“GIAMMAI RINUNZIEREMO AL CRISTIANESIMO CHECCHÈ SIA SUCCEDERE DI NOI”. FU IL SEGNALE DEL MARTIRIO. CON VIOLENZA IL NOSTRO EROE FU SCHIAFFEGGIATO ;POSCIA DENUDATO DAI CARNEFICI, FU PERCOSSO CON DURI E NODOSI BASTONI FINCHÈ LE OSSE DELLE GAMBE E DELLE BRACCIA SCRICCHIOLANDO PER LE BARBARE PERCOSSE FURONO AMMACCATE E DISLOGATE”
“S. CIRO M.E. E M”- CENNI BIOGRAFICI “.DI GIUSEPPE PETRAROLI ARCIPRETE 1939.
Il Martirio e la morte di San. Ciro nel racconto dell’arciprete Petraroli fonte d’ispirazione per similar sacerdoti che consentono balli e lazzi sul simulacro del Santo Patrono qual è la focra. Petraroli “giammai rinunzieremo al cristianesimo checchè sia succedere di noi”. Fu il segnale del martirio. Con violenza il nostro eroe fu schiaffeggiato ; poscia denudato dai carnefici, fu percosso con duri e nodosi bastoni finchè le osse delle gambe e delle braccia scricchiolando per le barbare percosse furono ammaccate e dislogate. A quelli di bastoni seguirono i colpi sibilanti di staffili, per illividirne, gonfiarne e squarciare i muscoli e dai brani scissi e tumescenti zampillava il sangue intridendo tutto il corpo con le sue onde purpuree. Questo divenuto tutto una piaga, con lunghi ed acuminati chiodi furono forate le gambe e le braccia, fiaccole accese furono accostate alla carne sanguinante per bruciarla e carbonizzarle, mentre altri dopo la barba ustione aspergeva le piaghe con aceto e con sale e fregandole con panni intessuti di setole intensificavano gli spasmi atroci al santo paziente. Da ultimo, immerso in una caldaia di pece bollente, S. Ciro , rinnovando il prodigio ei tre fanciulli immersi nella fornace di babilonia, cantava le glorie del Signore.”
S. CIRO M.E. E M. ETIMOLOGICAMENTE CIRO (KER, PRESSO GLI EGIZIANI, E KYROS, PRESSO I GRECI ) VUOL DIRE INTREPIDO, POTENZA.
L’opera dedicata dal professore e sacerdote don Giuseppe Petraroli, che negli anni ’30 del novecnto, dedicò una approfondita monografia al Santo di origine egiziana.
In “S. Ciro M.E. e M”- cenni biografici “, Giuseppe Petraroli Arciprete – Studioso 1874 – 1953 nacque a Grottaglie il 27 agosto 1874 da Francesco, di professione figulo e Mutata D’Abramo filatrice, già da piccolo mostrò spiccate propensioni all’arte, alla poesia e alla musica (2), nel 1939 consegna alle stampe un opera di particolare interesse per la conoscenza del Santo proveniente dalla città di Alessandria in Egitto, introdotto da Napoli a Grottaglie da “O patre Francisco” San Francesco de Geronimo, nella quale sono evidenziate ” benemerenze soprannaturali della sua professione ed evoluzione del suo culto ed origine e sviluppo della sua devozione” nelle due città di cui è Santo Patrono. In prefazione don Giuseppe Petraroli si rivolge ai fedeli e devoti di San Ciro, facendo cenno alla sua lontananza dalla collegiata , infatti (2) don Giuseppe dovette subire “la pronuncia dell’interdizione da parte di Mons. Mazzella, con la rinuncia del Petraroli all’arcipretura il 29 novembre 1921, sia
allo scoppio di sommovimenti popolari, sia, infine, all’arresto del Petraroli, l’11 aprile 1924 “ e così introduce “ volentieri aderisco all’invito rivoltomi dal Sig. Priore della Confraternita del SS. Rosario , della quale la non breve lontananza, non ha affievolito i reciproci vincoli di leale amicizia e di inalterabile stima. Questa nuova edizione della vita di S. Ciro, riveduta ed ampliata…. è consolante la celebrazione del 31 gennaio come oggi si svolge a Grottaglie…un salutare risveglio nei confratelli componenti la Commissione generato dalla divina parola e dalla maggior comprensione della missione di S. Ciro, tutto ciò concorse al moderno splendore ed alle salutari esaltazioni di una divozione spenta, ma sopita. Manifestazioni magnifiche e spontanee che suscitarono in altri il desiderio di avocare a sé l’iniziativa della festa, togliendola alla Confraternita: ma che rimase frustato perché il diritto acquisito di questa è saldamente fondato e venne tempestivamente difeso da chi ne aveva dovere” anche in quel tempo non erano rare le polemiche, sulle modalità di svolgimento ed organizzazioni dei festeggiamenti per il Santo patrono. Prosegue don Giuseppe” Questa nuova edizione è stata da numerose illustrazioni in foto-zincotipia dovute al geniale intuito di un artista anche Grottagliese, Ciro Rosati, che ha voluto col suo contributo prezioso e disinteressato renderla più attraente”. Nello svolgere della presentazione delle dell’opera di Don Giuseppe Petraroli, inseriremo diverse immagini ottenuto proprio con la zincotipia, una tecnica molto innovativa per l’epoca, la stessa rientrava tra i processi fotomeccanici a rilievo per la pubblicazione di stampe antiche. Il principale pregio della zincotipia risiedeva nella possibilità di stampare il supporto, che era una lastra di zinco come ricorda il termine stesso di zincotipia, con la macchina tipografica assieme ai caratteri di stampa. L’uso dello zinco era preferito al rame o all’ottone principalmente per il minore costo.
Don Giuseppe Petraroli entra nella tematica specifica dell’operato del Santo “ essendo la medicina uno strumento politico, sociale, religioso, il più potente di elevazione delle masse , non si giudicherà fuori di proposito se si è voluta richiamare l’attenzione del lettore sopra questo argomento di generale attualità. I. Havet, professore all’Università di Lovanio, ha dimostrato l’influenza di essa sull’avvenire delle missioni cattoliche…La medicina è la forma tangibile di civiltà e di scienza che l’indigeno intuisce prontamente ed accetta: è il piedistallo che
innalza il bianco ai suoi occhi, altrettanto quanto la forza delle armi che lo accompagnano. Il medico è sempre un ausiliario prezioso per perfezionare la conquista morale delle popolazioni. L’azione sanitaria è formidabile nel campo sociale pel suo influsso benefico: dinanzi ad essa nessuno più dubita e ognuno s’ichina. E ci consola il pensiero che uno scienziato ha popolarizzato la vita di due medici Italiani. Edgar Schorer-Laforet dottore in filosofia e scienze economiche e politiche, ha preparato quella di Giuseppe Moscati, il medico napoletano che ha veramente “realizzato” l’Azione Cattolica, intesa come un farsi tutto a tutti perché l’ideale di G. C. permei la vita e l’innalzi sulle vette più alte la croce del salvatore del mondo. La biografia scritta col cuore e col sentimento è dedicata a tutti i medici cattolici perché l’esempio dell’italiano si diffonda tra coloro che per divina missione, curano i corpi, tempio dello Spirito Santo ed involucro dell’ anima umana…Occorre che la “potenza del sacrifizio” non dello slancio vitale, che è un salto nel vuoto, dell’eroismo senza scopo, che produce ebbrezza artificiale, non tendente solo alla conquista di fini terreni, che sarebbe egoista, interessato e privo di base, ma del sacrifizio consapevole del proprio continuo rinnovamento, nell’accettazione cristiana del dolore come elemento divino di ravvedimento, di purificazione, di rinascita. Non perdiamo di vista i nostri martiri; che più degli altri col proprio sangue cooperano a riconciliare, fecondare, redimere il mondo, propagando in esso le due forze più conservatrici, progressive e civilizzatrici , cioè: la VERITA’ e la CARITA’.-Grottaglie (Taranto) li 28-8-1938-XVI. “.
LE ORIGINI
(1) “Alessandria d’Egitto, che vanta a suo fondatore Alessandro il Grande, figlio di Filippo Re di Macedonia, città illustre negli annali del cristianesimo per aver accolta con prontezza la fede di G. C. predicatavi dall’Apostolo S. Marco chiara
ancora per essere stata una delle più illustri Sedi Patriarcali del mondo cattolico, oggi il più gran porto commerciali e militari di quella regione, va pure gloriosa di aver dato i natali al nostro S. Ciro M.E. e M. Etimologicamente Ciro (Ker, presso gli Egiziani, e Kyros, presso i Greci ) vuol dire intrepido, potenza;
onde il suo nome già preconizzava la intrepidezza dell’anima nel difender la fede, e la potenza nel sovvenire gli indigenti….Vi è anche una città chiamata CIRO, Sede Vescovile nella provincia eufratense nella diocesi di Antiochia, sotto la metropoli di Jerapoli, distante da Antiochia due giorni di cammino. E’ fama che i giudei, tornando da Babilonia avessero fabbricato quella città in onore del Condottiero persiano Ciro, che loro aveva reso la libertà. Giustiniano,
per rendere all’Impero più utile questa città, ed onorare ad un tempo stesso i corpi di S. Cosimo e Damiano, anch’essi medici, che vi erano sepolti, la circondò di buone mura, e vi fece fabbricare delle bellissime case. In una antica notizia ecclesiastica questa città è chiamata pure “civitas Sanctorum”, città dei Santi, certo perché racchiudeva il corpo di quei santi….nel martirologio Romano, come martire medico e Santo il Nostro è unico di tal nome. La storia non ci ha tramandato i nomi dei suoi genitori fortunati; la sua professione di medico, indica senza dubbio la nobiltà del suo casato. S. Sofromio lo dice glorioso per virtù e nobiltà e soggiunge: perché poi ci sono sconosciuti i suoi genitori e la sua famiglia, ci è noto nondimeno per divina rigenerazione, egli avere avuto Dio per Padre che lo rigenerò per l’acqua e pel sangue, e per madre poi ebbe la chiesa ortodossa di Dio Padre. ”
- “S. Ciro M.E. e M”- cenni biografici. Varie traslazioni delle Sante Reliquie. Benemerenze soprannaturali della sua professione. Evoluzione del suo culto. Origine e sviluppo della sua devozione in Grottaglie”. Terza edizione riveduta ed ampliata. Stab. Tip .”PROGRESSO” Francavilla Fontana-1938-XVII.
- “San Ciro Medico Eremita e Martire” a cura di Rosario Quaranta. Grottaglie 2001.Parrocchia Chiesa Matrice Maria SS. Annunziata.
IL MEDICO
“Non altro conosciamo della sua fanciullezza. S. Sofromio e S. Cipriano però ebbero cura di registrare le sue virtù cospicue e le principali gesta del suo apostolato; ed il primo lo afferma medico di professione; homines patientes medicabit e contrappone la professione militare di Giovanni a quella medica di S. Ciro, presa nel senso proprio e non già metaforico. Questo spiega l’alto prestigio di Ciro sopra i suoi contemporanei. Le virtù cristiane esercitate da Lui in grado eroico, sostenute e confermate dalla forza dei benefizi visibili, che a tutti rendeva per il gratuito e generoso esercizio della sua filantropica professione; gli conciliavano l’affetto dei gentili, confortavano i neofiti ed in tutti suscitavano un vivo desiderio di diventare migliori. Più che medico dei corpi era medico delle anime, né operava guarigioni senza guadagnare anime a G. C…Ciro Alessandrino fu medico nel vero senso della parola. Al suo tempo la medicina era uscita dal periodo d’infanzia, aveva acquistato la sua autonomia svincolandosi dalle pratiche magiche e superstiziose. Non dico che non vi fosse ancora in giro molta ciarlataneria ventilata dagli auguri dagli auspici, dai maghi, e da tutti quei sacerdoti idolatri che avevano interesse a perennare uno stato di cose che per loro era fonte di lucro. Ma dalla Scuola Italica la medicina era stata avviata sul sentiero luminoso di un progresso che non poteva fallire a sicura meta. Anche oggi nonostante gli indiscutibili progressi della chirurgia e della terapia, che talvolta hanno quasi del miracolo, c’è chi crede agli stregoni ed alle loro arti magiche ed interventi diabolici: lasciandosi docilmente spolpare nella speranza di una guarigione. La moneta falsa apparisce sempre acanto alla buona. Per quelle deprecabili confusioni e generalizzazione che si verificano spesso nella vita pratica, per i cattivi soffrono i buoni; e per gli sfruttatori, sempre più audaci, gli scienziati sono stati derisi ed anche perseguitati. Nei primi secoli del cristianesimo il medico era stimato ma talvolta anche deriso: confondendosi in una due classi opposte che si dovrebbero sempre, in omaggio alla obbiettività, tener distinti. La storia nei suoi contrasti mi offre l’occasione di più profonde meditazioni “.
- “S. Ciro M.E. e M”- cenni biografici. Varie traslazioni delle Sante Reliquie. Benemerenze soprannaturali della sua professione. Evoluzione del suo culto. Origine e sviluppo della sua devozione in Grottaglie”. Terza edizione riveduta ed ampliata. Stab. Tip .”PROGRESSO” Francavilla Fontana-1938-XVII.
- “San Ciro Medico Eremita e Martire” a cura di Rosario Quaranta. Grottaglie 2001.Parrocchia Chiesa Matrice Maria SS. Annunziata.
L’EREMITA
(1) “Per quella sapienza che rende i Santi così perspicaci nella scelta dei mezzi più adatti in conseguimento dell’ ultimo fine, S. Ciro previde che nel mondo mai avrebbe potuto procacciarsi forza per resistere alla crudeltà della persecuzione già bandita contro i cristiani, ed egli pensò di rifugiarsi nel deserto. Questa, che per alcuni deboli di fede ha la parvenza di una fuga o di un ripiego da anime timide, fu invece manifestazione più schietta della santità di Ciro. Nel silenzio, nel digiuno, nella preghiera continua, nella austera mortificazione della sua carne, potè ascoltare più facilmente la voce del Signore, il quale rifugge dal palesarsi ad un cuore distratto da mondani rumori e da affetti profani. Ciro nel castello di Cetzo, nell’Arabia, si accese di più fervido amore per G. C. e a consolatore per gli spasimi altrui, si fece carnefice di se stesso e delle proprie passioni per amor del suo Maestro divino.”
L’EDESSENO
(1) Ma nella solitudine non vi rimase a lungo solo. Quando più Ciro fuggiva il mondo, tanto più o mondani, attratti dal profumo delle sue virtù, lo cercavano. Pare che Egli avesse avuti molti seguaci per la fama del suo nome e l’ardore delle sue virtù straordinarie. Celebre fra tutti si rese quel Giovanni nativo di Edessa, e suo compagno nel martirio. Giovanni era un giovane soldato dell’esercito imperiale di Roma. Diede prova del suo valore militare negli otto mesi che nel 296 l’Imperatore Diocleziano tenne stretto d’assedio l’Egitto, per riconquistarlo dalle mani di Achilleo. Vittorioso egli entrò in Alessandria , combattendo contro Cristo insieme a Diocleziano, che perciò lo tenne in altissima stima e lo colmò di onorificenze. Fatto consapevole delle virtù di Ciro,
chiese congedo dall’Imperatore ( quando costui domato l’Egitto passava in Mesopotamia per fiancheggiare le truppe di Cesare Valerio in lotta contro i Persiani ); e dopo aver visitato i luoghi santi, si recò in Arabia nel Castello di Cetzo, s’incontrò con Ciro, dimorò con lui 4 anni, rispecchiandone in sé virtù, praticandone gli esempi. La fede cristiana si diffondeva largamente anche nell’esercito imperiale Diocleziano tenendosi minacciato pensò di procedere ad una epurazione , allontanando quelli che sembravano simpatizzare con la nuova religione. La sua ordinanza fu inconsulta perché venne così a privarsi dei più stenui e fedeli soldati. Fra questi vi fu Giovanni di Edessa che dopo il suo pellegrinaggio a Gerusalemme, si ritirò presso di Ciro per rimanere a lui unito nella penitenza nel martirio, nella tomba, nella fama , sulla terra e nella gloria in cielo.
IL MARTIRE
(1) “Diocleziano…espresse al prefetto Siriano il desiderio di vedere il Taumaturgo Ciro. Non è chiara la sua intenzione, forse al par di Erode era curioso di ammirare dei miracoli. Ma Ciro pensò di eludere i disegni di costui sottraendosi alle sue ricerche e fuggendo nel Castello di Cetzo. Tanto più che questo imperatore non meno che al cristianesimo mosse guerra alla medicina, ordinando che fossero bruciati nell’Egitto tutti i libri che parlavano di questa scienza ed avendo i medici in conto di maghi e di stregoni. A causa di questi infami rimestatori l’arte medica , da principio tanto onorifica e gloriosa, cominciava a cadere in discredito….S. Ciro sottrattosi alle ricerche del curioso imperatore Diocleziano, per la salute eterna dei suoi confratelli stimò opportuno presentarsi a Siriano…Con generoso sorriso sulle labbra rispose a Siriano “ Noi abbiamo l’uso di soggiungere poche parole alle molte; sappi pertanto, o Prefetto, che noi rifiutiamo questi onori che teniamo di nessuna valore e giammai rinunzieremo al cristianesimo checchè sia succedere di noi”. Fu il segnale del martirio. Con violenza il nostro eroe fu schiaffeggiato ; poscia
denudato dai carnefici, fu percosso con duri e nodosi bastoni finchè le osse delle gambe e delle braccia scricchiolando per le barbare percosse furono ammaccate e dislogate. A quelli di bastoni seguirono i colpi sibilanti di staffili, per illividirne, gonfiarne e squarciare i muscoli e dai brani scissi e tumescenti zampillava il sangue intridendo tutto il corpo con le sue onde purpuree. Questo divenuto tutto una piaga, con lunghi ed acuminati chiodi furono forate le gambe e le braccia, fiaccole accese furono accostate alla carne sanguinante per bruciarla e carbonizzarle, mentre altri dopo la barba ustione aspergeva le piaghe con aceto e con sale e fregandole con panni intessuti di setole intensificavano gli spasmi atroci al santo paziente. Da ultimo, immerso in una caldaia di pece bollente, S. Ciro , rinnovando il prodigio ei tre fanciulli immersi nella fornace di babilonia, cantava le glorie del Signore.”
- “S. Ciro M.E. e M”- cenni biografici. Varie traslazioni delle Sante Reliquie. Benemerenze soprannaturali della sua professione. Evoluzione del suo culto. Origine e sviluppo della sua devozione in Grottaglie”. Terza edizione riveduta ed ampliata. Stab. Tip . ”PROGRESSO” Francavilla Fontana-1938-XVII.
- “San Ciro Medico Eremita e Martire” a cura di Rosario Quaranta. Grottaglie 2001.Parrocchia Chiesa Matrice Maria SS. Annunziata.
31 GENNAIO
(1)”Dopo il martirio.. Siriano tornò all’assalto per guadagnare l’nimo di Ciro e Giovanni al paganesimo ed indurli alla adorazione degli idoli. Ma invano.
Umiliato per tante ripulse, indispettito per tanta costanza, inferocito per l’esito negativo dei suoi abbominevoli tentativi pronunziò contro i due campioni della fede la sentenza di morte così formulata : “Noi, giusta gli imperiali decreti, giudichiamo Ciro” prevosto dei Galilei e Giovanni a Lui simile in religione degni ambedue di essere decapitati, perché disobbedienti ai decreti imperiali e per non avere soprattutto voluto sacrificare agli Dei .” La sentenza fu eseguita in Canòpo il 31 gennaio dell’a. 303 IX del Consolato, XIX dell’impero di Diocleziano.”
IL CULTO
(1) “ I corpi di questi santi martiri furono raccolti con profonda pietà dai fedeli e collocati nel tempio maggiore di Canòpo, consacrato a S. Marco, frustando così l’ordine prefettizio che li voleva insepolti e dispersi. Prodigi numerosi e strepitosi
furono dopo la morte operati da S. Ciro e la sua fama si sparse nell’oriente e nell’occidente. Per opera del vescovo Apollinare; la casa di S. Ciro fu trasformata in chiesa consacrata ai tre fanciulli di Babilonia, perché come essi tra le fiamme aveva benedetto il Signore. Essendo Papa Innocenzo I ed imperatore Onorio nell’a. 414 , le reliquie del Santo furono trasferite in Menute (Menouthis) per opera del Patriarca Cirillo . Papa Celestino I chiese all’imperatore Teodosio II le sante reliquie che sul principio del secolo V furono trasferite a Roma. Oggi insieme ad altri corpi di Santi riposano nella chiesa del Gesù Nuovo in Napoli, nella cappella a sinistra dell’altare maggiore , in cornu evangeli, già sacra all’Agusta S. Anna e di poi dedicata a S. Francesco de Geronimo, quando la chiesa gli decretava i supremi onori; finchè nel 1860 da quest’altare le ossa di S. Ciro vennero trasferite all’altare accanto, sacro al SS. Crocifisso, come più estesamente diremo parlando delle diverse traslazioni, rinchiuse in un’urna marmorea, sui cui si legge :
CORPUS
S.CYRI-MARTIRISI
TRANSL.A.S.
MDCCCLX
In merito al trasferimento a Roma, lo storico Rosario Quaranta amplia la storica vicenda (2)“ sul trasporto delle reliquie da Menouthis a Roma c’è di certo che esse, non sappiamo bene quando e a opera di chi, furono “deposte in una chiesa sulla via Portuense, a destra del Tevere, il cui nome, S. Ciro, per una serie di trasformazioni linguistiche, da Abbaciro (Abate Ciro) diventò per il popolo S. Passera o S. Prassede. Questa chiesa fu meta di pellegrinaggio durante il Medio Evo ed è ricordata negli Itinerari Romani Nell’ipogeo di questa chiesa furono, quindi, riposti i corpi di Ciro e Giovanni, e si pose un’epigrafe che recita :
CORPORA SANCTA CYRI REINITEN HIC
ATQUE JOHANNIS
QUAE QUONDAM ROMAE DEDIT
ALEXANDRIA MAGNA
La reposizione delle reliquie in S. Prassede o S. Passera è testimonianza pure nella narrazione di Gualterio, scritta durante il pontificato di Innocenzo III, nel 1204, per incarico di Cencio Camerario ( poi divenuto Onorio III).” I corpi dei martiri Ciro e Giovanni lasciarono l’Egitto, e innanzi tutto approdarono a Costantinopoli. Ivi dovettero rimanere delle reliquie, prese dalla parte più nobile che è la testa; dopo Costantinopoli, la nave approdò a Bari, e indi proseguì il viaggio per Roma, si fece sosta in Trastevere in casa di Teodora, e poi sacri corpi furono sepolti in S. Passera o S. Prassede.(2)
A Roma già il culto dei martiri alessandrini era diffuso, specialmente nella chiesa di S. Michele Arcangelo. Ora detto di S. Angelo in Pescheria. Naturalmente fu questa chiesa di monaci e pescatori a ricevere i corpi dei due martiri, allorchè prima del 1400 per salvarli dalle inondazioni del Tevere furono tolti da S. Passera e riportati in città; per questo la chiesa addirittura mutò nome e si chiamò di S. Abbaciro. Quindi non fu difficile prendere reliquie da quei due corpi e inviarle a Monaco di Baviera, al collegio di S. Michele della Compagnia di Gesù; né fu difficile prendere tutto il rimanente dei due santi corpi e inviarli alla chiesa del Gesù Nuovo in Napoli.
A Napoli, come a Roma, il culto verso i due martiri da tempo immemorabile, grazie alla presenza di colonie di mercanti alessandrini che presso il vico detto appunto de Alexandrinis avevano edificato un tempio in loro onore. Al tempo dei Normanni e degli Svevi fu addirittura eretto un Sedile denominato di S. Abbaciro. Diverse cappelle beneficiali furono a lui dedicate nei vari rioni della città. Ma già nel famoso calendario marmoreo napoletano del secolo IX scoperto nel 1742 in S. Giovanni Maggiore in Napoli durante i restauri di quella basilica, ed illustrato dal Mazzocchi e dal Sabatini, si trova scritto “ Passio S. Cyri et Joannis; e nel secolo successivo un cronista napoletano, cioè il suddiacono Pietro Partenopeo, descrisse una Passione dei santi Giro e Giovanni. Si può quindi dire che quando nel secolo XVII giunsero a Napoli le reliquie dei santi martiri, essi non erano affatto estranei al culto popolare di questa città. Da questo momento culto e reliquie si associano a luoghi e persone legate alla Compagnia di Gesù e in particolare alla grandiosa chiesa del Gesù Nuovo e alla straordinaria figura ndi S. Francesco De Geronimo che sarà il più convinto ed efficace propugnatore della devozione ai due martiri. Le reliquie dei nostri santi, insieme con quelle di diversi altri, furono collocate in vari altari di detta chiesa e specie all’altare maggiore.”(2)
- “S. Ciro M.E. e M”- cenni biografici. Varie traslazioni delle Sante Reliquie. Benemerenze soprannaturali della sua professione. Evoluzione del suo culto. Origine e sviluppo della sua devozione in Grottaglie”. Terza edizione riveduta ed ampliata. Stab. Tip .”PROGRESSO” Francavilla Fontana-1938-XVII.
- “San Ciro Medico Eremita e Martire” a cura di Rosario Quaranta. Grottaglie 2001.Parrocchia Chiesa Matrice Maria SS. Annunziata.
(1) “ Tenera, commovente e grande è la devozione con la quale Grottaglie onora la memoria del martire S. Ciro, perché è il pegno dolcissimo del patrio amore di un Santo concittadino Francesco De Geronimo ed il prezioso legato del suo tenero affetto. Sembra che S. Ciro e S. Francesco s’impegnassero fra loro, il primo ad accodare a Francesco quanto gli chiedeva per sé e per gli altri: il secondo a diffondere la divozione verso il martire di Alessandria, con fervore ed impegno. Difatti..in tutto il Regno Napoletano la divozione a S. Ciro dovunque essa si ritrova, venne introdotta da Francesco De Geronimo, che nel suo apostolato la riteneva efficacissima per ottenere dal cielo qualunque grazia e favore.” “A Napoli la devozione per San Ciro era conosciuta fin dal IX .Da allora colonie commerciali alessandrine operavano in città e avevano addirittura costituito un loro quartiere, detto del Nilo, con la costruzione di una chiesa dedicata ai santi Abba-Ciro e Giovanni. San Francesco de Geronimo missionario a Napoli, nell’ultimo periodo della sua vita lanciò l’idea di una statua d’argento raffigurante S. Ciro.
Il popolo ne rimase entusiasta e presto si raccolsero l’argento e i fondi necessari. Ai primi di maggio del 1716 la statua, a grandezza naturale, era già terminata, ma P. Francesco era a letto gravemente ammalato. I suoi confratelli e i più devoti, indovinando il suo desiderio, gliela portarono in camera e il Santo potè ammirarla con indicibile gioia. S. Ciro era in abito di eremita, nella mano sinistra stringeva la palma del martirio e aveva la destra distesa, in segno di protezione e di benedizione . Nel 1767 i Gesuiti furono espulsi dal Regno di Napoli e la loro chiesa, il Gesù Nuovo, spogliata di tutti gli oggetti preziosi e fu affidata ai Padri Francescani. Il corpo di S. Ciro e la statua d’argento furono posti in salvo nel vicino monastero di S. Chiara, ed il corpo del Beato Francesco de Geronimo emigrò a Roma. Quando nel 1814 i Padri tornarono a Napoli e riebbero la chiesa del Gesù Nuovo, il corpo di S. Ciro fu ricollocato al suo posto , ma statua d’argento non fu più trovata. Al tempo del ministro del Regno di Napoli Bernardo Tanucci, durante l’espulsione dei Gesuiti, la statua era stata fusa per i bisogni del Fisco. Così si disse”(7)(8)
Nell’anno 1707 la raccomandò per la prima volta ai suoi concittadini, consigliò l’erezione di una cappella e promise loro di inviare da Napoli una statua dl santo. Studiosissimi i Grottagliesi nel recare ad affetto ogni desiderio del glorioso loro concittadino, auspice la confraternita del Rosario, misero mano alla desiderata cappella. Ma il barone di quel feudo di notte demoliva quanto di giorno si edificava, perché il sacro edificio offendeva per poco la prospettiva del suo palazzo che sorgeva accanto alla chiesa matrice. Nel 1709, reduce da Napoli, Francesco seppe della grave difficoltà e recatosi sul luogo vi fissò di propria mano quella pietra che la baronale audacia non potè più smuovere. Fu condotta così per miracolo a termine quella cappella che forma ancora la parte più ricca e più artistica del Duomo di Grottaglie, per la preziosità dei dipinti ( velette della cupola di Paolo de Matteis ed il bellissimo quadro della Vergine del Rosario ) nonché per l’armonia dell’architettura, nonostante che un vandalismo pietoso, per una incuria deplorevole, abbia dissipato questi ricchi e delicati lavori. Una lapide murata dalla parte dell’attuale Piazza Regina Margherita nel 1709 così ricorda l’avvenimento :
D.O.M
DIVUS FRANCISCUS DE HYERONIMO
UT INTER SUOS CONC1VES CULTUM
ERGA SANCTUM CYRUM CHRISTI MARTIREM
CONFOVERET
SACELLUM HOC E FUNDAMENTIS EREXIT
ET PRIMUN HANC LAPIDEM
CRUCE OBSIGNATA
AD HOSTES PROFLIGANDOS
SUA MANU POSUIT MDCCIX
L’idea di rimetterla nel pristine splendore è degno di ogni encomio, ed ai Grottagliesi se non manca il buonvolere, non faranno difetto I mezzi. Questa cappella fu abbellita per opera dell’arciprete D. Tommaso De Geronimo , fratello del santo , col concorso dei cittadini e della congregazione del Rosario, della quale S. Francesco era confratello. “ Mi rallegro (così il Santo medesimo intorno alla già compiuta cappella scriveva da Napoli il 5 Settembre 1711) della magnificenza della cappella, la prego di dire al Signore arciprete ed ai confratelli della congregazione che ogni conto faccino l’altare di S. Ignazio e di S. Francesco Saverio che se ne farà il quadro: mi diano gusto…” invece la Provvidenza disponeva per maggior gloria del Santo che il suo gusto rimanesse insoddisfatto, e che invece a fianco alla Vergine del Rosario, alla cui congregazione egli si gloriava di appartenere, sorgesse l’altare a Lui dedicata da una parte e dall’altra quello di S. Ciro, del quale era si fervente devoto. Alla confraternita del Rosario fu dal R.mo capitolo concesso l’onore di ufficiarvi in detta cappella e di averne la custodia, con l’obbligo alla medesima di celebrare la festa al 31 gennaio ed al primo giorno di Pentecoste di ogni anno.
Le modalità della festa furono stabilite per pubblico istrumento rogato dal notaio Tommaso Giurì al 1 agosto 1722. Oggi ancora, dopo 2 secoli la confraternita del Rosario è lieta di tanto onore, custodendone gelosamente la statua, invigilando per la intera manutenzione e per il culto della cappella, ed impostando nel suo bilancio una cospicua somma per acquisto di numerosi ceri da ardere dinanzi alla statua del santo e come concorso alla annuale solennità del 31 gennaio. Il popolo con entusiasmo risponde al ricordo celebrandone con pompa magna la festa, dando così prova di fede viva verso G.C. di gratitudine verso S. Ciro tanto benefico , e di delicato patriottismo, iscrivendo fra i suoi doveri più sacri ed inviolabili quello di corrispondere con slancio ed affetto all’appello di un Santo concittadino, Francesco De Geronimo, gloria della patria sua.
Precedentemente alla lettera del 5 Settembre 1711 dello stesso padre Francesco de Geronimo, il Santo missionario Gesuita che nelle su infaticabili missioni popolari per tutto il regno di Napoli, invitava i grottagliesi a porsi sotto la celeste assistenza di S. Ciro in una sua lettera del 21 luglio 1694 a una Dignità del locale Capitolo “ si compiace del ricorso spirituale a “ S. Ciro mio “ ed esorta a promuovere ulteriormente tale devozione:” La supplico a promuovere la devozione di S. Ciro con fare un quadro bello e grande di detto santo per la Chiesa, dove esposto alla pubblica venerazione con accendergli la lampada, sia di giovamento ancora al pubblico; ed io pregherò l’Arciprete perché insieme alla V.S. pali all’Università (al Sindaco), che io li donerò la reliquia di detto Santo, e se si mettesse a far miracoli io potrebbe far padrone meno principale”. E ‘ questa l’attestazione più antica del culto si S. Ciro a Grottaglie”(3)
- “S. Ciro M.E. e M”- cenni biografici. Varie traslazioni delle Sante Reliquie. Benemerenze soprannaturali della sua professione. Evoluzione del suo culto. Origine e sviluppo della sua devozione in Grottaglie”. Terza edizione riveduta ed ampliata. Stab. Tip .”PROGRESSO” Francavilla Fontana-1938-XVII.
- “San Ciro Medico Eremita e Martire” a cura di Rosario Quaranta. Grottaglie 2001.Parrocchia Chiesa Matrice Maria SS. Annunziata.
- “S. Ciro M.E. e M”- cenni biografici. Varie traslazioni delle Sante Reliquie. Benemerenze soprannaturali della sua professione. Evoluzione del suo culto. Origine e sviluppo della sua devozione in Grottaglie”. Terza edizione riveduta ed ampliata. Stab. Tip .”PROGRESSO” Francavilla Fontana-1938-XVII.
(1) “Francesco De Geronimo nacque in Grottaglie ( prov. di Taranto) il 16 dicembre 1642. Cresciuto negli anni, ancor giovinetto, nella chiesa della Madonna del Lume insegnava la dottrina ai sui coetanei con tanta serietà ed amore, da meritarsi dai fanciulli per modo di scherzo, egli fanciullo, il titolo di “Padre Francesco o Abba Francesco”, usando l’espressione araba. Studiò presso i Gesuiti di Taranto ed ordinato diacono , si recò a Napoli: fu promosso al sacerdozio il 1 marzo 1666 dal Vescovo di Pozzuoli D. Benedetto Sanchez de Herrera. I tempi di Francesco sono i medesimi che Alessandro Manzoni
descrive nel suo immortale romanzo dei promessi Sposi. Anche a Napoli era sotto il Governo degli emissari spagnuoli. Anche quivi arbitrii e debolezze nei rappresentanti del Governo, prepotente da D. Rodrigo, misfatti da Innominato, violenze da Bravi, incomprensioni e deficienza nel clero ben raffigurati in D. Abbondio. Per fortuna che non mancarono caratteri simili al Borromeo e P. Cristoforo. E Francesco De Geronimo fu il P. Cristoforo Napoletano. Passò mettendo pace fra i litiganti, incolume fra le risse più violente, immacolato fra le brutture, consolatore fra i galeotti, compiendo col suo apostolato opera di luce, di bene, di redenzione spirituale e sociale. Nato a Grottaglie nel 1642 suddito Spagnuolo, dopo 40 e più anni di laboriosissimo apostolato moriva a Napoli nel 1716 suddito austriaco. Pio VII, Papa Barnaba Chiaramonti, benedettino, prima di subire la prigionia di Napoleone nel febbraio 1806 ne approvò i miracoli, e nell’aprile successivo lo dichiarò beato. Nel 1828 i PP. Gesuiti SORRETINO, Solari e Vullict, trattarono della santificazione con l’arcivescovo di Taranto D. Antonio De Fulgure, ed il 26 maggio 1839 Papa Gregorio XVI ( Cappellari) che tenne il Pontificato dal 1831 al 1846, lo ascrisse nel catalogo dei Santi. L’attuale chiesa , non vasta ma bella, su disegno di un gesuita, P. Cavallo, che si è inspirato nelle linee architettoniche a quella del Gesù Nuovo di Napoli, dovuto alla concezione di un altro architetto Gesuita, dopo la posa della prima pietra
avvenuta nel 1830 fu portata a termine in sei anni ( 1832-1838) ( in (3) si afferma che i lavori proseguirono sin al 1842)” Attualmente a destra dell’ingresso del Santuario “una lapide marmorea…ricorda in latino, là dove S. Francesco De Geronimo nacque, ora sorge un tempio coi proventi del can. Teolo Francesco Paritaro e con le offerte dei devoti concittadini”. La prima pietra fu posta un anno prima della canonizzazione. La chiesa è a croce greca con tre navate, divise da simmetrici pilastri di ordine corinzio-romano, quattro dei quali sorreggono una splendida cupola, alta circa 24 metri e sormontato da un cupolino slanciato. Al suo interno la cupola è strutturata a cassettoni riquadrati con quattro grandi finestre, mentre all’estero è rivestita con piastrelle lucide policrome di ceramica. A dirigere la rifinitura interna della chiesa fu chiamato il giovane Gesuita, architetto Giovan Battista Iazeolla s.j.” (4)
“ (1) Nella cappella del Gesù Nuovo, prima dedicata all’Immacolata ed a S. Anna ed ora al nostro Santo concittadino, fra le altre, erano conservate anche le reliquie di S. Ciro e Giovanni. Lo zelo di Francesco per la gloria del santo alessandrino aveva reso fiorente la divozione nel popolo napoletano, tanto che nel 26 maggio 1693 si ottenne dalla Curia di Napoli un nuovo decreto parziale
con firma del Notaro Giuseppe Prete e del Vicario Generale Giovanni Andrea Siliquino per fare un piccolo mutamento, col traportare dal 4° ordine al posto di S. Dalmazio nella quarta cappella del primo ordine, il Corpo di S. Ciro, affinchè fosse più vicino ai fedeli diventati così frequenti e numerosi. In tale occasione si tolsero due particelle, una dalla costa e l’altra dalla spina e si chiusero la prima in un grande reliquario di argento, la seconda in una teca di argento. La prima pende al collo della statua di S. Ciro, l’altra è chiusa sotto la maschera di cera di S. Francesco De Geronimo. Questo Santo per circa 40 anni, dal 1676 al 1716,
lavorò indefessamente nella Chiesa del Gesù Nuovo. Fu presente alla ricognizione canonica di tutto il Reliquiario nel 1691- nel 1693 nell’accostare più vicino ai fedeli il Corpo di S. Ciro e come abbiam riferito di sopra estrasse due piccole e preziose reliquie, una delle quali chiusa in teca d’argento ed ora conservata sotto la sua maschera, servì a lui per operar numerosi prodigi. E questa reliquia è a noi tanto più cara, in quanto porta scritto a grossi caratteri il nome di S. Ciro vergato dalle stesse mani di S. Francesco De Geronimo ( come attestò con giuramento il P. Onofrio) di cui al lato destro della pedagna si
conserva il piccolo manoscritto, che conferma ciò che pure è scritto da lui nel reliquario medesimo…S. Francesco, nella sua ultima infermità, fu visitato da Mons. Vicentini, Arcivescovo di Tessalonica e Nunzio di S. Santità in Napoli. Si venne naturalmente a parlare della grande divozione dei napoletani verso S. Ciro, ed il Prelato manifestò i timore che la scomparsa del promotore non dovesse nuocere al culto oramai cotanto diffuso.
Al che risoluto l’infermo ripigliò : “ Non dubiti V.S. Illustrissima che già da lungo tempo ne ha pigliato il Santo la protezione, né trascurerà la città di Napoli con la mia morte: e sappia che finirà ha fatto diecimila fra grazie e miracoli per le mie mani, e tra questi ha
ridonato il senno a due matti “ Questa affermazione di Francesco prossimo a morire, e la veneranda autorità del testimone, superiore ad ogni sospetto, valgono più di mille attestati nel fatto consolante delle benemerenze di Francesco nella diffusione del culto a S. Ciro in tutto il Regno Napoletano.”
A conferma del rapporto di culto per S. Ciro da parte del Santo grottagliese rilevante risulta quanto affermato dallo Stradiotti, suo primo biografo “ alla venerazione di questo Santo martire si applicò in modo singolare il Padre Francesco, o per qualche interna ispirazione, o per qualche voce del santo, comparsagli, come alcuni dissero. Quanto a lui, non soleva recarne altro motivo, se non che essendo egli applicato alla cura delle anime, ragione voleva che la carità si stendesse altresì alla cura dei corpi e a tal fine era opportunissima l’assistenza di S. Ciro, stato già medico delle anime, insieme, e dei corpi”(7). Il prof. Quaranta (2) scrive nella sua monografia che ancor oggi “ sopravvivono e s’incrementano quelle manifestazioni richiamate nell’atto (notarile del 1 agosto 1722) come la processione e il panegirico; ma anche quelle manifestazioni collaterali, e cioè quei “Fanoi” ( in dialetto “ foc’ra) che ancora sussistono per ricordare il tormento del fuoco cui il santo fu sottoposto prima di essere decapitato. Compaiono pure “mortaletti e fulgori”: sono i fuochi pirotecnici, proverbialmente attesi dai grottagliesi; e quelle “ almeno dodici candele, candele bianche” che i confratelli s’impegnavano a mantenere sull’altare si sono moltiplicate col passar degli anni, in grossi ceri che i devoti portano nella processione come simbolo dell’ardente fede e devozione verso l’Eremita, il Medico e il Martire.
Un ultimo attestato di amore verso il santo alessandrino fu di eleggerlo a patrono “meno principale”. La proclamazione avvenne NEL 1780, cioè nei primi anni del presulato di Mon. Capecelatro che concesse subito dopo, nel 1782, l’ufficio e la messa liturgici propri del santo. Per tutto il Settecento la festa venne solennizzata dalla Confraternita del Rosario impiegando la consueta somma di dieci ducati. Allo stesso modo si procedette per buona parte dell’Ottocento, quando, evidentemente, i dieci ducati non potevano più bastare e così conobbe un periodo di crisi. Una energica ripresa si ebbe a partire dai primissimi anni del Novecento, quando si accentuò il carattere prevalentemente religioso della festa che rimarrà fino ai nostri giorni. Dal 1958, per decreto arcivescovile, la responsabilità di organizzare e curare la festa di San Ciro spetta all’arciprete e al comitato da lui proposto. Festa popolare e liturgica di San Ciro coincidono in una data fissa: il 31 gennaio, giorno del martirio del santo (dies natalis) avvenuto nel 303.
tela raffigurante San Ciro che si espone il giorno della festa nel Gesù Nuovo di Napoli. pH Padre Franco Annicchiarico Sj, Grottagliese.
- “S. Ciro M.E. e M”- cenni biografici. Varie traslazioni delle Sante Reliquie. Benemerenze soprannaturali della sua professione. Evoluzione del suo culto. Origine e sviluppo della sua devozione in Grottaglie”. Terza edizione riveduta ed ampliata. Stab. Tip .”PROGRESSO” Francavilla Fontana-1938-XVII.
- “San Ciro Medico Eremita e Martire” a cura di Rosario Quaranta. Grottaglie 2001.Parrocchia Chiesa Matrice Maria SS. Annunziata.
- Francesco Occhibianco- Uomini illustri a Grottaglie.
- ”San Francesco de Geronimo e il suo Santuario. A cura della comunità Padri Gesuiti di Grottaglie aprile 2000.
- “ Vincenzo Calò” di Roberto Burano –Scorpione Editore 2014.
- Cfr. Benati-C. Spataro, San Ciro da Alessandria d’Egitto. Ila Palma Palermo1995.
- Padre Antonio Tripodoro S.I. in “ S. Ciro e S. Francesco de Geronimo” rivista “Il Gesù Nuovo anno LXI- Napoli- Maggio-Giugno 2005-3.
- Padre Giuseppe Prevete in “ Le reliquie di S. Ciro da Alessandria d’Egitto a napoli nella chiesa del Gesù Nuovo” rivista “Il Gesù Nuovo anno LXI- Napoli- Gennaio-Febbraio 2003-1.
“S. CIRO M.E. E M.”- CENNI BIOGRAFICI “, GIUSEPPE PETRAROLI ARCIPRETE 1939. STUDIOSO 1874 – 1953.
Nacque a Grottaglie il 27 agosto 1874 da Francesco, di professione figulo e Mutata D’Abramo filatrice. Già da piccolo mostrò spiccate propensioni all’arte, alla poesia e alla musica. A 15 anni scrisse due opere teatrali: Adala e Renato o i Briganti di Puglia e Assalone. Compì gli studi ginnasiali e liceali nel seminario diocesano. All’età di vent’anni, si trasferì a Roma, per gli studi teologici. Dopo appena tre anni, il 13 marzo 1897, venne ordinato sacerdote, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, dal Cardinale Vicario Lucido Maria Parrochi. Proseguì i suoi studi all’Università Gregoriana e all’Università di S. Apollinare. Durante i numerosi viaggi compiuti in Europa ebbe contatti con personaggi di spicco nella cultura dell’epoca. Grazie alla sua enorme conoscenza geografica i grottagliesi lo chiameranno “l’uomo che conosceva sette lingue”. Tornato a Grottaglie Don Giuseppe Petraroli fu eletto consigliere comunale nell’ottobre del 1902 e restò in carica fino al 1906. Petraroli propone un ruolo sociale della Chiesa, precorrendo i tempi e le idee che porteranno alla fondazione del Partito popolare di cui egli stesso sarà poi un sostenitore. Nel dicembre del 1905 partecipò al concorso per la parrocchia di Grottaglie e il 4 giugno del 1906, a soli 32 anni, fu nominato arciprete della Insigne Collegiata.
Uomo fornito di vasta cultura e di prestigioso curriculum di studi rappresenta per Grottaglie una delle figure più significative di questo secolo. Scrive il prof. Giuseppe Laino in “Sport e città” (9 febbraio 1985): “Su per la ripida scala di una scala ubicata nel tratto iniziale di via Umberto I guardavo il corpo senza vita di un sacerdote tra le sue mani un calice. Successivamente ho saputo che quel prete era stato per molti anni un protagonista della vita di Grottaglie…Don Giuseppe Petraroli è un grottagliese verace che giace nell’oblio ansi si ha l’impressione che quasi una congiura del silenzio sia stata ordita attorno a questo grande . Per farlo sprofondare nel dimenticatoio, come se la traccia che i grandi lasciano dietro di loro possa essere cancellata. Il Petraroli fu un uomo dell’ingegno acuto e versatile , poderoso e fecondo dalla parola calda, affascinante, che trascinava. Fu studioso profondo, assiduo, instancabile, un tenace lavoratore, uno scrittore vigoroso, ma dal linguaggio semplice e chiaro.” Sacerdote, predicatore e conferenziere, giornalista, studioso, saggista, musicista, per alcuni anni consigliere comunale, per quasi un ventennio arciprete. La sua ampiezza di vedute e la sua attenzione ai problemi sociali e al ruolo sociale della Chiesa è testimoniata dall’impegno politico , al quale fu chiamato, in giovane età dalla sua gente. Furono anni tormentati per la Chiesa, in particolare per quella grottagliese, in quanto porteranno sia alla pronuncia dell’interdizione da parte di Mons. Mazzella, sia alla rinuncia dello stesso Petraroli all’arcipretura il 29 novembre 1921, sia allo scoppio di sommovimenti popolari, sia, infine, all’arresto del Petraroli, l’11 aprile 1924. Egli rimase un giorno in carcere per cedere poi alla sottomissione. Superata la crisi, grazie alla collaborazione con padre Giovanni Semeria nella opera di carità rivolta soprattutto agli orfani, si traferì a Monterosso a Mare, successivamente a La Spezia, dove fu insegnante di Religione all’istituto nautico. Durante la seconda Guerra Mondiale fu cappellano all’Ospedale Militare di Taranto. Dal 1945 al 1950 fu direttore spirituale all’Ospedale sanatoriale dell’Infps di Taranto. Dai suoi concittadini ricevette una medaglia d’oro di benemerenza. Si spense il 25 gennaio 1953 in seguito a un attacco cardiaco. Tutta la sua vita, infine, è stata contrassegnata da un intensissima produzione letteraria. Egli ci ha lasciato, tra opere edite ed inedite, numerosissimi saggi, elogi biografie, memorie, articoli, meditazioni.
SAN CIRO MEDICO EREMITA E MARTIRE NEI TEMPI MODERNI. DISEGNI DI LUCE DI CIRO QUARANTA E RACCONTI DI ROSARIO QUARANTA.
“Festa popolare e liturgica di San Ciro coincidono in una data fissa: il 31 gennaio, giorno del martirio del santo (dies natalis) avvenuto nel 303.” “Con San trovarono la morte anche Giovanni l’Esseno, Atanasia e le tre figliolette” (7)
La festa è considerata patronale in quanto il santo fu proclamato patrono minus principalis da Mon. Giuseppe Capecelatro nel 1780.Essa si articola in vari momenti: novena, traslazione della statua, processione, messa e panegirico, pira o foc’ra, fuochi pirotecnici.”(1)
Festa popolare e liturgica che nel tempo ed ancor oggi, hanno visto la pubblica amministrazione concorrere con il diretto apporto economico per la buona riuscita dei diversi eventi. Padre Francesco Stea e Luigi Galletto nell’opera cit. (3), approfondendo la delibera del consiglio comunale del 12 maggio 1875 ( deputazione per le feste di S. Ciro e San Francesco di Paola) rilevano che “ mentre la cultura moderna viene scoprendo aspetti particolari e caratteristici della storia , come le tradizioni popolari e il folklore, il dinamismo della vita odierna, in pochi decenni, ha allontanato da un mondo, che pare tramontato da millenni, la suggestione e la magia delle cose che furono e che ci fanno sempre tornare indietro con nostalgia, evocandone il ricordo, rimpiangendo la semplicità di tutto un passato. Sebbene di origine anglosassone, il termine “folklore” è, entrato nella lingua italiana. Il primo componente “folk” fa pensare subito alla corrispondente “popolo”, “lore”, invece, uguale “sapere”, richiama la parola colore, azzurrità del bel cielo meridionale, che illuminava le campagne e le pizze dei paesi, ai tempi dei nostri avi, i quali affollavano le strade con i tradizionali abiti di colore vivace e sgargiante, la domenica e nel giorni della festa del santo Patrono. Le feste, un tempo, attese da tutti, con la policroma della pompa esterna e le chiese rigurgitanti di fedeli di ogni ceto e condizione, vanno scomparendo; allora, invece, costituivano la di un paese e rompevano la monotonia di un anno di fatiche e di stenti. A Grottaglie, almeno quattro erano le feste di richiamo: San Ciro, che ha sempre goduto una particolare devozione; la Madonna della Mutata e S. Francesco di Paola. Ognuna di essa aveva una deputazione, che veniva eletta dal Consiglio comunale-nel 1875 furono elette due di queste Deputazioni: S. Ciro e S. Francesco di Paola”. Della deputazione di San Ciro faceva parte quel Vito Nicola Mummolo, di cui abbiamo raccontato in “miseria e nobilita’ tra le terre di bari e terre d’Otranto: storia di un nobile pugliese tra politica, amore, religione, beneficenza e possedimenti” conosciuto a dai grottagliesi come il ” Nujese”, “Vivannera-..e vinera li Piemontesi ca si campara a Santu Vilasi; tu fatiavi ddo lu Nujesi, sta turchiavra la ammasci (poesia la Vinnanera).
La Deputazione di San Ciro aveva anche una funzione filatropica, e sempre Stea-Galletto (3),scrivono che ”già quarantenne lo stesso (Mummolo) è componente, (di una di quelle società di uomini riuniti dotati di alta cultura intellettuale- segnalate dall’Arditi), della deputazione di S. Ciro (-Co-patrono della città di Grottaglie con San Francesco de Geronimo-1875) la quale eletta dal Consiglio Comunale, si occupava della buona riuscita di una delle quattro feste che si svolgevano nella città. IL 19 ottobre 1883 Mummolo è incaricato da comune di Grottaglie “per il buon andamento e la sorveglianza del personale” utilizzato per l’istituita “cucina economica”, realizzata a favore della “povera gente che periva di fame”, il Consiglio Comunale nominò una commissione composta dall’intera giunta e di altri notabili cittadini, i quali, con il soccorso caritativo dei più facoltosi, istituì una cucina economica, distribuendo ai più poveri, gratuitamente, delle minestre…”, per cui è agevole dedurre come la situazione economica e sociale nella città fosse particolarmente critica.” Lo stesso Mummolo che nel 1894 insieme al Dott. Vincenzo Calò si prodiga per la realizzazione della statua in argento di S. Francesco De Geronimo conservata nel Monastero di S. Chiara, questa statua venne condotta a Grottaglie da Napoli da P. Guglielmo Celebrano, in tale occasione si sollecitò il ritorno dei padri Gesuiti, al riguardo l’ 8 luglio del 1894 il Corriere Taranto pubblica “Evviva Grottaglie! Evviva la deputazione di S. Francesco de Geronimo… di arricchire la nostra città di una seconda statua d’argento , la prima è quella della Vergine SS. della Mutata e quella cioè del nostro Santo Patrono e concittadino Francesco de Geronimo…..e gran parte di lode va specialmente tributata all’Egregio Presidente della Deputazione dott. Vincenzo Calò, il quale tra le cure delle sue numerosa clientela e le molte occupazioni della sua professione , cui egli con esemplare abnegazione ha dedicato la sua balda gioventù ,ha saputo trovare modo e tempo di occuparsi seriamente per la riuscita della nostra festa….Lode infine e non poca va tributati a tutti quei cittadini e membri della deputazione che si sono sottoscritte per grosse somme, fra i quali il sig. Mummolo Vito Nicola , il quale spende lire 1600 per dotare la statua di una base processionale corrispondente, cioè magnifica”(2)
Riprendiamo con il prof. Rosario Quaranta il racconto della festa e del culto per il santo alessandrino “oggetto del culto è, oltre al mezzo busto inviato da S. Francesco e oggi conservato nel monastero di Santa Chiara, una statua conservata nel cappellone della chiesa madre : un simulacro ligneo del
Settecento, rappresentante, a dimensione naturale, il santo nella mano destra trattiene la palma del martirio e nella sinistra un libro, simbolo della scienza medica e della parola divina. Vi è poi un ‘altra statua che nei giorni di festa viene esposta e condotta processionalmente per le vie cittadine. E’ più recente ( dei primi anni del Novecento), anch’essa lignea, ma colorata. Si conserva nella chiesa di S. Francesco di Paola e si accosta iconograficamente al prototipo settecentesco.
Ambedue i simulacri hanno all’altezza del petto una piccola teca contenente minuscole reliquie “ ex ossibus S. Cyri Martiris”.In processione poi viene portata anche un’altra reliquia racchiusa in artistico ostensorio bronzeo.
I luoghi del culto sono legati alle suddette statue e sono perciò: la cappella del Santo Rosario, volgarmente “cappellone di S. Ciro”, in chiesa madre, e la chiesa di S. Francesco di Paola. Il “cappellone”, dichiarato monumento nazionale, è considerato a buon diritto la parte più attraente di tutta la collegiata. La grande cappella, sormontata da cupola, contiene tre altari monumentali. Decorazioni barocche in altorilievo la ricoprono tutta non lasciando a nudo neppure un palmo delle pareti. L’altare centrale è dedicato alla titolare, la Madonna del Rosario, effigiata in una bella tela settecentesca; i pennacchi della cupola sono dovuti al pennello di Paolo De Matteis.
L’altare a destra è dedicato a S. Francesco De Geronimo; quello a sinistra a S. Ciro. Le statue dei due santi sono inserite elegantemente tra colonne tortili decorate fastosamente con motivi ornamentali barocchi. Le manifestazioni religiose iniziano con la traslazione della statua dai Paolotti alla chiesa madre in un giorno domenicale compreso tra il 16 e il 21 gennaio; la novena inizia il 22 gennaio. Il 30 gennaio, la sera precedente la festa, si fa il falò o foc’ra. E’ una manifestazione molto attesa e sentita; si tratta di una catasta di legna di diverso tipo ) tronchi, sarmenti, rami, tavole…) , alta anche fino a 10 metri; sistemata in modo da formare un grande cono alla cui sommità viene posta una croce con su affissa l’immagine del santo. La sera, al termine della funzione religiosa, l’arciprete e i fedeli si recano, seguiti dalla banda, al luogo destinato che oggi è piazza S. Ciro, e, dopo la benedizione rituale, si dà fuoco al falò che attira moltissimi curiosi. Tradizione che, come abbiamo visto, risale all’introduzione della festa ed è collegata al martirio del santo che prima di essere decapitato subì torture col fuoco. La vigilia della festa si celebrano varie messe. Il 31 gennaio, giorno della festa, dall’alba in poi vi sono messe ad ogni ora ; la messa delle 10 è riservata al pontificale dell’arcivescovo. Le messe terminano alle ore 13 per consentire mezz’ora dopo l’uscita della processione. Da notare la pratica devozionale della “ Guardia a S. Ciro “:un gruppo di fedeli a larga prevalenza femminile prega ininterrottamente e veglia davanti all’immagine sacra il giorno della vigilia, dalla mattina al pomeriggio. La processione esce, come già detto, alle 13,30 in punto e dura circa cinque ore. Parte da piazza Regina Margherita, antistante la chiesa madre, e attraversa il centro storico; sale oltre il castello, devia per la zona orientale della cittadina, ripiega per la zona orientale della cittadina, ripiega per la zona Nord-Ovest e poi rientra dalla parte occidentale. La statua, posta su artistica base lignea dorata, è portata a spalle da rappresentanti delle Confraternite del santissimo Sacramento, del Rosario, del Nome di Gesù e del Carmine. Per il trasporto della statua nelle varie processioni, fino al 1978, si faceva un’asta che è stata abolita per evitare abusi e discussioni. Possono portare quindi la sacra immagine gli appartenenti alle confraternite che fanno richiesta all’arciprete o al comitato; l’assenso non è vincolante a nessuna offerta che rimane volontaria e libera. Analogamente per colo che sostengono i quattro lampioncini attorno alla statua. Il numero dei fedeli è sempre notevole e si aggira su diverse migliaia di persone. Il clero precede il simulacro : l’arciprete, assistito dai ministri sacri e dal piccolo clero, rivestito di piviale rosso, sorregge l’ostensorio che racchiude la reliquia di S. Ciro. Dietro la statua è la banda he esegue marce religiose. Seguono poi le autorità civili, i medici e alcune centinaia di devoti scalzi, con in mano grossi ceri accesi: sono in genere coloro che hanno fatto un voto o una promessa al santo, per impetrarlo ringraziarlo; perciò questi non temono le avverse condizioni del tempo e procedono incuranti a piedi scalzi. Infine le divere migliaia di fedeli in atteggiamento raccolto, recitando preci e cantando inni sacri, senza fanatismi e superstizioni. Al rientro in chiesa madre si celebra la messa solenne con panegirico del santo. La terza processione è effettuata in una domenica successiva alla festa , tra il 2 e l’8 febbraio per riportare la statua nella chiesa di S. Francesco di Paola. Si svolge nel pomeriggio ed è suggestiva perché è possibile osservare centinaia di persone con ceri accesi formare una scia luminosa nella penombra della sera lungo la XXV Luglio che porta alla bella chiesa dei Paolotti, ove le candele vengono depositate. La processione tocca pure il locale ospedale S. Marco, e dura mediamente un paio d’ore. La festa di S. Ciro a Grottaglie è di carattere prevalentemente religioso. Luminarie sono sistemate in Piazza Regina Margherita, in via XXV Luglio, in Piazza S. Ciro e in zona S. Elia. Sobrio è l’addobbo in chiesa madre, consistente in un grande trono per l’esposizione della statua. Abbastanza curati e attesi i fuochi pirotecnici. La figura del santo medico, eremita e martire, per l’aspetto taumaturgico che evidenzia, non poteva essere trascurata dal sentimento popolare grottagliese che ha intessuto in proposito una Storia in vernacolo e ha favorito la diffusione di leggende e di qualche detto o proverbio. Pittosto interessante la narrazione della vita del santo, nota sotto il titolo di “Storia ti Santi Giru”, che alcune persone anziane ricordano ancora a memoria e cantano secondo un motivo popolareggiante…..Poeti e scrittori, pittori, artigiani e artisti non hanno mancato di registrare in versi e prose, in opere ceramiche o pittoriche non privi talvolta di forte carica suggestiva, i sentimenti e le emozioni che suscita la sentita devozione.La devozione verso il glorioso medico, eremita e martire è molto sentita in diverse località; particolarmente in Campania (Napoli, Portici, Vico Equense) e in Sicilia ( Marineo, ove si conserva la reliquia del teschio).San Ciro è festeggiato solennemente anche nel vicino paese di Villa Castelli (Brindisi),grazie alla devozione introdotta da Grottaglie” (1)
- “S. Ciro M.E. e M”- cenni biografici. Varie traslazioni delle Sante Reliquie. Benemerenze soprannaturali della sua professione. Evoluzione del suo culto. Origine e sviluppo della sua devozione in Grottaglie”. Terza edizione riveduta ed ampliata. Stab. Tip .”PROGRESSO” Francavilla Fontana-1938-XVII.
- “San Ciro Medico Eremita e Martire” a cura di Rosario Quaranta. Grottaglie 2001.Parrocchia Chiesa Matrice Maria SS. Annunziata.
- Francesco Occhibianco- Uomini illustri a Grottaglie.
- ”San Francesco de Geronimo e il suo Santuario. A cura della comunità Padri Gesuiti di Grottaglie aprile 2000.
- “ Vincenzo Calò” di Roberto Burano –Scorpione Editore 2014.
- Cfr. Benati-C. Spataro, San Ciro da Alessandria d’Egitto. Ila Palma Palermo1995.
- Padre Antonio Tripodoro S.I. in “ S. Ciro e S. Francesco de Geronimo” rivista “Il Gesù Nuovo anno LXI- Napoli- Maggio-Giugno 2005-3.
- Padre Giuseppe Prevete in “ Le reliquie di S. Ciro da Alessandria d’Egitto a napoli nella chiesa del Gesù Nuovo” rivista “Il Gesù Nuovo anno LXI- Napoli- Gennaio-Febbraio 2003-1.
More Stories
FOTO.SAN CIRO DI GIUSEPPE DONATELLI.
FOTO .VINCENZO ORLANDO…”TRA FEDE E TRADIZIONE “
“LA FESTA È PASSATA E ALLORA MI SIA CONCESSO DIRE LA MIA”.