11/20.SPECIALE UVA NOSCIA.IL SISTEMA RURALE DELLE MASSERIE DEL MERIDIONE:LA DOGANA ARAGONESE ED IL PAESAGGIO SOCIALE DAL XVI -XVII SEC. (PARTE 11 /20).

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Ma, come si è detto sopra, la crisi che si ebbe alla metà del XVII sec. non è puramente demografica, in realtà il 1647-1648 e sia il 1656 possono essere visti come due momenti di una stessa crisi, che può essere considerata veramente esemplare delle crisi di ANTICO REGIME, perchè in essa vengono a sommarsi gli effetti di due tipici flaggelli del tempo, la guerra e la peste che sopravvengono in una situazione già resa difficile da carestie e difficoltà economiche, e che produssero gravi effetti più chiaramente visibili sul piano demografico e sociale.

In realtà, nel quadro più generale dello svolgimento della  rivolta nell’intero regno, la specificità degli avvenimenti che si ebbero in Puglia riguarda proprio il rapporto città-campagna, riguarda cioè la questione dell’approvvigionamento di Napoli, che fu’ al centro delle preoccupazioni del governo rivoluzionario. Molte delle più dure battaglie fra le forze popolari e quelle dei baroni si svolsero proprio per il possesso delle vie di comunicazione tra Napoli e la Capitanata e dei centri che le dominavano, tra i quali, in primissimo luogo Ariano. La prima spinta all’insurrezione venuta da Napoli appare legata proprio alla necessità di avere nelle proprie mani la regione da cui dipendeva la sopravvivenza della Capitale: nell’Ottobre del 1647, i rivoluzionari, temendo per le sorti di sopravvivenza di Napoli e quindi per gli utili approvvigionamenti, pensarono bene di presidiare, tramite dei rivoluzionari, le terre di Puglia, incitando al risveglio le popolazioni proprio a difesa delle necessarie derrate alimentari , utili alla Capitale.

Una misurazione, se pur approssimativa , delle gravissime conseguenze demografiche della peste del 1656, può essere fatta con il confronto tra i

censimenti del 1648 e del 1669, anche se non si tratta di un confronto che possa dare dati sicuri. Dopo una grave epidemia infatti, il rapporto fuochi-abitanti tenda a modificarsi.

Se non si è molto sicuri su quale adottare  per trasformare il numero dei fuochi in numero degli abitanti in anni normali ( 1:5 e quello adottato abitualmente, ma si potrebbe anche sostenere, con qualche buon argomento, la validità di un rapporto 1:4 o 1:6), lo si e ancor meno per anni eccezionali.

Per arrivare a conclusioni pienamente accettabili sarebbe necessario studiare molti catasti fatti subito dopo la peste e vedere in quali misura influiva il gran numero di fuochi composti da uno due persone, soli sopravvissuti alla strage.

Le pochissime verifiche effettuate sin ad ora danno, per paesi colpiti in pieno dalla peste un rapporto medio di 1:3, anche quando i catasti sono stati fatti a distanza di qualche anno; ma la peste non infierì in egual misura in tutto il regno.L’adozione di questo rapporto per calcolare gli abitanti partendo dai fuochi del 1669, sarebbe accettabile solo per quelle zone in cui la peste si diffuse massicciamente.

Per un calcolo che riguardi intere provincie o l’intero regno è più opportuno adottare un rapporto  1:4 , sopra tutto se si tratti di provincie come quelle pugliesi che non furono tra le più colpite. Nell’intera Puglia, infatti, il numero dei fuochi diminuì del 18% ( di fronte al 21% del regno): in Capitanata vi fu’ una diminuzione del 25%, in terra di Bari del 19%, in terra d’Otranto del 14%, mentre in quest’ultima tra il 1648 e il 1656 si ebbe un’ incremento di popolazione in zone come Palagianello, Gallipoli, ed altri con incrementi sin al 100%, in altre zone come GROTTAGLIE, Brindisi, Lecce, Taranto si ebbero perdite sino al 50%.

TABELLA RIASSUNTIVA

 PERIODO 
  LOCALITÀ    1648 (fuochi)  1669 (fuochi) 
CAPITANATA2277917090 
TERRA DI  BARI4930539923 
TERRA D’OTRANTO5460746705 
    
TOTALE126671103718 

Dopo il 1656 si apriì un nuovo grande ciclo  agrario, ma questa volta esso durò poco più di un secolo e si concluse nel 1764 con una nuova crisi demografica che non ebbe però carattere catastrofico e non diede inizio perciò ad un nuovo ciclo. Subito dopo il 1656 ci fu, come abbiamo visto una “ magra demografica” di notevoli proporzioni. La peste aveva alleggerito la pressione della popolazione nelle campagne. Non era più necessario, ne per singoli ne per comunità, lottare per il possesso dei terreni coltivabili, in oltre le risorse potenziali superavano nettamente i bisogni della popolazione, non Così quelle reali.

Se le terre erano abbandonate, scarseggiava invece la manodopera e la conseguenza più evidente di quella scarsità fu l’aumento dei salari.

Ancora una volta il governo intervenne a favore dei massari, infatti il 19 Giugno 1658 esso aveva emanato una prammatica con cui si fissava il livello massimo dei salari, un provvedimento, questo, che era stato adottato in altri luoghi , dopo altre  pestilenze.

In alcuni periodi ci fu’ una forte crescita delle produzioni, sopra tutto nel corso del XVI sec., nei primi decenni del XVII sec., e dal 1700 al 1764, quando la popolazione crebbe con ritmo pressochè costante.

Lo studio della Puglia, dove erano presenti in misura massiccia i due elementi fondamentali dell’economia meridionale, il feudo e la masseria, può offrire un utile terreno all’analisi di questo terreno la cui soluzione può far comprendere se siano riusciti ad avviarsi processi in grado le strutture economiche, ma anche sociali e politiche che si erano consolidate nei secoli precedenti e che ostacolavano ogni eventuale sviluppo della società meridionale in senso capitalistico.

Le maggiori quantità di prodotti agricoli necessarie alla crescita democratica potevano essere ottenute in due modi:

1) aumentando la produttività in agricoltura;

2) estendendo le superfici coltivate.

Nel primo caso avrebbero dovuto esserci importanti modificazioni nelle strutture, nel modo di gestione, e nei risultati della gestione stessa, all’interno delle masserie; nel secondo caso le modificazioni quantitative, più che qualitative, avrebbero riguardato sopra tutto le terre demaniali e e feudali.

La documentazione si ora ritrovata, le ricerche svolte o ancora in corso sembrano mostrare che fu’ scelta questa seconda strada. Per le masserie, si e già visto che nel corso del XVII sec. non vi fu’ alcun aumento di produttività. L’incremento della popolazione, dunque, non tanto da un processo di sviluppo capitalistico delle masserie quanto da un più esteso sfruttamento del lavoro contadino sulle terre feudali.

Il filo rosso utile per guidare la ricerca sul feudo nel lungo periodo può essere dato proprio dall’analisi del modo come il lavoro contadino contribuiva alla formazione della rendita. Le rendite del barone non crescevano perchè il singolo contadino lavorasse e producesse di più, ma perchè sulle terre lavorava un numero maggiore di contadini. Questo, in periodi di prezzi stabili. Quando i prezzi salivano, la crescita, a parità di terraggi ricevuti dai contadini, faceva crescere anche il valore nominale delle rendite. Con la crescita dei prezzi la rendita aumenta ed aumenta sopra tutto, proporzionalmente, la parte che deriva dalle decime agricole e dalle coltivazioni. Nei feudi della MENSA ARCIVESCOVILE DI TARANTO, entro cui rientravano i possedimenti in agro di GROTRTAGLIE nelle contrade di  MISICURO  con relativa masseria, la difesa nella contrada FORESTA  con le masserie OGLIOVIOTOLO, MUTATA, CARMINE, MELIO, oltre agli altri possedimenti di diversi enti ecclesiastici che in qualche modo risalivano alla suddetta mensa.

BIBLIOGRAFIA

(11) Mezzogiorno tra riforme e rivoluzioni. Di Pasquale Villari. Edizioni Laterza Bari.

(12) Due linee di politica agraria, di Emilio Sereni. Edizione editori riunuti ottobre    1961.

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(14) Il risorgimento di Antonio Gramsci. Editori Riuniti 1955.

(15) Passato e presente di Antonio Gramsci. Editori Riuniti 1954.

(16) Scritti sulla questione meridionale. VI parte primo e secondo volume di  Francesco Saverio       Nitti. Edizione Laterza 1968 Bari.

(17) Storia d’ Italia. Dal primo settecento all’ unità. Terzo volume. Edizione G.Einaudi  editore  1973.

(18) Storia d’ Italia .Dall’unità ad oggi. Volume IV.Edizione G.Einaudi 1975.

(19) A.A.V.V. – 12 masserie del tarantino a cura del circolo Italsider di Taranto.

(20) Prof. A. Fornaro. Il problema di Mesochorum. Bari 1973

(21) Le cento masserie di Crispiano (Taranto) a cura del Comune di Crispiano