Dopo 12 lunghi anni, si chiude finalmente il processo sul fallimento della Banca Popolare della Valle d’Itria e Magna Grecia. Dodici anni in cui mio padre, 𝐀𝐥𝐝𝐨 𝐂𝐚𝐬𝐬𝐞𝐬𝐞, insieme ad altri membri del CdA, è stato costretto a difendersi dall’accusa infamante di bancarotta.
Oggi, dopo anni di attese e sofferenze, la verità è chiara: 𝐓𝐔𝐓𝐓𝐈 𝐀𝐒𝐒𝐎𝐋𝐓𝐈.
Ma dodici anni non si cancellano facilmente. Per dodici anni, in molti hanno approfittato di questa accusa per attaccare me e la mia famiglia. Mio padre, un uomo e un imprenditore dall’integrità impeccabile, già Cavaliere della Repubblica, trasformato agli occhi di alcuni in un “delinquente” solo per convenienza politica. Durante la mia candidatura e il mio mandato, non sono mancati i “leoni da tastiera” e gli avvoltoi politici, pronti a usare questa vicenda per screditarmi.
E adesso? Ora che il tribunale ha parlato, qualcuno chiederà scusa?
So già la risposta: 𝐍𝐎.
So chi sono quelli che hanno gettato fango, ho i loro nomi e potrei pubblicarli, ma non lo farò. Non perché non se lo meritino, ma perché io non scenderò al loro livello.
Ma c’è una verità che non leggerete sui giornali e che nessuna sentenza scriverà. La verità è che la fine della Banca Popolare della Valle d’Itria e Magna Grecia non fu frutto di un crac, ma di una decisione presa a tavolino. Tra il 2010 e il 2011, la Banca d’Italia avviò la liquidazione coatta amministrativa di quattro piccole banche locali (tra cui la nostra) a vantaggio di istituti di credito più grandi. Fu una scelta politica ed economica, non un fallimento.
E fu portata a termine con metodi discutibili, come lo spostamento dei clienti migliori e dei loro portafogli verso altre banche o la cessione delle attività e passività per 1 euro durante il commissariamento delle banche. Il risultato?
Una banca del territorio spazzata via. Azionisti lasciati con perdite ingenti, inclusi quelli che, come mio padre, erano vittime e non carnefici. Ma a pagare il prezzo di questa operazione sono stati anche la dignità e la reputazione delle persone.
Oggi, la giustizia ha parlato.
Dodici anni dopo, possiamo finalmente archiviare questa storia. Senza rancore, ma con tanta amarezza.
Perché il tempo toglie tutto, ma non restituisce la dignità persa per strada. A tal proposito, un pensiero va al 𝐒𝐞𝐧. 𝐆𝐢𝐮𝐬𝐞𝐩𝐩𝐞 𝐒𝐞𝐦𝐞𝐫𝐚𝐫𝐨, già Presidente della banca, venuto a mancare prima dell’epilogo positivo di questa vicenda.
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