OGGI RICORDIAMO ANCHE FATTI E CIRCOSTANZE DELLA RESISTENZA .QUELLA DI PAOLO FARINETTTI E PIERO URATI “IL PARTIGIANO PIU’ RICCO D’ITALIA”.
Report per la RAI pubblicava “IL PARTIGIANO OSCAR”
Nel quotidiano online ALIMENTANTO il figlio di Farinetti dichiarava “È stata rievocata una vicenda del 23 maggio 1946, allorché, dopo la conclusione della guerra, tre ex partigiani della brigata comandata da Farinetti, a Torino, fecero un ‘colpo grosso’, rubando due milioni e mezzo di lire, sottratti agli stipendi degli operai della Fiat. A seguito di quella rapina, i carabinieri di Alba avrebbero arrestato i tre esecutori materiali, ma anche lo stesso Paolo Farinetti, con l’accusa di ricettazione, nata perché l’ex partigiano avrebbe preso una parte del bottino.
Interpellato in merito durante l’intervista concessa a Report, Oscar Farinetti si è limitato a dire: “Oddio, ma vuol parlar di questo? Non ho voglia adesso di parlare di cose che sono state poi chiarite completamente”. Fiat chiese la restituzione del denaro entro dieci anni, trascorsi i quali la cifra rientrò in possesso dell’azienda torinese. L’inflazione in quegli anni era altissima: “Praticamente si trattò di un prestito a fondo perduto“, ha affermato durante la trasmissione il consulente economico di Report. Il 16 luglio 1947, Paolo Farinetti venne condannato a due anni e mezzo di carcere“
In questi giorni ci siamo imbattutti in un articolo del giornalista GIANFRANCO STELLA IN “IL PARTIGIANO PIU’ RICCO D’ITALIA”.
Tutte le guerre stravolgono ordinamenti e posizioni sociali.La Resistenza più di altre.
Mi riferisco alle migliaia di ricchi che persero tutto, anche la vita e proletari che con la Resistenza divennero milionari. Piero Urati fu uno degli esempi più sconcertanti. All’8 Settembre evase dal carcere di Torino ove era detenuto per reati comuni. Nulla di politico. Formò una banda e si diede alla resistenza: contro il sistema che l’aveva punito, contro i fascisti difensori di quel sistema e contro i tedeschi alleati dei fascisti. Spavaldo e coraggioso imperversò nel Canavese compiendo rapine, uccidendo centinaia di “nemici”, temuto anche dai vari Cln incapaci di controllarlo e dal partito comunista che non riusciva ad accaparrarselo. Rifiutò coinvolgimenti politici e combatté una battaglia sui generis con audacissimi colpi di mano e centinaia di eliminazioni.
Una volta mitragliò quaranta reclute della X Mas che catturò in un vagone alla stazione di Mercenasco mentre festeggiavano il capodanno del ’44. Li mitragliò sulla golena del torrente Orco, divenuta il cimitero della sua banda. Vessò ed estorse cospicue somme a industriali e imprenditori i quali, temendone la spietatezza, finirono per finanziarlo quando si convinsero della sua neutralità politica e della protezione che avrebbe garantito. Riuscì sempre a sfangarla quantunque ricercato a morte anche dai vertici dell’antifascismo torinese, i quali non potevano tollerare che continuasse a screditare la resistenza.
Piero Urati fu un comandante spietato, implacabile, impulsivo e violento anche coi suoi partigiani che puniva con fucilazioni non sempre revocate all’ultimo momento per intervento del parroco di turno. La fortuna di Piero Urati esplose improvvisamente il 25 aprile del ’45 a Castellamonte, quando si impossessò della cassa della divisione Monterosa. Si trattava di centoventi milioni di lire in banconote, forse centotrenta che invitato a versare al Cln di Torino trafugò con vari pretesti e che restituì solo in parte. Secondo le mie ricerche trenta milioni finirono nelle sue tasche, una cinquantina al Cln di Torino e una quindicina al partito socialista di Pertini coi quali acquistò il palazzo di via Pastrengo che divenne la sede del Psiup.
Pertini in cambio gli offrì protezione e impunità. L’Urati divenne così il partigiano più ricco d’Italia. Acquistò appartamenti, terreni, aziende agricole e cooperative che presero il suo nome. Anche una Rolls Royce, una “camargue” che, unica in Italia, volle di colore azzurro.
Nessuno più gli chiese conto di quel denaro che aveva trafugato quantunque appartenesse allo Stato. Visse nell’agiatezza fino al 2011, quando tirò le cuoia in una lussuosa clinica torinese. Aveva 89 anni.
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