, postosi dalla borghesi  fù quello di spezzare i legami tra le masse popolari cittadine dei grossi centri rurali della Puglia ed i briganti, costringendo questi ultimi a trovare rifugio nelle campagne ove più facile ( era ritenuto ) sarebbe stato sorprenderli ed ove, comunque sarebbero stati considerati dei comuni malviventi e non l’espressione più o meno autentica di istanze sociali.

I primi anni dell’800 furono indubbiamente anni difficili in Puglia e soltanto l’organizzazione di un moderno apparato repressivo, quale la presenza delle truppe francesi, evitò rivolte di grande portata: le campagne , comunque, vengono sempre più abbandonate alle scorrerie e le forze concentrate a difese di particolari insediamenti ( costituiti appunto dalle masserie fortificate), oppure in alcune zone, dei soli centri abitati e, mentre la borghesia locale organizzava la difesa delle masserie, le forze dell’ordine battevano giorno e notte  le campagne anche per reprimere o, quanto meno, controllare

 fenomeni insurrezionali che facevano eco a quanto avveniva nel resto d’Italia e particolarmente in Francia. A questo punto, scomparsa del tutto la pirateria e la guerra, la storia delle masserie fortificate in Puglia coincide con la storia del brigantaggio: del brigantaggio sia anteriore che posteriore all’unità d’Italia.

Già intorno al 1848 nelle campagne si riscontrò una evidente conseguenza dei moti liberali: non mancano, infatti, episodi di ribellione contro il potere costituito in Capitanata, in Andria, Barletta, in tutta la murgia borghese, ove” i contadini insorgono contro l’ordinamento economico e sociale in difesa del quale interviene la moderata borghesia liberale organizzando ovunque elementi disposti ad opporsi alle richieste dei contadini”. E ciò ripropone delle fortificazioni nelle stesse campagne: da questo periodo , che si protrae ( cadute tragicamente, per il mondo contadino meridionale, le illusioni alimentate dai liberali circa le conseguenze dell’unificazione d’Italia), fino agli

 ultimi decenni del secolo, si continua a fortificare i più importanti insediamenti rurali ,ma ciò viene in maniera approssimata e brutale; non vè riscontro in modo immediato negli edifici, più alcun rapporto d’amore verso la terra e le cose ad essa legate .Il mondo contadino ( ed in fondo, anche quello dei “ galantuomini” ), ha perso ogni speranza, dalla terra ha avuto, e continuerà ad avere sempre più dolori e sempre meno soddisfazioni. È ormai giunto il tempo di abbandonarla.

IL GRANDE CICLO AGRARIO

Se il rapporto risorse-popolazione è fondamentale nella società agraria, ritorna utile, per definire i processi e le fasi, servirsi del grande ciclo agrario.

Per la Puglia esso può fornire indicazioni molto importanti.

La prima fase del ciclo è costituita dalla “magra demografica” ,che è condizione preliminare del successivo sviluppo:

1) gli uomini sono pochi, i terreni incolti e i boschi abbondano e costituiscono altrettante riserve e risorse non sfruttate e disponibili per la riprese dell’espansione-

2) La proprietà fondiaria e la famiglia si sono riunite in grandi tenute e in casate poderose –

3)L’esiguità della rendita fondiaria tende a poco a poco a stimolate dissodatori, imprenditori e contadini;

4) i mezzi di sussistenza sono abbondanti e gli uomini, meglio alimentati, sono più sani, e dall’altra parte, si sono parzialmente e progressivamente immunizati contro la peste;

tutti questi motivi furono alla base di un nuovo periodo di espansione.

Nel corso di questo nuovo periodo, la popolazione comincia ad aumentare a ritmo sostenuto , mentre l’incremento economico è debole; da una parte abbiamo l’elasticità dinamica della popolazione, dall’altra l’ostinata rigidità della produzione agricola.

BIBLIOGRAFIA

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(12) Due linee di politica agraria, di Emilio Sereni. Edizione editori riunuti ottobre    1961.

(13) Formiconi di Puglia di Tommaso Fiore. Editrice Locaita. Manduria (TA) 1963.

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(15) Passato e presente di Antonio Gramsci. Editori Riuniti 1954.

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(19) A.A.V.V. – 12 masserie del tarantino a cura del circolo Italsider di Taranto.

(20) Prof. A. Fornaro. Il problema di Mesochorum. Bari 1973

(21) Le cento masserie di Crispiano (Taranto) a cura del Comune di Crispiano