20/20.SPECIALE UVA NOSCIA.IL SISTEMA RURALE DELLE MASSERIE DEL MERIDIONE:LA DOGANA ARAGONESE ED IL PAESAGGIO SOCIALE DAL XVI -XVII SEC. (PARTE 20/20).

Questo piano come era logico ed auspicabile ha scatenato grosse critiche.

E quindi confortato da questa situazione, sembra conseguenziale:

-la città và mantenuta nell’attuale dimensione metrica per la nuova, e nella sua vecchia dimensione per il centro storico, aiutando la stessa ad esprimere le proprie potenzialità.

-riprogettare la città prodotta negli anni ‘60,cercandogli una dimensione urbana, e attrezzandola con elementi urbani quali possono essere le attrezzature che oggi totalmente mancano.

-cercare di eliminare la divisione per parti della città

-recuperare un vecchio e solido rapporto, tra la città ed il territorio, visto attraverso la motivazione economica, ed infatti si è convinti che nel nuovo rapporto città-territorio-masserie, visto anche attraverso lo sviluppo del MEC del 1992,vi sia il futuro sviluppo della futura ed auspicabile dimensione urbana della città.

Ed infatti, pur ripetendo, si afferma, che nella storia della città siano da cercare gli elementi per risolvere i problemi della città di oggi in crisi, bisogna solo avere la capacità e la sensibilità di cercarli, ciò che in buona parte nei progettisti (siano essi urbanisti, architetti, ecc.) manca ed è mancato.

Terre di proprietà dei contadini, l’unica terra che viene man mano abbandonata, è proprio quella delle masserie di proprietà di vecchi signori locali, i quali intendo ancora dare, nel ’60 un’impronta produttiva di tipo feudale all’agricoltura, situazione chiaramente inaccettabile, da parte della manodopera bracciantile, la quale vede nel mostro siderurgico, la possibilità economica di poter strappare al vecchio padrone, delle quantità di proprietà terriere.

Si riportano alcuni dati sull’attività agricola, tratta dalla op.ci. in bibl. del capitolo terzo :

                    SITUAZIONE AL 1983 COMUNE DI GROTTAGLIE

-ettari coltivati a vite 5.790,di cui 3.820 ettari per uva da tavola e 1.970 per uva da vino.-tipo di uva prodotta: uva italia, regina, cardinale, malvasia, moscato d’Amburgo, san giovese, pinot, chardonay.-per ettaro si producevano dai 130 ai 360 quintali, quantità da ridurre a vantaggio dell qualità. -Totale uva prodotta 610 mila quintali di uva da tavola di cui 50.000 quintali di uva da vino. Dai dati forniti dalla locale Banca Popolare Jonica e dalle associazioni di categoria, risulta che, il ricavato medio delle vendemmie risultava di circa 25 miliardi di cui 18 tratti dalla vendita dell’uva da tavola. Al 1983 risultavano impiegate nell’agricoltura ufficialmente 3.432 unità, industria 3375,fatto curioso è che i parenti, quali mogli e figli, degli addetti alla industria erano le unità impiegate in agricoltura, da qui il sommarsi dei redditi.

3.3 Classificazione storico-geografica delle masserie dell’agro del comune di Grottaglie al 1989

Per poter meglio comprendere il rapporto esistente nel tempo tra città-territorio-masserie, e quindi comprendere e seguire tutte le modificazioni che tale rapporto ha subito, oltre alla ricerca storica dell nascita ed evoluzione del sistema rurale delle masserie già esposto in precedenza, si è voluto vedere e capire, quale fosse la situazione di tale sistema, oggi, per poter meglio cogliere le eventuali potenzialità, che si teorizza, di poter riutilizzare ai fini di un recupero chiaro di quello storico rapporto, infatti, seguendo un itinerario alquanto complesso, si è individuato sulla planimetria 1:10.000 del comune di Grottaglie le masserie, successivamente all’U.T.E. (ufficio tecnico erariale di Taranto) si sono rilevate le proprietà e le consistenze agricole con le relative destinazioni d’uso.

Successivamente presso l’archivio di stato di Taranto, si sono ricostruiti, limitatamente a certi periodi (1700-1975),i vari passaggi di proprietà e le diverse variazioni di consistenza agricola, ed infine tramite le particelle catastali ho riportato le consistenze agricole attuali sulla planimetria 1:10.000;successivamente con tali dati, si sono effettuati verifiche in loco, sulle masserie oggetto di studio per una verifica di veridicità dei dati e per effettuare una documentazione fotografica.

Dopo tutto questo, consultando vari testi e contattando vari studiosi, tra cui il Prof. Dino Borri presso la facoltà di ingegneria dell’università di Bari, si è potuto riprodurre la situazione delle masserie in Puglia ,riportando nel particolare, l’elencazione delle masserie della provincia di Taranto.

Dopo questa laboriosa ricerca si è potuto capire che non solo il fenomeno delle masserie, se pur visto il più delle volte come dimensione vuota, esiste, ma è rilevantemente presente sul territorio pugliese.

Prendendo poi in considerazione l’agro di Grottaglie, si vede come queste masserie, tolte alcune, abbiano conservato prima di tutto (in alcuni casi in ottime condizioni) la parte urbana della masseria ,e in secondo luogo (inteso in senso numerico ma senz’altro di primaria importanza) una vasta zona agricola che oscilla dai 50 ai 130 ettari, posseduti a tutt’oggi dagli eredi dei vecchi proprietari feudali.

Tali proprietà, ripercorrendo a ritroso la loro storia sono rimaste praticamente immutate  nella loro consistenza, e i proprietari attuali salvo in alcuni casi, hanno utilizzato queste vaste estensioni di terreno in maniera ridotta, fosse anche dovuto, alla mancanza di un vero e proprio sistema organizzato  dello sfruttamento del suolo, dovuto anche alla mancanza di quella manodopera che nel ‘60 fù assorbita all’interno dell’Italsider, e per tutta una serie di ragioni in parte evidenziate in precedenza.

Quindi dopo aver evidenziato che, le quasi immutabilità di questo sistema e date le sopravvenute situazioni esterne quali:

– crisi del sistema industriale.

– Espulsione di forti quantità di mano d’ opera dall’ industria.

– Difficoltà nel reperire posti di lavoro per i giovani.

-Crisi del sistema urbano:

è quasi obbligatorio e necessario prendere in seria considerazione il riutilizzo di tale sistema rurale che oltre a riconsolidare il precedente rapporto, diventa unica e possibile fonte di reddito per la popolazione insediata.

Dico di reddito per la popolazione insediata in quanto sono già tangibili all’ interno di questo sistema, elementi esogeni: ed in particolare si inizia ad assistere all’ acquisto, di   alcune di  queste masserie, da parte di commercianti siciliani con capitali provenienti dal nord d’Italia, i quali avendo percepito le potenzialità del sistema, in vista del traguardo del 1992,tentando di monopolizzare economicamente queste zone, con l’inevitabile conseguenza del fenomeno della salarizzazione (da salario) della manodopera locale, a cui la gente del luogo tenterà sicuramente di opporsi, portando inevitabilmente ed ancora una volta delle aspre conflittualità sul territorio, che non gioveranno nè alla popolazione nè alla città.

 La masseria, come avremmo modo di dire è costituita sia da una parte edificata che da una parte destinata a coltura.L e uniche proprietà  mutate nel tempo in maniera parziale,sono state quelle di proprietà degli ordini religiosi, mentre quelli di proprietà della reale mensa arcivescovile, seguendo vari percorsi giudiziari sono ritornati ai vecchi proprietari sotto vari nominativi, si vedono il Principato dell’ordine di Malta odierno proprietario della masseria della Mutata una volta sede dei famosi templari.

CAPITOLO  QUARTO

Il recupero della centralità della dimensione urbana attraverso il recupero del rapporto tra città-masserie-territorio. Fase propositiva-conclusioni

4.1 Ipotesi di utilizzazione del territorio agricolo pugliese.

La tesi sostenuta in precedenza di un eventuale riuso delle masserie, viene confortato dalle particolari direttive che la Regione puglia ha indicato all’interno di un programma, di recupero economico delle varie regioni ad alta vocazionalità agricola su proposta della CEE.

Infatti la CEE, tramite  dei fondi (1),ognuno visti nella propria specifica finalità, si propone in modo specifico di contribuire a correggere i più gravi squilibri regionali in seno alla comunità. A tal fine i fondi ed in particolare il F.E.R.S.  partecipa allo sviluppo e all’adeguamento strutturale delle regioni più arretrate, e alla riconversione di quelle industrializzate in declino, intervenendo in misura importante a favore di progetti individuali di investimento in infrastrutture o nelle attività industriali, artigianali e di servizio.

 Le notizie di seguito riportate sono state gentilmente fornite dal Dott. Nuzzo addetto agronomo presso l’ufficio agricoltura del comune di grottaglie. Ed ancora da :”notiziario agricolo regionale-Regione Puglia-Dicembre 1988.

I fondi sono:

-il F.E.R.S fondo europeo di sviluppo regionale

-il F.S.E  fondo sociale europeo

– F.E.O.G.A fondo europeo di orientamento e garanzia

Le azioni specifiche hanno essenzialmente lo scopo di prevenire gli effetti negativi provocati in alcune regioni, e in parti  di territorio, come è stato per la provincia di Taranto, con l’ampliamento eccessivo della popolazione insediata, affiancando a questi territori le politiche CEE, attraverso la riconversione, da territori ad uso industriale (siderurgia, cantieristica), a territorio ad uso agricolo.Uno dei fondi più importanti risulta essere il F.E.O.G.A   il quale non fà altro che, proporsi, la riforma dei fondi strutturali tramite la banca europea: Tali fondi in oltre, si propongono l’obbiettivo, che così si possono esprimere in pochi punti:-promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni, in cui lo sviluppo è in ritardo.- Riconvertire le regioni o parte di essa (compresa i bacini di occupazione e le comunità urbane) gravemente colpiti dal declino industriale.

-lottare contro la disoccupazione.

-facilitare l’inserimento dei giovani.

prospettive per la riforma delle politiche agrarie, tramite;

a) accelerare l’adeguamento delle strutture agrarie

b) promozione dello sviluppo delle zone rurali.

(2) Che poi sostanzialmente, non si propone altro, che il ripristino, del mal tolto,e cioè l’attività agricola.

 Entro cui rientra il nuovo regolamento CEE n. 2052/88 del 24.06.88

4.2 Potenzialità agricole-climatiche del territorio compreso fra Taranto e Grottaglie .

La potenzialità di questi suoli se si escludono i litosuoli con roccia affiorante,  . sono da considerarsi nella maggior parte dei casi, discreti o buoni, dal punto di vista agrario.

Essi se sono nelle condizioni naturali, e cioè non irrigati, garantiscono delle buone produzioni, se irrigati, la produzione diventa eccellente, specialmente per quanto riguarda l’arco jonico avente quota compreso entro i 150 mt. s.l.m. (Grottaglie e’ a 131 mt. s.l.m.).

Tali suoli infatti, per le condizioni morfologiche, fisiche, chimiche ed idrogeologiche si prestano molto bene alle trasformazioni irrigue, con conseguente possibilità di insediamento di nuove colture. Questi terreni non sono suscettibili a fenomeni di salinizzazione e alcalizzazione, data la mancanza di ioni alcalini sia in soluzione circolante nelle acque, di potenziale sfruttamento irriguo sia nel terreno.

La scelta colturale in tale zona di trasformazione irrigua dipende prevalentemente dalle caratteristiche agro-pedologiche e climatiche dei luoghi in esame, ed interessa in modo particolare la scelta delle colture ortive.

Anche oltre i 150 mt., i suoli sono sempre suscettibili di buone produzioni, siano esse tradizionali, che quelle auspicabilmente di sperimentazione.

Dal punto di vista climatico, questa area (area jonica) risulta la zona mediamente più calda della Puglia, in quanto essa è compresa tra le isoterme medie annue ridotte al livello del mare di 17° e 18° (Bari, Brindisi, Lecce comprese tra 16° e 17°), l’inverno è mediamente meno freddo delle altre zone. La piovosità è annualmente di circa 500 mm. di pioggia concentrati in 58 giorni di pioggia, compreso nel periodo Novembre/Dicembre. Per quanto riguarda i venti, questa zona e’ attraversata in tutto il periodo dell’anno da venti moderati che rendono piacevole il clima.

In merito alle acque sotterranee, il territorio indubbiamente, non ha un’alta presenza di fonti irrigue, in particolar modo in superfice, mentre le acque sotterranee , in particolare zone, tramite perforazioni risultano molto generose ed in particolare nella zona in esame, risultano particolarmente presenti ( pozzi artesiani).

 Buona parte di queste notizie sono tratte da :variante generale P.R.G. -A.S.I. (area di sviluppo industriale) di Taranto,  .schema generale di piano urbanistico territoriale tematico della provincia di Taranto (legge regionale 56/80) redatto dal Prof. Marcello Vittorini Luglio 1980.

4.3 Conclusioni

“l’agricoltura è un elemento della vita sociale, dalla sua coltivazione provengono sia le cose di cui l’uomo si nutre, sia le materie che servono a fabbricare altri beni necessari alla vita. La grande maggioranza della popolazione del globo vive e lavora sulla terra.”

Da questo elementare concetto, che parte la tesi di proporre il riuso di quel sistema agricolo,  che aiuti contemporaneamente il riequilibrio, tra entità urbana e territorio.

Per quanto riguarda la città’, nel paragrafo 3.2 si sono indicate le vie generali, dell’ipotesi di intervento che possiamo così riassumere e concretizzare:

-contenimento dell’eccessiva espansione dell’attuale città’.

-ridare centralità al centro antico, tramite un recupero fisico e dimensionale, andando a collocarvi quelle attività una volta esistenti strettamente collegate con attività agricola ( segue schema delle indicazioni progettuali ); e chiaramente inserire altre attività, di tipo commerciale ed artigianale, con il relativo recupero di alcune attività scomparse (lavorazione pellami), attività legate strettamente a quei fenomeni produttivi esistenti (ceramiche) e futuri (masserie).

-eliminare necessariamente, la divisione per parti della città’ consolidando ulteriormente il rapporto, tra città’ e territorio, dove comunque il rispetto tra ambedue diventa d’obbligo.

Queste riflessioni propositive possono essere giustificate solo se, quel sistema delle masserie nega recuperato, è d’obbligo il condizionale in quanto, come avemmo modo di dire, è impensabile non solo lo spropositato sviluppo della città’ ( nuovo PRG), ma addirittura diventa elemento primario, il recupero, per un futuro ed auspicabile mantenimento sia dell’entità che della dimensione urbana .Tale riuso può essere concretizzato, attraverso degli elementi organizzativi dei vari sistemi di produzione, strettamente legati alle direttive sia regionali che comunitarie che così si possono esprimere ed articolare:

-potenziamento infrastrutturale, in particolare mezzi di comunicazione, in parte gia’ avvenuta con l’apertura dello scalo aereoportuale della città’.

-promozione, dello sviluppo di nuove colture ( dato il particolare clima) in modo tale da poter differenziare le produzioni;

-migliorare l’aspetto qualitativo delle produzioni tradizionali;

-reinserire vecchie colture, quali il cotone, colture proteiche, ricino;

-inserire colture industriali energetiche tipo, topinabur, sorgo zuccherino,tessili quali, kenaf, officinali quali, camomilla, liquirizia, finocchio;

– valorizzare commercialmente le produzioni locali .

 Infatti il sistema siderurgico e’ entrato irrimediabilmente in crisi riversando tale crisi, sulle diverse città’ della Provincia di Taranto e su Taranto, in cui si cerca di trocare infaticabilmente elementi di motivazione economiche e produttive, tale da consolidare l’esistenza urbana di tali centri. Infatti la mancanza di tali elementi porta inevitabilmente a svariati problemi di tipo urbano e sociale.

 E’ assurdo, leggendo i dati che seguono, non capire questo elemento importante: esportazione di vino dalla Puglia 1987 ( tratti da notiziario agricolo regionale Dicembre 1988) : area di maggior produzione, area jonica ;

vini doc verso, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Regno Unito, USA quintali 25.507 per un valore di  lire 2.784.000.000:Vini non doc esportati ai paesi citati in precedenza a cui si aggiunge la Francia, quintali 1.747.828 per un valore di lire 68.050.000.000 di cui 1.706.675 quintali vanno alla Francia, a riempire le bottiglie doc, rispediteci successivamente ad alto costo. Trasformazione del prodotto locale, particolari studi di mercato per la commercializzazione del prodotto, incentivazione e creazione di cooperative agricole, nascita del marchio di qualità attraverso la delimitazione di zone e denominazione di origine controllata.

-sfruttamento e potenziamento delle infrastrutture rurali presenti (masserie) sul territorio.

-creazione di impianti pilota quale quello che è in funzione a Potenza per la trasformazione dei cascami vegetali, frutto della produzione agricola, in produzione di fonti di energia alternativa quale’ il carbone ecologico.

Tutte queste proposte, frutto a mio dire, di un processo di analisi forse più concreto e realistico che teorico, porta inevitabilmente a dire che il quarto centro siderurgico fa’ parte, direi, della storia del territorio anche se, questa definizione e’ fortemente opinabile, e che il futuro di questo territorio va’ ed e’ stato cercato nella storia del territorio stesso, nelle sue diverse caratterizzazioni quali sono state la città’ e le masserie.

E e’ quindi in questo tessuto storico, la maglia di definizione per una nuova e futura dimensione urbana o meglio di città, in cui i fattori definenti la stessa, quali dimensione, complessità, struttura, spessore, rapporti interpersonali, ed altro, trovano il giusto peso, odierno, ed un altro altrettanto recupero di un antico e solido rapporto, quale appunto quello tra citta’-territorio e masserie, che venne irrimediabilmente intaccato dal fenomeno della industrializzazione.