MONACI BASILIANI DEL SUD: CRIPTE, MONASTERI E SANTUARI MARIANI EXTRAMOENIA

In occasione del G7, con l’arrivo a Grottaglie dei consorti e consorte dei capi di Stato e di Governo . ha occupato le cronache la visita svolta  nella cripta  scoperta nella gravina di San Giorgio a Grottaglie, nello storico Quartiere delle Ceramiche che  ha restituito tre affreschi raffiguranti San Nicola, Santa Barbara ed il Cristo benedicente.

Si tratta di un trittico in fase di datazione, che potrebbe contribuire a definire meglio i rapporti tra i vari nuclei abitativi presenti a Grottaglie tra il XII e il XIII secolo. La datazione degli affreschi consentirebbe di comprendere l’evoluzione dei nuclei e degli insediamenti abitativi.

Raccontiamo oggi storia di chi ha dato origine a questi luoghi di culto, approfondendo le letture delle architetture,  affreschi e  usi di cripte, monasteri e santuari Mariani extramoenia.

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Lo studioso Ciro Cafforio in “Santa Maria Mutata”, introduce ad un dettagliato studio della presenza dei monaci bizantini e dell’ampia contaminazione nel territorio pugliese, in gravine in calcarenite, campagne ed ambiti pre-urbani.” In terra jonica, la storia cominciò con la dominazione greco-romana, durante la quale l’aspetto delle culture agricole e della vita umana non doveva essere molto dissimile da quello degli anni ’50 del secolo scorso, perché i prodotti del suolo e dell’industria zootecnica concorreva all’approvvigionamento alimentare di Rudia e Salete (villaggii rupestri), Mesocorum (masseria-posta per cambio dei cavalli, sulla diramazione della via Appia-Traiana) e Taranto”. Insieme ai villaggi rupestri erano presenti sul territorio molte masserie d’impianto romano, più delle volte fortificate o in vicinanza di gravine disegnate nel tempo dallo scorrere di corsi d’acqua, luoghi di produzione di vino,miele, olio, e si raccoglieva timo e pascolavano le mandrie di vacche e i  “pingui armenti ricordati da Virgilio”, e i vivaci puledri che erano la gioia e l’orgoglio della cavalleria tarentina. Diversi i reperti archeologici rinvenuti nelle campagne da contadini, di essi, molti sono da corredo domestico delle proprie umili abitazioni, non comprendendo l’importanza storica degli stessi, quale testimonianza della vita che si svolgeva nei tempi antichi in questi luoghi.

Al riguardo, nelle antiche masserie fortificate e non (che tratteremo di seguito) evoluzione architettoniche e funzionali delle ville romane, si sono avuti rinvenimenti di resti di un mausoleo di stile jonico , masseria Celano, e di una necropoli di schiavi nelle terre di masseria Lupoli, insediamenti ubicati nei pressi  del nei pressi del Regio Tratturello Martinese. Le tombe erano corredate di iscrizioni che rilevavano tra questi servi l’esistenza di una società o “ di collegia funeraticia” d’indole religiosa, che provvedeva alla inumazione dei soci defunti. Il Cafforio riporta che “le iscrizioni incise su pietr tombali conservate nel giardino della masseria Lupoli quali la prima: D (iis) I (nferis) S (sacrum)- AN (imo) P(io)- URSILLA SERVA CAS (si) VIX (it)-ANNISXXXXFICULI-FORTNATUS MAT(ri) BEN (e)-MERENT(e)-H (ic) S (itus) E (st).La seconda: CAMULUS – CRISTNILLAE – SER (vae) I (n) S (ulae) GREC (ae)- VIX (it) AN (ni) XXXV – H (ic) S (itus) E (st).La terza lastra ; SUSCESA –CORA CAS (s) I –SERV (a) A (nni) S XL. Con la caduta dell’impero di Roma, in venta’anni di cruenti e rabbiosi conflitti, tra Goti e Bizantini, le terre del Salento furono saccheggiate e spopolate da quelle bande indisciplinate, sacrileghe e feroci, Oria cadde in potere di Tolli nel 547 e Taranto fu presa di forza, perduta e ripigliata per quattro volte dal 508 al 551,mentre Brindisi fù devastata ben sei volte a vicenda dai Goti e dai Greci.

L’antica Rudia, patria di Quinto Ennio, situata sulla via Tarentina, e Mesocorum sull’Appia, furono rase al suolo; Salete fu danneggiata, ma non distrutta, perché lontana dalle due vie suddette, sulle quali transitavano gli eserciti avversari che facevano la spola fra Taranto e Brindisi per il possesso delle due città. Molti abitanti dei villaggi, si riunirono nelle lame più profonde del cordone collinoso che attraversa la zona, qui scavarono sui fianchi tufacei le abitazioni e misero a cultura le terre circostanti, iniziando così la ricostruzione dell’economia agraria e dando vita ai nuovi abitati di Risciu (gravina di Riggio), Casale Magnum-Grottaglie (Kriptalys e dal greco Κρυπταλύς, nome che sottolinea la presenza di grotte krypta, κρύπτα),  e di Casale Parvum ora Lama dei Pensieri.

I Bizantini ebbero ragione dei Goti, i quali non erano graditi dal popolo che vessavano con esosi balzelli, per questo indebolirono la propria posizione dominante, che consentì ai Longobardi, nell’anno 668,provenienti da Benevento , occuparono Taranto e Brindisi con buona parte dell’antica Calabria, introducendo così un nuovo sistema di economia.

Il nuovo sistema era costituito dai “curtense”, i luoghi preferiti dai comandanti longobardi erano quelli ubicate lungo le vie di grande comunicazione, per respingere più agevolmente la marcia degli eserciti avversari.

Sulla via Tarentina (il Regio Tratturello Martinese), furono installati colonie militari longobarde dal nome Curtes Maiores (oggi masseria curtemaggi) ed il Gualdo tarentino.

Con il nuovo sistema curtense l’agricoltura si avviò al meglio, e favorì una relativa pace, grazie anche all’arrivo di un certo numero di monaci orientali denominati “basiliani”.

La lotta dommatica era sorta in Oriente sotto l’imperatore Leone III, detto l’Isaurico, il quale, nell’anno 726, aveva pubblicato il primo editto contro il culto delle sacre immagini. Ma la distruzione di queste e le persecuzioni contro gli adoratori cominciarono dopo il 721, sotto il regno di Costantino Copronico .I vescovi che non osservarono l’editto imperiale vennero deposti, ed i difensori delle immagini, specialmente i monaci, perseguitati, maltrattati e tratti a morte. A molti vennero cavati gli occhi , tagliate le orecchie, troncate le mani, unti con pece e bruciata la barba, mentre ad altri venne fracassata la testa con le stesse immagini. Costantino inoltre voleva abolire il monachesimo e costringeva i monaci ad ammogliarsi.

I religiosi per sottrarsi alle persecuzioni fuggirono, cercando ospitalità presso i fratelli latini, esempio seguito “ da molti artisti che vennero in Italia e a Roma, dove erano certi che loro si preparavano accoglienze ospitali”.

I monaci orientali in gran numero vennero nell’Italia meridionale, attratti non solo dalla natura del luogo, che ben si confaceva alla loro vita ascetica, ma principalmente da un sentito diritto di ospitalità. Santo Stefano Iuniore, egumeno di Costantino, durante la lotta icononoclasta, consigliava i monaci di recarsi in Italia. Non era questa la prima volta che gli Orientali facevano appello alla carità della chiesa Occidente; ne avevano ricevuto amorevole appoggio sotto la persecuzione di Valente (364-378) e durante il regno di Costanzo (337-350).La tradizione vuole che molti monaci fuggiaschi raggiunsero anche Taranto, o attraverso l’Appia o direttamente dal mare, e il vescovo della città , certamente con l’assenso delle autorità militari e politiche longobarde, li destinò ai diversi casali della sua giurisdizione spirituale.

Quindi i monaci detti “basiliani non arrivarono in Puglia in maniera segreta, e  per questo dovettero necessariamente rifugiarsi nelle grotte delle lame naturali esistenti nel territorio. I Longobardi che allora dominavano il mezzogiorno d’Italia, fino a Otranto e fino alla Lucania, accolsero benevolmente i profughi.

I monaci orientali, seguivano le nuove regole consigliate da San Basilio,un riformatore della vita monastica di Oriente, trasformò i romiti in monasteri, gli anacoreti in cenobiti, l’isolamento in comunità non molto numerosa, l’ascetismo inoperoso in vita attiva, la vita contemplativa in lavoro utile a se stessi e agli altri. Quindi si preferì il monastero all’eremitaggio, si passavano le giornate nella preghiera incessante, nei canti di salmi, in sante veglie, nello studio delle Sacre Scritture commentate da Origene e poi da pazienti religiosi si dedicavano ai lavori manuali, come portare legna, tagliar pietre, vangare, innaffiare. Nei conventi il lavoro manuale era obbligatorio, ma veniva alternato con tante preghiere che non facevano perdere davvero ai religiosi lo spirito interiore. Alcuni si dedicavano  all’insegnamento dei fanciulli. Grande era il numero dei genitori che affidavano i loro figli per l’educazione ai monaci orientali. E se qualcuno degli alunni mostrava una particolare attitudine a questo o a quell’arte, poteva frequentare le lezioni di professori estranei, ma a condizione di tornare al convento nelle ore della refezione e del riposo. Accanto alle officine vi erano gli studi artistici; S. Basilio sapeva bene che anche le cose utili hanno bisogno d’essere belle. I monasteri infine potevano accettare donazioni e dalle rendite mantenevano un gran numero di fondazioni caricatevoli.

Niente dunque isolamento, neanche quando raggiunsero i nostri luoghi. L’isolamenti forzato avvenne al tempo della comparsa dei Saraceni e durante la dominazione degli Ottoni che presero a perseguitarli. Nello giungere nel terre del Salento, non trovarono altro che rifugiarsi nelle grotte e per questo che nell’alto medioevo molti abitanti dei casali vivevano in case scavate nella roccia tufacea per necessità e difese a scopo di sicurezza .I casali di Castellaneta, Riggio, Grottaglie, Casalpiccolo ne sono la prova evidente.

Un considerevole numero di  gruppi, dei Monaci fuggiaschi, ripararono certamente, come abbiamo visto, presso il vescovo di Taranto e non solo, i quali seguendo le direttive della Curia Romana, ospitarono gli stessi nelle diverse lame e gravine esistenti nel sud Salento.

Lame e gravine che ospitavano i casali, come quello di Riggio, erano composte da grotte collocate sui fianchi tufacei con un altezza che superava i quaranta metri. Nelle diverse grotte, furono ospitate cappelle-cripte, ancora esistenti, se pur deteriorate ,per ubicazione e caratteristiche architettoniche e liturgiche dimostrano di essere databili al VII secolo, epoca in cui si diffuse e si affermò il Cristianesimo in questi territori. I religiosi orientali, per tutto l’VIII secolo, un po’ alla volta si scavarono cripte e conventi, come quello di Santa Maria Regina (palazzo della Regina) a Riggio collocato alla metà del fianco della gravina-lama di Riggio e costruirono chiese e monasteri con frantoii oleari ipogei, come quello di Cerrate in Provincia di Lecce, che di seguito approfondiremo.

(1) Ciro Cafforio “Santa Maria Mutata”. Nell’ex feudo di San Vittore della Mensa Arcivescovile di Taranto. Tipografia Arcivescovile 1954