MADONNA DEL CARMINE CULTO E DEVOZIONE NEL SUD D’ITALIA.VIDEO DELLA PROCESSIONE A GROTTAGLIE(TA).

Napoli e Grottaglie nella devozione della Madonna del Carmine, Novenario dal 7 al 16 Luglio.

L’esclamazione “Mamma d’o Carmene” è di uso comune al sud d’Italia, siamo all’inizio del novenario del mese di Luglio dedicato a Lei, nell’occasione abbiamo dedicato un  approfondiremo al culto, alla storia e devozione al sud del nostro Paese  , conoscendo da vicino due chiese, la basilica del Carmine Maggiore a Napoli e la Chiesa del Monte Carmelo di Grottaglie. (nella foto)

Incontriamo Don Ciro Santopietro , parroco della chiesa del Carmelo di Grottaglie, a cui chiediamo   di voler svolgere  un  approfondiremo al culto, alla storia e devozione al sud del nostro Paese  della Madonna del Carmine” in terra partenopea, il culto della ““Mamma d’o Carmene” , risale al XIII secolo. Difatti all’epoca nelle vicinanze della zona di Campo Moricino era presente una piccola chiesa dedicata a San Nicola Vescovo di Mira, meglio noto come San Nicola di Bari. All’interno della chiesetta era tenuta in una cripta, un’icona rappresentante la vergine con il Bambino, la quale probabilmente fu trasportata in quelle terre dai Frati Carmelitani quando lasciarono il Monte Carmelo in Palestina. Il popolo napoletano particolarmente devoto al culto mariano si recava spesso a chiedere indulgenza presso la piccola chiesa alla Sacra Immagine.

La festa che si tiene ogni 15 luglio è una delle più importanti della città, difatti dopo i consueti riti religiosi, schiere di fedeli e non, assistono stupefatti, all’incendio del campanile della Basilica di Santa Maria Maggiore, accompagnato sin dall’antichità dal suono unico ed inconfondibile delle tammore.” (in foto con il profilo della Basilica Carmelitana)

Prosegue don Ciro Santopietro con un approfondimento storico “la storia della devozione alla Madonna del Carmine ha radici molto lontane nella memoria cristiana, infatti risalirebbe già all’epoca della III crociata (1189-1191). In quegli anni tra quelli che partivano verso la Terra Santa, alcuni iniziarono a sentire l’esigenza di vivere una spiritualità più profonda, secondo il Vangelo, nella preghiera e nella carità. . Per questo motivo si ritirarono come eremiti presso il Monte Carmelo, volendo imitare il profeta Elia, il quale stette per un certo tempo in quel luogo ed ebbe una viva esperienza di Dio (secondo i libri dei Re).

Questi eremiti non avevano un preciso fondatore, proprio perché dicevano di rifarsi al profeta, e il loro ideale di vita darà l’impulso iniziale per le prime regole dell’Ordine Carmelitano. Agli inizi del XIII secolo si riuniranno in una forma di vita più comunitaria stimolati da un primo riconoscimento da parte di S. Alberto, patriarca di Gerusalemme. Gli eremiti del Carmelo avevano scelto come patrona e protettrice la Vergine Maria, che pertanto iniziarono a chiamare “Santa Maria del Monte Carmelo”.

Spesso i titoli della Vergine si riferiscono a delle sue azioni (come la Vergine Odegitria di Bari, ovvero “Colei che indica la Via”), a delle qualità (la Vergine Addolorata), a degli atteggiamenti (la Madonna dell’Umiltà, a Prato), a dei titoli (la Regina Apuliae, nel Seminario di Molfetta e patrona della Puglia) o infine a degli eventi storici (la Madonna di Lourdes, in virtù delle apparizioni). Che cosa vuol dire allora il titolo di Vergine del Monte Carmelo o Madonna del Carmine? Il significato e la risposta sono nel nome stesso del monte.

Il Carmelo è una catena montuosa (lunga circa 39km) che nella tradizione biblica è sempre esaltato come il più bello dei monti. Esso è “il giardino fiorito di Dio” come dice il nome stesso “Carmelo”, il quale deriva dall’aramaico “Karmel” cioè “giardino”. Non è un caso che tutti i conventi carmelitani abbiano annesso un giardino e lo stesso dicasi per la nostra Confraternita (con un bel giardino interno) e la Chiesa (che conserva un antico chiostro risalente all’epoca dei padri carmelitani). Il titolo di Madonna del Carmine è dunque uno dei più alti e certamente dei più belli per la Vergine Santa perché è come dire che Lei è la realtà più bella di Dio, colei che di Dio ci vuole raccontare la Bellezza.

Ritornando alla vicenda storica dell’Ordine, aggiungiamo alcuni dati. Nel 1226 l’Ordine Carmelitano riceve la prima approvazione pontificia da Onorio III e dopo questa viene inserito tra gli Ordini mendicanti con le modifiche e le approvazioni di Innocenzo IV nel 1247. Sembra che la “tradizione sabatina” risalente a Giovanni XXII sia un falso storico (il fatto per cui la Madonna porterebbe in Paradiso le anime devote il primo sabato dopo la loro morte), mentre è un fatto importante la rivelazione di Maria a San Simone Stock; questo frate vide in sogno la Vergine che, consegnandogli lo scapolare, promise la salvezza di quanti lo avrebbero indossato con fede.

In pochi anni l’Ordine si diffuse in larga parte d’Europa, uscendo dunque dai confini della Palestina, e prendendo piede specialmente in Spagna, Portogallo e Italia.”

La basilica santuario del Carmine Maggiore è una delle più grandi basiliche di Napoli. Risalente al XIII secolo, è oggi un esempio unico del Barocco napoletano; si erge in piazza Carmine a Napoli, in quella che un tempo formava un tutt’uno con la piazza del Mercato, teatro dei più importanti avvenimenti della storia napoletana. Il popolo napoletano ha l’abitudine di usare l’esclamazione “Mamma d’o Carmene”, proprio per indicare lo stretto legame con la Madonna Bruna.In realtà, l’Icona della Vergine Bruna (per il colore della pelle) sembra opera di scuola toscana del XIII secolo. È una tavola rettangolare, alta un metro e larga 80 centimetri. Il miracolo del crocifisso è legato alla lotta, nel secolo XV, tra gli Angioini e gli Aragonesi, per il dominio di Napoli. Già dominava in Napoli Renato d’Angiò, il quale aveva collocato le sue artiglierie sul campanile del Carmine, trasformandolo in vera fortezza, quando Alfonso V d’Aragona assediò la città, ponendo l’accampamento sulle rive del Sebeto, nelle vicinanze dell’attuale borgo Loreto. A Napoli il mercoledì è il giorno da dedicare tutto alla Madonna Bruna, e ancora oggi, dopo 500 anni, numerosi fedeli vengono in pellegrinaggio da ogni parte della città e della provincia, per deporre ai piedi della Mamma d’o Carmene un fiore, una preghiera, un ringraziamento. Durante il regno dei Borbone, i sovrani di Napoli omaggiavano la Vergine, regalando ogni anno due barili di polvere pirica per gli spettacoli esterni. Nel secolo scorso, la festa richiamava folle da ogni parte della città e della provincia, caratteristiche erano le bancarelle dei venditori di impepate di cozze, di cocomeri, e soprattutto la tradizione casalinga del tarallo e della birra al balcone di casa propria mentre si ascoltavano le canzoni radiodiffuse per le vie del quartiere. Alle ore 22.00 del 15 luglio si spengono le luci della piazza, e ha inizio lo  spettacolo: girandole colorate richiamano l’attenzione dei presenti, poi dei bengala colorati con la scritta Napoli devota alla Madonna Bruna ricordano allo spettatore che quello spettacolo appartiene al popolo, e così, ha inizio l’incendio del Campanile

. Un razzo chiamato dai tecnici ‘o sorece (il topo) parte dall’attiguo terrazzo per colpire il piano delle campane e in un turbinio di esplosioni ha inizio l’incendio: delle piogge colorate rivestono l’intera mole del Campanile e illuminano a giorno la piazza, poi tra sbuffi di fuoco e scoppi si accende la croce in cima al campanile (posta a 75 metri di altezza) e così, mentre infuria l’incendio, una stella luminosa va a prendere l’immagine della Madonna, che, salendo verso il campanile, doma e spegne le fiamme. Alcune tipicità della basilica, prima sono gli organi sulla porta di ingresso si trova il monumentale organo costruito nel 1907 dalla ditta Francesco Mascia e ammodernato nel 1973; è noto per essere stato il primo strumento a diffondere via radio, per l’allora EIAR, dei concerti d’Organo tenuti dal maestro Franco Michele Napolitano. Lo strumento ha 4800 canne,in questa basilica vennero celebrati i funerali di Totò (1967); furono celebrati anche i funerali di Mario Merola (2006).


Esiste un proverbio che si riferisce al campanile del Carmine: ” ‘e scagnat’o Campanario d’o Carmene pe ‘nu cuopp ‘e auliv” (hai scambiato il campanile del Carmine per un coppo -cono di carta- di olive) per indicare la svista presa nel fare determinate osservazioni.

La storia di Grottaglie ha un forte tratto carmelitano. Alcune fonti fanno risalire l’arrivo dei primi padri carmelitani al 1505. In Puglia vi erano già altri 7 conventi e il loro numero crescerà fino a 25 attorno al 1650. La fraternità di questi monaci fu la prima a raggiungere la terra di Grottaglie e dunque andò a costituire, in ordine cronologico, la seconda delle attuali sette parrocchie. Infatti esisteva già un ben nutrito numero di sacerdoti della Collegiata (la Chiesa Madre) e solo diversi anni dopo verranno i padri Minimi (1536) e i Cappuccini (1546). Per la costruzione del monastero i religiosi poterono beneficiare della donazione del suolo, di alcune case e di una grotta; tutto questo era dono di don Romano de Romano, presbitero della Collegiata. Nella grotta vi era affrescata una effige della Vergine Maria, nota con il titolo di Madonna della Grotta, la quale testimonia un culto a Maria precedente a quello carmelitano. Tale effige nel corso dei secoli fu spostata nella parte superiore della Chiesa, come testimonia un antico documento, lo Status Conventus (1703) opera di don Paolo D’Alessandro (1659-1744). Quando poi si chiuderà la cripta, si perderà la memoria storica del resto del patrimonio del Carmine; ad esempio rimarranno per secoli nell’oblio gli affreschi di Sant’Apollonia e Santa Caterina d’Alessandria, sepolti fino al 1998 con il resto della cripta. La storia carmelitana di Grottaglie vide nel tempo diversi uomini illustri portare il nome della città fuori dalle sue mura. Oltre ai numerosi capitoli provinciali carmelitani dei sec. XVI e XVII, passò di qui uno dei padri generali, il Fantoni. Il Carmine diede inoltre i natali al p. Antonio Marinaro Senior (1500 – 1580). Questi fu reggente per la provincia di Puglia per 36 anni, lavorò presso la curia romana come Procuratore Generale dell’Ordine e, fatto ancor più prestigioso, fu uno dei teologi del Concilio di Trento. Altro personaggio illustre fu il nipote, il p. Antonio Marinaro Junior (1605-1689). Come lo zio fu molto apprezzato per l’elevata dottrina teologica tanto che fu per tre volte provinciale della provincia romana. Morirà come vescovo titolare di Ostia e Velletri.

Dell’epoca seicentesca ricordiamo anche il p. Maestro Cesare Tripalda, p. Domenico Antonio Basile e Giovanni Stefano Verga. Dell’epoca settecentesca e ottocentesca sono gli altrettanto famosi p. Maestro Francesco Paolo Quaranta, segretario generale dell’Ordine; p. Giovanni De Laurentis, nominato da Benedetto XIII vescovo di Capri; p. Nicola Maria Ricchiuti, primo Priore Generale dell’Ordine in tutta la storia del Mezzogiorno; p. Pietro Antonio Carrieri, filosofo e letterato all’interno della provincia pugliese.

 Al nostro secolo appartengono invece parecchi sacerdoti ancora operanti nel clero italiano. Tra questi ne ricordo due per tutti: p. Bernardo Cervellera, religioso del P.I.M.E. e attuale direttore dell’agenzia internazionale di stampa Asianews.it e Sua  Eccellenza Rev.ma Mons. Salvatore Ligorio Arcivescovo Metropolita di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, Arcivescovado di Potenza. La confraternita nacque subito sotto la direzione dei padri carmelitani; solo nel 1612 ebbe il suo primo statuto approvato, e che sarà riconfermato nel 1644 dall’allora Arcivescovo di Taranto, Mons. Tommaso Caracciolo.