14/20.SPECIALE UVA NOSCIA.IL SISTEMA RURALE DELLE MASSERIE DEL MERIDIONE:LA DOGANA ARAGONESE ED IL PAESAGGIO SOCIALE DAL XVI -XVII SEC. (PARTE 14 /20).

.

Tra il 1861 ed il 1899, il ritmo delle quotizzazioni si fà più serrato e  nel corso di meno di 30 anni circa 193.000 ettari vengono ripartiti tra 202.000 quotisti: ma , ancora più rapidamente di quello che non fosse avvenuto nei decenni precedenti, le piccole quote assegnate ai lavoratori agricoli delle campagne meridionali si riconcentrano nelle mani di pochi ( galantuomini); proprio così oltre che con le usurpazioni delle mani comunali si vengono ingrossando i patrimoni terrieri della nuova borghesia terriera meridionale.

Ad Eboli, ad esempio, in pochi anni tre famiglie che tutt’oggi restano le maggiori proprietarie del Salento concentrano nelle proprie mani quasi tutti lotti dei quotisti. A Teramo su 7260 quote ottenute con la ripartizione del demanio, pochi decenni dopo non più di 2777 restavano intestate ai primi assegnatari; a Barletta nel corso dei trent’anni le 880 quote assegnante a nulla tenenti sono passate per 3/4 in mano a grossi possidenti e così vai. A tutt’oggi del resto, nel paesaggio agrario del mezzogiorno si possono ritrovare le tracce di queste quotizzazioni, nelle rovine muretti a sesso e delle macere che ancora permettono di riconoscere i limiti degli antichi lotti ormai riconcentrati nelle mani di pochi proprietari. Il processo di quotizzazione di massa da il via dunque nel momento in cui molta gente è costretta a trarre il suo unico sostentamento dalla terra e le quote a lui spettanti dalla ripartizione è costretto a cederle in vendita in quanto non riesce a poter tenere neanche ghi animali per lavorare la terra, al processo di proletarizzazione di larghe masse  di produttori diretti costretti ad impegnare la loro forza lavoro al servizio di una impresa agraria capitalistica di stampo feudale, del cui prodotto non essi, ma solo il capitalista può disporre mentre proprio la forza lavoro, per contro, diviene l’unica merce della quale essi non possono disporre sul mercato. Nel momento in cui, insomma, il contadino non ha nessun vincolo che lo stringa alla terra e dove si pratica la grande coltivazione, sia nell’interesse del proprietario o del  fittavolo, il numero dei proletari e necessariamente copioso sono questi i luoghi in cui viene a determinarsi la formazione del cosi detto fenomeno del “brigantaggio”.

Ma laddove è in vigore il sistema della mezzadria, il numero dei proletari di campagna è scarso ed il fenomeno, quindi, non trova il terreno adatto a formarsi.

Un fenomeno, questo, di accanita rivolta sociale e non di deliquenza, come si voleva sostenere. Basti pensare che “ su 375 briganti che si trovavano nelle carceri della provincia della capitanata 293 appartenevano al misero ceto dei cosi detti braccianti”.

Il movimento di lotta era appoggiato dai contadini, i quali si vedevano assottigliare i loro miseri guadagni dalla politica fiscale condotta dai comuni nelle mani dei grandi proprietari del luogo e utilizzato assieme agli istituti giuridici, come mezzi di repressione economico politica.

 Così noi troviamo generalmente imposta in modo gravissimo la tasse sulla bestia da tiro e da soma, ossia principalmente sui muli e sui cavalli, che sono la proprietà maggiore dei contadini; e invece raramente èin proporzioni minime la tassa vera sul bestiame, ossia sulle vacche e sui buoi, perchè questi sono posseduti dai proprietari. Il Mezzogiorno e la sua problematica, dopo alcuni decenni dall’unità d’Italia, cominciò ad essere oggetto di studio e di inchieste da parte delle forze governative, nelle quali il meridione era rappresentato da quegli elementi che rappresentavano l’unico strato “ alfabetico” che era la borghesi terriera ed alla quale il sistema elettorale concedeva la possibilità di votare.

Dai risultati ottenuti, si cominciarono a prendere alcuni provvedimenti quali : il “ credito fondiario”. Intervento rientrante in quella politica che era il riformismo liberale.

I risultati che si ottennero furono solo negativi e non a caso l’intervento, successivamente, prese il termine di “ carnevale bancario”. L’esperienza del carnevale bancario del 1855 è significativa a proposito dell’inerzia dei capitali monetari nelle campagne meridionali: Banca d’Italia e Banco di Napoli autorizzati a scontare cambiali di cooperative di credito ad un tasso inferiore al normale, ed a coprire con queste cambiali nuove emissioni supplementari, riversarono nel Mezzogiorno tramite le banche popolari e le cooperative e le finanziarie locali, una notevole quantità di capitali, garantiti durante l’accensione di ipoteche sulla proprietà.” Agli occhi del popolo che già versava in ristrettezze si fece balenare il miraggio dell’oro”: il risultato di tutta questa vicenda fu’ l’accumulazione di una grande passività sulla proprietà fondiaria e la formazione di una cospicua proprietà terriera bancaria, costituitasi in seguito alle espropriazioni per il mancato rimborso. Con ciò viene a determinarsi un’ aumento della già grossa massa di prestatori di manodopera bracciantile e  dell’intensificarsi del fenomeno dell’emigrazione. La crisi agraria che intorno al 1880 colpi l’agricoltura europea e quindi anche quella italiana, con particolare riferimento a quella meridionale, aggravò la gia

difficile situazione dell’agricoltura meridionale e nel contempo cominciò a mettere in evidenza la politica sperequativa tra il nord ed il sud del paese, condotta dal governo liberale dell’epoca.

Per difendere il nostro grano, prodotto del meridione, spazzato dai mercati dall’espansione della cultura granaria americana e russa,  il governo istituì nel 1887 la famosa e tragica tariffa doganale.

Questa veniva a proteggere sostanzialmente i prodotti dell’industria settentrionale a grave scapito dei prodotti agricoli meridionali. Con questa tariffa doganale infatti, gli agricoltori meridionali erano costretti a comprare i prodotti industriali a prezzi eccessivi ed ad cedere il loro prodotto a prezzi esigui. Il che mise in evidenza oltre tutto, la grande potenza acquisitiva delle forze industriali del nord. Per cui, ancora una volta, il meridione e la sua agricoltura in particolare, pagava lo scotto della politica riformistica liberale.

Le conseguenze furono, oltre alle citate, quello  dell’incremento del fenomeno migratorio che, tra 1901 ed il 1913, fece registrare complessivamente gli 8 milioni di individui: 4.740.000 emigrarono oltreoceano e , di questi, 3.374.000 erano contadini meridionali. La mole del fenomeno costrinse il governo a prendere dei provvedimenti, miranti all’espansione agricola per soddisfare, “la fame di terra” dei contadini, come se in Italia non c’è ne fosse abbastanza di terra fertile e coltivabile perché , secondo il Salvemini, l’Italia non era povera. Furono questi i momenti in cui ,è particolarmente dopo il fallimento della politica coloniale, che le forze armate sostenitrici di un rinnovamento completo del sistema governativo delle linee di politica economica da attuarsi principalmente con una maggiore rappresentatività delle masse della gestione della cosa pubblica, trovarono notevole consenso tra le masse.

Tra queste ci fu’ il partito socialista, che però era incapace di organizzare queste masse per farle contare nelle scelte e per determinare dei cambiamenti sostanziali in esse; il partito popolare di Luigi Sturzo che però aveva il difetto di voler “ rappresentare interessi di conservazione agraria ed esigenze contadina e popolare”.

Quando nel 1915 la borghesia italiana decise, per soddisfare i suoi appetiti imperialisti, di partecipare alla guerra, il maggior ostacolo che incontrò sulla via di questo crimine fu’ l’opposizione dichiarante dei lavoratori e sopra tutto

delle masse contadine, che come da per tutto , erano destinate a costituire il grosso dell’esercito combattente, si promise, per convincere i contadini, che una volta ritornati dalla guerra gli si sarebbe data la terra che essi chiedevano.

BIBLIOGRAFIA

(11) Mezzogiorno tra riforme e rivoluzioni. Di Pasquale Villari. Edizioni Laterza Bari.

(12) Due linee di politica agraria, di Emilio Sereni. Edizione editori riunuti ottobre    1961.

(13) Formiconi di Puglia di Tommaso Fiore. Editrice Locaita. Manduria (TA) 1963.

(14) Il risorgimento di Antonio Gramsci. Editori Riuniti 1955.

(15) Passato e presente di Antonio Gramsci. Editori Riuniti 1954.

(16) Scritti sulla questione meridionale. VI parte primo e secondo volume di  Francesco Saverio       Nitti. Edizione Laterza 1968 Bari.

(17) Storia d’ Italia. Dal primo settecento all’ unità. Terzo volume. Edizione G.Einaudi  editore  1973.

(18) Storia d’ Italia .Dall’unità ad oggi. Volume IV.Edizione G.Einaudi 1975.

(19) A.A.V.V. – 12 masserie del tarantino a cura del circolo Italsider di Taranto.

(20) Prof. A. Fornaro. Il problema di Mesochorum. Bari 1973

(21) Le cento masserie di Crispiano (Taranto) a cura del Comune di Crispiano