L’AGENZIA ANSA:” FDI, NOI CONTRATI A TFM, CON VOTO SEGRETO USCIAMO DALL’ AULA .IL GRUPPO REGIONALE DI FRATELLI D’ITALIA, PER BOCCA DEL SUO CAPOGRUPPO RENATO PERRINI, HA ANNUNCIATO CHE LASCERÀ IL CONSIGLIO REGIONALE E QUINDI NON PARTECIPERÀ AL VOTO SEGRETO PER IL RIPRISTINO DEL TRATTAMENTO DI FINE MANDATO, MENTRE NEL CASO DI VOTO PALESE ANNUNCIA IL VOTO CONTRARIO”.
𝐥 𝐫𝐞𝐠𝐚𝐥𝐨 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐚𝐥 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐢𝐝𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐄𝐦𝐢𝐥𝐢𝐚𝐧𝐨, 𝐧𝐞𝐥 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐥𝐞𝐚𝐧𝐧𝐨, 𝐥𝐨 𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐧𝐨𝐢 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐫𝐢𝐧𝐠𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐚 𝐛𝐨𝐜𝐜𝐢𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐨𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐫𝐞𝐢𝐧𝐭𝐫𝐨𝐝𝐮𝐜𝐞𝐯𝐚 𝐢𝐥 𝐓𝐅𝐌.
Per mesi la maggioranza, e in modo particolare il PD, è stata dilaniata fra chi era a favore e chi era contro solo per diktat-minaccia dall’alto. Oggi chiedendo di discuterne in aula abbiamo, finalmente, risolto il problema. Certo aprendo all’interno del centrosinistra una voragine interna, ma questo non è un nostro problema: noi di Fratelli d’Italia abbiamo dichiarato in apertura di seduta di essere contrari e che, comunque, avremmo votato contro, ma il nervosismo mostrato in aula in primis dal presidente Emiliano la dice lunga sullo stato di salute delle forze politiche che governano la Regione Puglia.
𝐈𝐧𝐟𝐢𝐧𝐞, 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐢𝐝𝐞𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐬𝐮𝐥𝐥’𝐢𝐝𝐞𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐡𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐦𝐨𝐜𝐫𝐚𝐳𝐢𝐚: 𝐚𝐬𝐬𝐢𝐬𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐝𝐚 𝐮𝐧 𝐩𝐨’ 𝐝𝐢 𝐂𝐨𝐧𝐬𝐢𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐥’𝐮𝐭𝐢𝐥𝐢𝐳𝐳𝐨 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐞𝐦𝐞𝐧𝐝𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐚 𝐟𝐨𝐫𝐳𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐧𝐮𝐦𝐞𝐫𝐢 𝐳𝐢𝐭𝐭𝐢𝐬𝐜𝐨𝐧𝐨 𝐥𝐚 𝐦𝐢𝐧𝐨𝐫𝐚𝐧𝐳𝐚, 𝐬𝐨𝐯𝐯𝐞𝐫𝐭𝐨𝐧𝐨 𝐥’𝐨𝐫𝐝𝐢𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐬’𝐢𝐧𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐫𝐞𝐠𝐨𝐥𝐞 𝐚 𝐮𝐬𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞. Dopo i metodi usati per approvare la legge sulla Parità di Genere e quella di oggi per abrogare il TFM denunciamo un clima avverso alle opposizioni che si ritrovano un presidente del Consiglio, Loredana Capone, che invece di essere arbitro e mediatore, svilisce il suo ruolo istituzionale con considerazioni e prese di posizione politiche pericolose per la tenuta dei lavori d’aula.
L’autonomia differenziata? La Regione Puglia nel 2018 è stata fra
le prime a richiederla, governatore Emiliano con la delibera n.1358 del 24 luglio 2018 (Governo Conte II).
La Giunta regionale- inoltre- con delibera n.283 del 14 marzo 2024, ha ratificato l’istituzione del Gruppo per lo studio dell’Autonomia Differenziata. Scelta determinata dal fatto che è in corso, da non pochi mesi, a livello nazionale il processo legislativo e amministrativo per l’attuazione dell’articolo n. 116 comma 3 della Costituzione- il quale contempla la possibilità di mettere in opera forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario (regionalismo differenziato o regionalismo asimmetrico), in quanto consente ad alcune Regioni di vedersi attribuite competenze diverse
dalle altre. Strumentalmente o peggio per cavalcare l’argomento in chiave elettorale. Si sarebbe irrispettosi verso altri cittadini, altri italiani, che hanno partecipato a un Referendum per chiedere maggiore autonomia regionale, magari anche pensando di scavare un solco con le Regioni meridionali
considerate una sorta di zavorra che impedisce loro di essere maggiormente protagonisti nel Nord-Europa.
Ripercorrendo per tappe, provo a fare un po’ di chiarezza – il 7 ottobre 2001, dieci milioni di cittadini italiani confermarono con il proprio sì la riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione. Il referendum – a cui partecipò solo il 34% dei votanti – rappresentò il punto di arrivo di un lungo percorso, iniziato nel 1997, durante il primo governo Prodi, con una commissione bicamerale sul tema. Due anni dopo, nel 1999 – il presidente del Consiglio è Massimo D’Alema – il lavoro della commissione confluisce in una proposta di legge. L’approvazione del testo infine arriva nel marzo 2001 quando
a Palazzo Chigi c’è Giuliano Amato. Con la legge costituzionale n° 3 del 18 ottobre 2001 è completamente riformato il Capo V parte seconda della
Costituzione italiana, recante norme sulle Regioni, le Province e i Comuni. La riforma giunge dopo un percorso verso il decentramento amministrativo e legislativo avviato con la Legge n° 59 del 1997 (Legge Bassanini), con il D.Lgs 469/1997e il D.Lgs 112 del 1998.
Art. 5 della Costituzione : La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua
legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.
Il DDL Calderoli, contenente la riforma sull’autonomia differenziata, approvato lo scorso giugno alla Camera prevede il riconoscimento di un maggiore livello di autonomia alle Regioni a statuto ordinario e speciale che ne fanno richiesta,
comprese le provincie autonome di Trento e Bolzano. In 11 articoli, la riforma definisce le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Regola cioè le intese tra Stato e quelle Regioni che decideranno di chiedere un livello di autonomia differenziata rispetto alle altre limitatamente a 23 materie. Prima di presentare la richiesta ogni singola regione dovrà acquisire pareri di Comuni, Province ed enti del suo
territorio.
𝐋𝐚 𝐫𝐢𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚 𝐧𝐚𝐬𝐜𝐞 𝐪𝐮𝐢𝐧𝐝𝐢 𝐝𝐚𝐥 𝐜𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨𝐬𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚
Rammento che nel 2009, fu approvata una legge (n.42,Federalismo fiscale) proposta da un ministro pugliese, Raffaele Fitto, e da un ministro del Nord, Roberto Calderoni, che non è stata ancora attuata, ma che sull’argomento è decisamente avanti: valorizza, esalta e persegue i principi dei costi standard e dei livelli essenziali prestazionali. Se in questi dieci anni fosse stata attuata avremmo scoperto che il divario fra Nord e Sud è provocato anche da gap strutturali e storici e non solo da cattiva gestione amministrativa. Quindi nel contratto del Governo Conte.II (2018) altro non può esserci, perché altro non è stato votato dagli italiani, né in Parlamento può essere violata la Costituzione
o forzare la mano su un provvedimento non condiviso dal territorio. E allora il mio appello è che si faccia chiarezza sul tema. A pari condizioni gareggiamo i 100 metri, i 1.000 e i 10.000. Insomma, tutto quello che vogliamo. Ma a parità di condizioni. È una questione di conoscenza del territorio e anche di controllo che i cittadini possono esercitare sulla politica. Se finora lo Stato pagava i servizi forniti agli enti locali in base a quanto era stato speso negli anni precedenti, “così chi spendeva di più aveva di più, ora ci sarà uno standard nei costi dei servizi”.
I contrari invece, sostengono come l’Autonomia differenziata comporti necessariamente una sottrazione di ingenti risorse alla collettività nazionale e la disarticolazione di servizi e infrastrutture logistiche, che per il loro ruolo nel
funzionamento del sistema paese dovrebbero avere necessariamente una struttura unitaria e a dimensione nazionale. Inoltre si spiega che anche le regioni autonome sarebbero svantaggiate dal progetto: da una parte perché il
Sud è un mercato essenziale per il Nord, dall’altra, perché le ampie differenze interne alle stesse regioni verrebbero aumentate dall’allocazione delle risorse, che andrebbe comunque a premiare le parti più ricche e meglio organizzate.
Peccato che si dimentichi, Presidente Emiliano, che la sua disastrosa gestione della sanità pugliese contribuisce ogni anno ad alimentare la mobilità passiva.
Dall’analisi sulla mobilità interregionale in ambito sanitario del Dipartimento Salute della Regione Puglia, solo nel 2022, il dramma dei tanti, troppi cittadini pugliesi costretti a curarsi al di fuori del nostro territorio per colpa dell’incapacità del centrosinistra che disamministra la Puglia da 20 anni, ha prodotto una passività di quasi 300 milioni di euro che solo per meno della metà sono stati mitigati dall’attivo.
Di questi, ben 217 milioni, il 72% della spesa totale, sono stati sborsati solo per i ricoveri dei pugliesi costretti letteralmente a emigrare, in larga parte al Nord, per il loro sacrosanto diritto di curarsi e di poter contare su una sanità efficiente.
Diritto alla salute e alla sanità efficiente che i pugliesi hanno trovato in circa la metà dei casi in Lombardia per il 26%, e in Emilia Romagna per il 22%. Sono dati, impietosi, che certificano la totale incapacità di Emiliano di risolvere i problemi della sanità pugliese. La spaccatura su questo tema, in generale, riguarda una presa di posizione di carattere economico. Chi è a favore dell’autonomia differenziata, sostiene che trattenere la gran parte del gettito fiscale si traduca automaticamente in una maggiore efficienza nella fornitura di servizi per i propri cittadini.
L’Autonomia avvicinerebbe “i centri di spesa”: “È la storia che dimostra che più stretto è il rapporto tra chi spende e i beneficiari, più la spesa è efficace e ci sono meno sprechi. È EVIDENTE CHE LA QUESTIONE DELL’AUTONOMIA
DIFFERENZIATA COINVOLGE ASPETTI ECONOMICI E SOCIALI, RICHIEDENDO UNA RIFLESSIONE APPROFONDITA. SOLO GRAZIE AD UN CONFRONTO SERIO E COSTRUTTIVO POTREMO INDIVIDUARE LE SOLUZIONI AL FINE DI GARANTIRE L’EFFICIENZA DEI SERVIZI PER TUTTI I PUGLIESI.
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