LA SCUOLA DI GROTTAGLIE. IL PITTORE  ANNIBALE  ARCES   NEL RICORDO DI CIRO OCCHIBIANCO   

di Vito Nicola Cavallo

ANNIBALE ARCES ( Pittore ) 1912 – 1994 ha lavorato nella “Casa del Teatro” con Aldo Fabrizi , periodo romano i suoi quadri furono acquistati da uomini politici e dalla nobiltà romana.

L’arte figulina meridionale. dalle contaminazione della scuola di Capodimonte alla scuola di Grottaglie in Puglia, in cui esponenti più noti  sono Vincenzo e Cosimo Calò che hanno favorito e promosso la formazione professionale didattica ed artistica di pittori e scultori come Gennaro Lupo, Annibale Arces , Ciro Fanigliulo, Ciro Francesco D’Amicis, Giuseppe Spagnulo, sono solo alcuni della rinomata Scuola Grottagliese, di cui abbiamo approfondito  per alcuni di loro, opere artistiche e sculture e quindi il  percorso didattico ed artistico. Riprendiamo il nostro viaggio nella  “scuola di Grottaglie, con il pittore Annibale Arces figlio di Domenico Vincenzo e di Urselli Maria Concetta, sposato a Roma nel 1940, con Neri Riina.

Racconteremo la vita e le opere di Annibale Arces con chi ha conosciuto il pittore per studio, per frequentazioni per familiarità. Giovangualberto Carducci che riprende il racconto autobiografico del 1986 sollecitato “da un giovane pittore concittadino, Gaspare Mastro” (1). Il Carducci introduce il profilo di Arces con la  tematica , dibattuta, che  “ riguarda i suoi studi romani, condotti-almeno così si ripete-nella seconda metà degli anni ’30 nel Liceo Artistico di Via Ripetta e conclusosi con il conseguimento del diploma. Di questo diploma, in realtà, non si ha alcuna notizia certa, né esso si è conservato tra le poche carte che Arces sono pervenute ai suoi figli. Peraltro fra esse, non soltanto non c’è il diploma, ma non c’è nemmeno un documento propriamente d’archivio: appena qualche articolo di giornale ed alcune fotografie.” E’ chiaro che la mancanza del “pezzo di carta” come afferma Carducci “nè aggiunge nè toglie nulla ai meriti artistici di Arces”.

Ma nel colloquio dell’artista,  con Gaspare Mastro, alle prime ore del mattino  del 5 settembre 1986, si coglie “la paternale” dell’artista  verso il suo allievo nell’istruirlo sui primari rudimento della pittura all’aperto, e nella scelta dei giusti “tagli” ( le vedute per le giuste inquadrature), racconta Mastro che “ ci recammo sulla parte del Monticello dove precedentemente Annibale aveva già dipinto altri “tagli”…arrivati sul posto mi disse di seguirlo per indicarmi un “taglio” che aveva attirato la sua attenzione (Mastro non era molto convinto!)..ci fermammo di fronte a due (insignificanti ) alberi di ulivo, con il paesaggio di Grottaglie nello sfondo. Ecco -mi disse- questo taglio è ottimo”…incominciai a disegnare quei due alberi con la matita (l’ attrezzo che in seguito scoprii che egli usava poco, sostituendolo con il carboncino) senza molta convinzione, sia dello scarso interesse per quel soggetto, sia per il mio notevole disagio di dipingere all’aria aperta, io che ero abituato a farlo in studio utilizzando le mie foto….il Maestro disse “ la prossima volta prima di iniziare a dipingere mi devi chiamare”

confrontando i due quadri quello di Mastro e quello di Arces, il primo “ riproduceva ciò che vedeva… “il secondo, il Maestro arricchiva la tela con “ un altro albero, che al primo sguardo sembrava un pero; inoltre, a differenza del mio, sullo sfondo non si notava quasi per niente Grottaglie, il tutto si era arricchito di nuovi cespugli e nuovi massi “(1).Qui l’identità della pittura!

Giovangualberto Carducci (1) scandisce in quattro fasi la vicenda biografica di Annibale Arces” la prima quella della formazione , che fu tutta grottagliese e si prolunga dalla nascita, avvenuta l’8 aprile 1912 nella casa paterna di via Coccioli 3, fino al 1935; vi sono poi la fase romana dagli anni 1936-1944 ed il decennio argentino (1946-1956) ;

 infine la seconda fase grottagliese, coincidente con gli ultimi anni della vita dell’artista, che si spense ottantaduenne il 29 marzo 1994. Annibale, penultimo di dieci figli, che a Grottaglie frequentò le sei classi della scuola elementare…Annibale manifestò un evidente talento per il disegno. In casa disegnava santini, a scuola i soggetti assegnati dal maestro, soprattutto il veneziano “ponte dei sospiri”. Il piccolo Annibale era attratto dal disegno e dalla pittura , che ai suoi occhi si incarnavano nell’esempio del giovane e più maturo artista Ciro Fanigliulo (1881-1969) aduso a frequentare il locale della madre di Annibale che vendeva verdure. La famiglia, tuttavia, non assecondò l’inclinazione del ragazzo  e lo mandò a lavorare nella bottega del sellaio Ciro Greco.” I genitori dell’artista Domenico Arces e Maria Antonia Urselli erano “ di umili origini ed avevano avviato una piccola attività di vendita di verdure nel centro storico di Grottaglie. Tra i due coniugi la moglie ebbe sicuramente un ruolo dominante…educarono al valore centrale della famiglia i dieci figli: Annunziata, Carmela, Eligia, Aurelio, Giuseppe, Francesco, Anna Antonia, Donato, Annibale e Teodosio. In particolare la signora Arces trovò nel primogenito maschio, Aurelio ( nato il 28 maggio 1899) , il più efficace e determinato collaboratore al proprio progetto di ascesa economica e sociale, e lo invogliò a proseguire nella diversificazione dell’attività commerciale familiare intrapresa dal marito Domenico  che usava noleggiare a terzi il calesse di proprietà per il trasporto di beni e persone . L’intuizione fu feconda ed in breve tempo Aurelio riuscì a incrementare le attività al punto da essere presto in grado di acquistare mezzi motorizzati e addirittura, intorno al 1928, un pulman, con cui istituì il primo servizio di collegamento stabile fra Grottaglie e Taranto. Fu questo  il punto di partenza  di un’incredibile ascesa economica, di cui Aurelio amministrava e dirigeva le attività, alla cui materiale esecuzione attendevano però  i fratelli, rassegnati al ruolo di subalterni in nome ed in vista

del benessere  di tutta la Famiglia.” Importante per la storia grottagliese è quanto Aurelio Arces decise di fare nel 1933, acquistò “..il 27 ottobre di quell’anno, per atto del notaio fragagnanese Giuseppe Lentini, dal commerciante tarantino Francesco De Fazio il teatro grottagliese “Vittoria”, al prezzo ( riferito da Annibale a Gaspare Mastro) di 10.500 lire. Per volontà di Aurelio, il teatro, eretto su suolo comunale, fu ampliato e adeguato all’uso di sala cinematografica con la realizzazione di importanti lavoratori di muratura, che videro impegnato anche Annibale nella decorazione del soffitto. Fu quella del cinema, dunque, la seconda attività in cui Aurelio coinvolse i propri fratelli, con le stesse mansioni che nel pullmans: staccare e controllare biglietti. E non diversamente dai fratelli anche il nostro Annibale, che intanto aveva smesso di essere garzone del sellaio Greco,  lavorò come bigliettaio sia sui pullmans, che nel cinema”. (sulle facciate di fronte al cinema disegnate la sagoma di Mussolini)

Teatro, pittura, cinema e politica si “miscelano in quel periodo, il fascismo è imperante, dedichiamo alcune pagine alla storia di quel tempo dal primo teatro presso la chiesa del Carmine, alle intitolazioni di vie  a Benito Mussolini, agli avvenimenti successivi all’omicidio di Giacomo Matteotti, fatti questi verificatesi in quel periodo che stiamo ed abbiamo raccontato. Riprendiamo a raccontare da uno dei più autorevoli componenti della “scuola di Grottaglie” quel  Ciro FANIGLIULO- (1881-1969.”Il pittore soldato-autodidatta”) detto lu “Milordu” ( che, influenzò l’estro artistico di Annibale), socialista e consigliere comunale dell’opposizione, uomo di forte personalità, dal temperamento austero, piuttosto incline alla ironia severa, Fanigliulo, oltre la pittura, ebbe anche un’altra passione: quella politica, che gli costerà nel 1943 la denuncia per attività antifascista.”(4)

“(3) Reduce dalla prima guerra mondiale, Fanigliulo riprese ad esercitare il suo mandato di consigliere comunale, partecipando abbastanza assiduamente alle riunioni consiliari dal marzo 1919 al maggio 1920..e dal 1922 al giugno 1926….va ricordata la sua posizione nella spaccatura consiliare determinatasi il 28 giugno 1924 in seguito alla proposta formulata da Salvatore Perduno per cui il Comune di Grottaglie avrebbe dovuto inviare un telegramma di condoglianze alla vedova di Giacomo Matteotti, assassinato dai sicari fascisti il precedente 10 giugno.  

Messa in votazione al termine di un acceso dibattito, la proposta fu approvata con un solo voto di differenza: tra i dieci consiglieri favorevoli c’era anche Fanigliulo.”  Nella successiva seduta dei primi di Luglio del 1924, sindaco Giuseppe Marinaro (12 giugno 1922-21ottobre 1926), “ (4) associandosi allo sdegno comune, precisava che il Consiglio, corpo amministrativo eccederebbe la sua competenza con siffatta manifestazione, tenuto appunto conto delle conseguenze suscitate dal grave reato in tutta Italia, per cui facile dubitare del fine della proposta.” Dopo l’approvazione della proposta di Perduno “ ne sortiva un autentico vespaio.. Traversa ,Fornari, Di Palma, Cavallo, Lupo e Coviello, assenti nella tornata del 28 giugno, presentavano una mozione, in cui rilevavano non poter deliberare sull’invio di un dispaccio alla vedova dell’On. Matteotti  perché non all’ordine del giorno.

Traversa dichiarava “ l’intimo scopo di quel voto, il quale, se in apparenza rispondeva ad un atto di commossa umanità, in sostanza bisognava tener conto la proposta fatta da certe persone, balzata da certi banchi, che non danno affidamento della loro sincerità, trattandosi, invece, di un ‘indegna speculazione alla quale mal fecero ad associarsi vari consiglieri della maggioranza”. Questa deliberazione, per comprendere il momento particolare, era successiva alla seduta straordinaria del Consiglio del 27 febbraio 1923, per un tributo omaggio, di ammirazione e riconoscenza al Presidente del Consiglio S. Ecc. Benito Mussolini “(4) introduceva il sindaco, il quale invitava a testimoniare un sincero ed ossequiente voto di consenso al capo del Governo, espressione viva e palpitante del generale sentimento di ammirazione e riconoscenza per l’opera patriottica ispirata ai sani e fondati principi di restaurazione e di libertà e di libertà. Proponeva, quindi, l’invio di un doveroso omaggio di solidarietà e intitolare a suo nome una delle vie del paese.

Tutti in piedi, plaudendo entusiasticamente, stabilivano, senza alcun parere contrario, dedicare a Benito Mussolini l’allora Via Ennio, tale denominazione passava alla via Via due Mari, sopprimendo quest’ultima intestazione.” Dunque con delibera n. 57 del 27.02.1923 si deliberava “Tributo di omaggio, di amministrazione e di riconoscenza al Presidente del Consiglio dei Ministri S. Ecc. Benito Mussolini” a seguire con delibera n.42 del 23 maggio 1924 ( assenti i consiglieri dell’opposizione) si deliberava “Conferimento della Cittadinanza Onoraria a S. Ecc. Benito Mussolini”. L’arrivo del cinema e teatro a Grottaglie lo racconta l’attore e regista Alfredo Traversa in “MUSSOLINI E MIA SUOCERA”

“arriva il teatro a Grottaglie prima della marcia su Roma, un nuovo teatro denominato “Teatro Vittorio Veneto”, 1911, oltre al teatro arriva il telegrafo, 28 Novembre 1911 da Taranto arriva un manager teatrale Vincenzo Fusco (..baffoni e bombetta,), che a sue spese, primo esempio di fusione di pubblico e privato, vuole realizzare un teatro, entusiasmo di tutto il consiglio comunale ..appalusi e cori…Fusco…Fusco…Fusco, nel ‘900 a Grottaglie non c’era la corrente elettrica, il Fusco riuscì ad illuminare una strada del centro storico era illuminata con un generatore presente nel teatro, quindi il teatro illumina la buia

città, scena felliniana, il vero teatro.16 Maggio 1912 inaugurazione del teatro “Battista”, anche nella vita di Mussolini il teatro ha avuto un ruolo.

 A Grottaglie prima in provincia di Lecce sino al 2 settembre del 1923, quando  per disposizioni del Duce diventa provincia di Taranto, arriva il 7 Settembre 1934, nella stazione ferroviaria di Grottaglie inaugurata nel 1886 dal ministro dell’agricoltura Bernardino Grimaldi,  il Duce socialista Benito Mussolini.”

Gli anni ‘ 30 non “ tralasciò mai di dipingere ( anche a costo di doverlo fare nell’autorimessa del pullman) , Annibale ebbe- almeno così ha raccontato a Gaspare Mastro- il gratificante apprezzamento ed incoraggiamento di due importanti pittori, il grottagliese Gennaro Lupo ( 1877-1946) ed il latianese Agesilao Flora ( 1863-1952)….Annibale Arces aveva attrezzato il suo studio al primo piano del Cinema “Vittoria”, ricevette la visita di Gennaro Lupo e di Ennio Paoloni, allora direttore dell’Istituto d’Arte di Grottaglie, i quali si congratularono con il giovane pittore, tanto più perché egli non aveva frequentato alcuna scuola ad indirizzo artistico “(1).

 “ Nel 1936 Arces si trasferì a Roma dove si iscrisse al Liceo Artistico di via Ripetta,” in quel periodo “ approda alla scenografia cinematografica…intanto aveva messo su casa nel quartiere Testaccio insieme alla moglie Rina Neri ed il piccolo Giuseppe”, si legò ai pittori romani e si esprime nella pittura in senso accademico e disegnativo in una serie di ritratti e paesaggi romani. Nel 1939 si diploma al liceo artistico di Roma, allievo del pittore Fausto Vagnetti. Nello stesso arco di tempo una esperienza vissuta con Aldo Fabrizi presso la “Casa del Teatro”.. I quadri dipinti in quel periodo furono acquistati da uomini politici e dalla nobiltà romana .  “Nel  giugno del 1944 Arces rientra a Grottaglie…dopo un anno.. e per la seconda volta Annibale cercò altrove la propria “strada” e nel breve volgere di qualche mese, puntando sempre sul proprio bagaglio professionale di artista e di scenografo , si imbarcò per l’Argentina alla ricerca di quella fortuna che a Roma non gli aveva sorriso”. Dal 1947al 1956 scenografo a Buenos Aires di Emma Gramatica presso il teatro Astral. Nel 1956 Annibale rientra, e continua la collaborazione con il fratello Aurelio, continuerà a coltivare la sua “passione” per la pittura e tra  “ coloro che frequentarono Arces ricevendone consigli in materia d’arte , occorre ricordare  Gennaro Orazio, i fratelli Ciro ed Eupremio Occhibianco, Angelo Pio De Siati, Silvano  Duggento, nonché il più volte citato Gaspare Mastro. Annbale Arces venne ricoverato nell’Ospedale “San Marco” di Grottaglie  dove si spense  il 29 marzo 1994”(1).

Come detto, Annibale Arces fù maestro d’arte per i fratelli Occhibianco, e quindi ospitiamo di seguito, il ricordo affettuoso del Maestro Ciro Occhibianco, che ha voluto “donarci” questa “fotografia” dell’operato umano ed artistico di Annibale Arces.

“IL  PITTORE  ANNIBALE  ARCES   Nel ricordo di Ciro Occhibianco   

 Ho accolto con piacere l’invito del prof./ arch. Vito Nicola Cavallo a ricordare e raccontare qualcosa sul pittore Annibale Arces in quanto mi consente di farlo conoscere a chi non ne ha avuto la possibilità e di tenerne vivo il ricordo in chi lo ha conosciuto ed apprezzato.

Ho conosciuto Annibale Arces nello studio di pittura del pittore Ciro Fanigliulo, detto “lu Milordu”, che io già frequentavo, ma ebbi modo di vedere per la prima volta i suoi quadri e di conoscerlo meglio come artista e come persona in occasione di una edizione della mostra dell’Artigianato, tenutasi presso l’edificio della scuola elementare Edmondo De Amicis di Grottaglie, nella quale un padiglione era stato riservato alla pittura. In quella mostra, oltre al mio maestro, Ciro Fanigliulo, esponevano le loro opere anche Annibale Arces e Osvaldo Spagnulo, un pittore creativo ed innovativo detto “il pittore del fuoco”;

la sua tecnica infatti contemplava anche l’utilizzo di quest’ultimo. Ogni artista aveva a sua completa disposizione una sala per l’esposizione delle proprie opere. Ogni volta che il mio lavoro me lo consentiva, andavo ad ammirare i quadri del mio maestro Ciro Fanigliulo e gli tenevo compagnia; nei momenti in cui “lu Milordu” era impegnato in trattative con i visitatori/acquirenti mi spostavo nella sala accanto riservata ad Annibale Arces. Mi piaceva conversare con lui e i suoi quadri erano di mio gradimento. In quella mostra presentava quadri paesaggistici della campagna grottagliese, fiori e natura morta. Tra i vari quadri esposti ce n’era uno che mi piaceva particolarmente intitolato “la vendemmia” che rappresentava la raccolta dell’uva in tutte le sue fasi e, che ad oggi, può essere considerato una documentazione storica del lavoro contadino di un tempo. In primo piano alcune donne portavano il classico “panarieddu” pieno di uva nera da vino, altre lo riversavano nel cassone posto all’interno del vigneto; un operaio, solitamente robusto ed esperto, lo trasportava poi dal luogo in cui era stato riempito fino al “traìno”, principale mezzo di trasporto del tempo, che attendeva sulla strada del podere. 

Nel 1966 Annibale partecipò alla mostra collettiva “San Ciro”, con Ciro Fanigliulo e i fratelli Mario e Benedetto D’Amicis. Nella occasione scattai delle foto, una delle quali mi è particolarmente cara, che ritrae Ciro Fanigliulo e Annibale all’ingresso della sala.  Ad un passo da Fanigliulo c’era mia figlia Maria, ancora piccolina.  Fu una mostra che ebbe un grande successo. In quella occasione Annibale si distinse anche per la bellezza delle cornici dei suoi quadri. Fu uno dei primi a capire che una bella cornice contribuiva a valorizzare maggiormente il dipinto ed in questo, a mio parere, superò Ciro Fanigliulo. Fino a quegli anni i quadri del maestro Ciro Fanigliulo venivano incorniciati da un falegname di grande prestigio: il maestro Floriano Cometa. Erano cornici allo stato grezzo, in legno naturale; poi il pittore le dorava a piacimento con polvere oro ducato, oppure oro ricco pallido, in base alle tonalità del quadro.  I quadri di Annibale, invece, erano incorniciati in maniera moderna ed elegante da un giovane corniciaio venuto da Milano, di nome Ciccillo Coviello. In realtà si trattava di un giovane ed intraprendente grottagliese, figlio di “mestu Mmenu lu falegname” e mio vicino di casa, con il quale io mi conoscevo sin da quando eravamo da bambini.  Ciccillo, dopo l’apprendistato con il papà, era emigrato al nord ma, amante del proprio paese, dopo essersi specializzato restauratore, ritornò a Grottaglie dove continuò ad esercitare l’arte di restauratore e corniciaio.

Alla morte del Maestro Ciro Fanigliulo (nel 1969) Annibale mi chiese se mi avesse fatto piacere uscire insieme a dipingere all’aria aperta in campagna. Annibale non aveva un mezzo proprio, mentre io avevo la macchina e avremmo potuto spostarci a nostro piacimento. Risposi subito di sì. Il suo invito ad uscire insieme a dipingere fu per me graditissimo e lo considerai una vera fortuna: la pittura di Annibale era simile alla pittura di Fanigliulo: anche lui ha sempre dipinto ad olio e i suoi quadri erano davvero belli.

La frequentazione di questo nuovo maestro mi avrebbe consentito di proseguire nell’apprendimento della nobile arte della pittura. Dipinsi il mio primo quadro con il nuovo maestro in un campo di grano antistante la masseria di Bucito /Frantella confinante con la pineta, lì dove oggi esiste un vigneto. Annibale Arces dipingeva rigorosamente dal vivo/vero e qualunque fosse il soggetto del proprio quadro lo riproduceva fedelmente sulla tela. Se a mio giudizio per disegnare bene un albero di ulivo era sufficiente che l’osservatore lo riconoscesse come tale, per Annibale era indispensabile che ogni ramo disegnato fosse identico a quello esistente sull’albero.  Non capivo il perché. Ricordo che una volta, osservando il mio disegno, mi rimproverò dicendo: “Ciro, secondo te, era necessario venire fin qua per dipingere una cosa che così non è?”.  Ero intimidito dal suo tono autorevole; non replicai, né feci altre domande. Tempo dopo mi spiegò che abituandosi a disegnare in modo preciso le cose, sarebbe stato più facile anche fare il ritratto di una persona che fosse davvero somigliante. Annibale (così mi aveva abituato a chiamarlo), pertanto, anche quando dipingeva un paesaggio o una natura morta li riproduceva fedelmente in ogni particolare come se stesse facendo il ritratto di una persona. Uscivamo tutte le domeniche e i lunedì, compatibilmente con i miei impegni di lavoro.  La direzione era sempre quella di Specchia Tarantina. Poi si passava ad attraversare il vasto reticolo di strade fino a giungere alla Valle D’Itria.  Mentre io guidavo, il suo sguardo attento cercava qualcosa di interessante. Una volta scelto il posto mi indicava cosa e come realizzare il dipinto. Spostandoci con la macchina, di volta in volta, imparammo a conoscere una vasta zona della campagna Martinese. Conoscemmo pure tante persone, che abitavano stabilmente nei trulli, che spesso ci omaggiavano di fichi freschi raccolti al momento dagli alberi.  Annibale era innamorato della campagna martinese, disseminata da tanti trulli, e   privilegiava le alture che gli consentivano di avere una visione panoramica della zona e di creare la profondità nel quadro.

Egli era espertissimo in questa tecnica avendo per molto tempo esercitato l’arte della scenografia e dipinto molti sfondi per il teatro. Infatti era avvezzo a usare termini tecnici propri dell’arte teatrale: ad esempio “un bel taglio” stava a significare una bella inquadratura; oppure, quando mi diceva: “guarda Ciro, questo albero lo usiamo come “quinta””, voleva dire che l’albero veniva utilizzato come oggetto da porre in primo piano, per poi realizzare i vari piani prospettici.  Quindi si iniziava a dipingere in un religioso silenzio. Gli unici rumori che si potevano percepire erano il rumore di qualche attrezzo agricolo in lontananza e il cinguettio degli uccelli o il frinire delle cicale. Io osservavo con ammirazione la rapidità con cui Annibale realizzava il suo quadro. Quando io ero ancora a metà dell’opera, lui aveva già finito. Terminato il suo lavoro il Maestro si metteva a completa disposizione dell’allievo. Guardava con occhio critico il mio lavoro, mi suggeriva come migliorarlo, ascoltava con attenzione le mie domande e mi dava gli opportuni suggerimenti. Annibale dipingeva in maniera precisa e veloce sia per fissare immediatamente sulla tela l’immagine che aveva suscitato in lui quella certa emozione e sia perché, come lui stesso mi aveva spiegato, con il trascorrere delle ore cambia la posizione del sole e, cambiando la fonte di luce, conseguentemente la proiezione delle ombre non è più quella disegnata all’inizio.

Pertanto non era consentito distrarsi neanchè un po’. Quando aveva finito, la tela risultava coperta del colore in tutte le sue parti. Per me il quadro poteva dirsi completato e, anche quando dava l’idea del non finito, mi piaceva così. Il maestro, però, nel pomeriggio, oppure nei giorni seguenti, rivedendolo, continuava ad apportare modifiche e migliorie fino a quando non lo riteneva perfetto. In molti, come me, hanno avuto il piacere di conoscerlo e di dipingere con lui “en plein air ” e tra questi anche mio fratello, Eupremio, pure lui, come me, appassionato di pittura.

Lo presentai ad Annibale che lo accolse con molto piacere. Anche Eupremio, come me, fu conquistato dalla personalità di Annibale e della sua pittura. Iniziò a frequentarlo assiduamente e, grazie a questa frequentazione, acquisì anche lui maggiori competenze nell’arte pittorica. Poche volte abbiamo dipinto delle marine; quasi sempre ci siamo fermati a dipingere nelle cave abbandonate, dove crescevano alberi di mandorli. Proprio lì sono stati realizzati bellissimi quadri di “Primavere”.  Tante volte abbiamo dipinto nella pineta di Frantella e in quella di Fantiano. La zona di Fantiano oggi è molto conosciuta e apprezzata per la sua suggestiva bellezza paesaggistica e per la ricca vegetazione di erbe aromatiche e officinali. Oggi vengono organizzati percorsi guidati e conoscitivi di questo meraviglioso posto che inizia ai piedi della “Cascatella” per finire all’attuale Palco Teatrale.

Annibale conosceva benissimo questi luoghi ed era felice di farmi da Maestro di pittura e da guida in questi posti così suggestivi, a me sconosciuti, e dai quali rimanevo affascinato. Cominciò così il periodo in cui, lavorando instancabilmente, realizzò più mostre personali, tanto che si era guadagnato la stima e la considerazione di molti estimatori acquirenti ed anche di altri pittori Maestri d’Arte. Annibale ha sempre dipinto ad olio e sui suoi quadri era ben visibile lo spessore del colore e della pennellata, l’alternanza dei toni caldi con quelli freddi, gli spazi erano ben calcolati e la luce ben dosata.  Tutto ciò lo portò ad essere apprezzato dalla clientela e ad ottenere prestigiosi riconoscimenti in ambianti artistici qualificati. Annibale ci ha lasciati il 29. 03. 1994 Anche la sua morte, come quella di Ciro Fanigliulo, mi ha addolorato profondamente facendomi sentire orfano di un amico e di un maestro, ma gli insegnamenti tecnici ed umani che mi ha trasmesso nel corso degli anni che l’ho frequentato me lo fanno ricordare ancora oggi con tanta stima e gratitudine.

L’Avvocato Michele Mirelli dichiara “brochure che feci stampare immediatamente dopo la mostra Europea a Parigi dei pittori del Mediterraneo, che Annibale Arces vinse con il quadro raffigurante i due faggiani. La critica internazionale evidenziò la bellezza dei colori e la rigidità del rigor mortis delle zampe. Faggiani che fui costretto a mangiare nonostante la eccessiva frollatura. Avendo provveduto alla spedizione del quadro a Parigi, Annibale mi ebbe sempre ad esprimere grande gratitudine essendo nell’animo un generoso altruista ed a cui ero legatissimo . L’affetto lo dimostra lo scritto che ebbi a redigere per la presentazione di una mostra che registrò uno strepitoso successo . Grazie Architetto di tale ricordo di un magnifico artista, unico nel suo genere e che mi permetto definire un post /macchiaiolo“.

(1) Pittori del XX secolo: La scuola di Grottaglie. Annibale Arces – Città di Grottaglie (2004) prof. Giovangualberto Carducci in – L’identità dalla pittura. Profilo biografico di Annibale Arces.

(2) Grottagliesi XX secolo-edizioni zoom di Francesco Occhibianco.

(3) Giovangualberto Carducci- Il Milordo:  Il pittore più popolare del paese. Profilo biografico di Ciro Fanigliulo (1881-1969) in “Pittori del XX secolo: la scuola di Grottaglie. Ciro Fanigliulo-2006-Edito dalla Città di Grottaglie.

(4) “Amministratori e Amministrati postunitari grottagliesi” volume II 1900-1943 di Padre Francesco Stea e Prof. Luigi Galletto.

(5) Don Cosimo Occhibianco- “CCUSSI’ SI SINTEVUNU LI NANNI NUESCI “-dizionario storico dei soprannomi grottagliesi.

(6) Prof. Gennaro Orazio.“TRATTI E RITRATTI “ di personaggi grottagliesi