12/20.SPECIALE UVA NOSCIA.IL SISTEMA RURALE DELLE MASSERIE DEL MERIDIONE:LA DOGANA ARAGONESE ED IL PAESAGGIO SOCIALE DAL XVI -XVII SEC. (PARTE 12 /20).

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Agli inizi del XVI sec.( 1528-1529) le entrate complessive ammontavano a ducati 3250 dei quali il 57% è rappresentato dal valore dei diritti sull’agricoltura e dagli affitti delle difese signorili.

Quest’ultimo tipo di proventi dà nel 1573-74 3067 ducati ( pari al 77% ) su 3983 ducati di rendita, nel 1663-64 4061 ducati ( pari al 75%) su 5394 ducati di entrate.

All’inizio del XVIII secolo tale percentuale si è molto accresciuta: la rendita fondiaria nel 1704 è dell’83% delle entrate del complesso feudale ( 7305 ducati), l’85% nel 1705 ( entrata complessiva pari a 6851 ducati ), e l’87% nel 1706 ( entrata complessiva pari a 6760 ducati), il 92% nel 1707 ( entrata complessiva 8844 ducati).

LA LOTTA DI CLASSE

Lo studio della lotta di classe nelle campagne del mezzogiorno è per l’età moderna  particolarmente complessa la storiografia si è mossa, in generale , tra poli molto distanti ed ha considerato lotta di classe qualsiasi episodio di tensioni o conflitti tra gruppi sociali diversi ( scambiando Così l’antagonismo di classe con la lotta di classe vera e propria) o l’ha considerata in senso troppo restrittivo.

Ma prima di fermarsi su alcuni aspetti della lotta ( o dell’antagonismo ) di classe in Puglia è opportuno ricordare che nelle campagne meridionali era frequente un altro tipo di tensione, che possiamo definire orizzontale, per distinguerla da quelle verticali che erano all’origine della lotta di classe vera e propria: le tensioni tra università vicine per la coltivazione di terra poste sulla linea di confine dei rispettivi territori o di terre su cui esisteva una molteplicità (e una conseguente confusione) di diritti.

Indubbiamente, esistevano contrasti di classe tra i garzoni delle masserie e i massari ( o gli amministratori dei feudatari e degli enti ecclesiastici).

Ma questi contrasti non potevano trovare una risoluzione che a livello individuale, con la fuga del garzone della masseria. I lavoratori annuali non avevano per così dire nessun potere contrattuale. Diverso, come vedremo, era il caso dei mietitori; infatti, i massari, già nei primi mesi dell’anno, si preoccupavano di procurarsi la manodopera necessaria per il tempo della mietitura essi versavano delle caparre agli “ANTINIERI” che a loro volta si incaricavano di trovare i mietitori. In un primo tempo gli antinieri dovevano essere approvati dalle università. Un importante fenomeno delle campagne meridionali era dato dal BANDITISMO, un fenomeno endemico che in alcuni periodi assunse caratteri più generali, costringendo il governo ad adottare contro le bande misure di vera e propria guerra.

Non è facile distinguere il banditismo comune da quello sociale, ma è certo che in alcuni momenti il fenomeno fu’ espressione non di rivolta individuale o di piccoli gruppi, ma di una crisi più vasta, sociale, economica, politica e religiosa.

In questo periodo, infatti, il banditismo assume nel mezzogiorno un’ampiezza senza precedenti e le regioni di questa ampiezza sono state indicate nella molteplicità dei motivi che possono esserne state a fondamento:

1) il forte declino del livello di vita delle masse popolari;

2) la vera e propria crisi di tutta la struttura della società rurale, del sistema di rapporti tra proprietari, piccoli e medi imprenditori e contadini, che espresse nella “rivolta contro la rendita”;

3) ed in fine le tensioni che si ebbero nel mondo religioso dopo il concilio di Trento e che espressero anche nella larga partecipazione del clero al banditismo (papa ggiru per Grottaglie).

Se ne può aggiungere un’altra, se il rapporto tra la “rivolta contro la rendita” e il banditismo trova una verifica nella coincidenza cronologica ( il decennio 1585-1595), questa contemporaneità anche il rapporto tra l’intensificazione del banditismo e la fine della fase di espansione del “GRANDE CICLO AGRARIO”.

Se il grande banditismo era legato ai momenti di crisi , quello endemico sembra dovuto al fenomeno che potremmo definire di “destrutturazione marginale” della società contadina.

La comunità contadina solida e coesa nel suo nucleo centrale, era però corrosa ai sui margini, da piccoli processi di disgregazione; la società meridionale, per questo aspetto non era immobile, le richieste delle università

di ottenere una riduzione del numero dei “fuochi” per i pagamenti fiscali, danno, con la loro elencazione “fuochi” abbandonati, un’immagine evidente dei micro processi disgregativi del nucleo centrale della comunità contadina, creando così una massa di emarginati che si staccavano dal luogo d’origine per andare in cerca di fortuna o soltanto di lavoro, chi negli eserciti, chi nei centri urbani più vicini e chi nella capitale, chi nelle zone dove la presenza di grandi masserie creava una maggiore domanda di manodopera.

In questo, il fenomeno del banditismo era analogo a quello del vagabondaggio, espressione l’uno e l’altro della destrutturazione marginale della società contadina.

Se indubbiamente il vagabondaggio alimentava il banditismo, non si può certo dire che ne costituisse la principale base di reclutamento. Molti banditi operavano nei luoghi ove erano nati e dove risiedevano e la loro attività veniva perciò sostenuta dalla rete delle parentele e delle amicizie. Era perciò necessario, per combattere efficacemente il banditismo, distruggere questa fondamentale base d’appoggio che esso trovava nelle campagne.

Il banditismo endemico era considerato un grave delitto contro la produzione; vi era da parte del legislatore, così diligente , per la cura delle condizioni dell’agricoltura, che proprio mentre i banditi incendiavano i raccolti e rubavano strumenti ed animali di lavoro-l’8 Luglio del 1627, rilevato che i banditi per estorcere denaro minacciavano i massari di bruciare le masserie o i raccolti, fu’ emanata una prammatica in cui si dichiarava che quanti fossero colpevoli di questo tipo di delitti potevano essere ammazzati impunemente; se ne dovevano  diroccare le case e devastare i territori (di proprietà e di pertinenza dei banditi), in modo che non potessero essere più messi a coltura; tali disposizioni repressive si estendevano ai parenti del bandito sino al secondo grado di parentela. Conosciamo soltanto indirettamente le ragioni per cui poteva darsi alla macchia un bandito dell’età moderna, il modo di pensare che era alla base del suo comportamento era tanto più indiretto e vago, quanto più in basso era nella scala gerarchica della banda.

Le lotte per migliori salari e gli episodi di banditismo sociale ( in definitiva-lotta di classe nei modi come si svolgeva in una società contadina nell’età moderna) non furono elementi disgreganti di una formazione sociale che si reggeva su strutture economiche e politiche Così solide che nè il grande ciclo agrario riuscì ad intaccare. Non si trattava, come si e visto, di una società immobile, ma, ancora a metà del XVIII secolo, i processi dall’antico regime ,l’avviarono allo sviluppo capitalistico.

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