L’ARTE FIGULINA MERIDIONALE: DALLE CONTAMINAZIONE DELLA SCUOLA DI CAPODIMONTE ALLA SCUOLA DI GROTTAGLIE IN PUGLIA.

di Vito Nicola Cavallo

L’arte figulina meridionale. dalle contaminazione della scuola di Capodimonte alla scuola di Grottaglie in Puglia, in cui esponenti più noti  sono Vincenzo e Cosimo Calò che hanno favorito e promosso la formazione professionale didattica ed artistica di pittori e scultori come Gennaro Lupo, Annibale Arces , Ciro Fanigliulo, Ciro Francesco D’Amicis, Giuseppe Spagnulo, sono solo alcuni della rinomata Scuola Grottagliese, di cui approfondiremo di seguito , attraverso le loro opere, il  percorso didattico ed artistico. Riprendiamo il nostro viaggio nell’arte della ceramica in Campania e Puglia, contaminazioni artistiche, culturali e religiose dal “700” al ”900” iniziato  con  Domenico Vincenzo Atanasio La Pesa, Vincenzo e Cosimo Calò. Proseguiamo quindi , proprio con la “Manifattura Calò” di Vincenzo e Cosimo Calò approfondendo l’opera di Cosimo “ I FIGULI DI GROTTAGLIE”. Come abbiamo visto la contaminazione artistica di Domenico La Pesa, ha di certo lasciato il segno nelle produzioni delle maioliche nella città delle ceramiche e non solo, e quindi abbiamo approfondito le produzioni di manufatti ceramici dopo il 1850 e sino al periodo del regime fascista. Il medico ed imprenditore filantropo Cav. Vincenzo Calò (Grottaglie 17-11-1861,+28.08-1933) e del figlio prof. Cosimo Calò. La “Manifattura Calò”, la fabbrica che Calò realizza, con ingenti investimenti economici un vero laboratorio di arte, di ricerca, di sperimentazione e di innovazione che porta la ceramica di Grottaglie oltre i confini cittadini e induce la scuola verso esperienze formative più avanzate. La fabbrica di ceramiche  “Manifattura Calò”, nata per l’amore dell’argilla e dalla volontà di favorire la passione giovanile del figlio Cosimo per la ceramica, e fù la più importante fabbrica del settore nella prima metà del XX

secolo, arruolando discepoli del grande maestro ceramista Domenico Vincenzo Atanasio La Pesa .Il prof. Cosimo Calò introduce nella sua opera su “ I FIGULI DI GROTTAGLIE”, la riconoscenza “del mio amato genitore mi spingono a pubblicare queste pagine…a chi per l’arte fece tutto ed all’arte diede tutto”, e proseguendo disegna un profilo della nota città delle ceramiche in Puglia “Grottaglie, ricca di abbondanti banchi argillosi, ebbe fin dai tempi più remoti un ceto numeroso specializzato nell’arte della ceramica, e trasse dalle viscere della sua terra una sorgente di benessere, che insieme all’altra derivante all’agricoltura, garantì alla popolazione un grado di tranquilla e generosa agiatezza”. L’arte della ceramica, siamo negli anni ’30 del secolo scorso, che “ soltanto da qualche anno, per merito di giovanissimi ai quali non fanno di fatto ardore di conoscenze e culto religioso dell’arte, né attuazione di tipi ceramici consacrati dalla tradizione e rispondenti ormai al gusto di tutti i pubblici internazionali, il nome di Grottaglie ha guadagnato primati nazionali ed è stato portato sia nel campo degli insegnamenti, sia in quello dell’artigianato o dell’industria, favorito dal mercato” I “giovanissimi” daranno corpo a quelle “figure grottagliesi impegnate nel corso del Novecento  nell’interpretazione e nella diffusione della cultura iconograficameridionale”(4),lo studioso Rosario Quaranta afferma che “ la presenza qualificata e l’intensa attività di un numeroso stuolo di pittori nella Città delle ceramiche nel corso del Novecento, ha fatto parlare qualcuno di “bottega d’arte” e di “scuola di Grottaglie…..un nutrito manipolo di artisti che lungo il Novecento (e tuttora) onorano la città delle ceramica. Il merito di aver dato al gruppo di artisti l’attenzione che indubbiamente meritava  e di aver indicato con una serie di interventi critici le caratteristiche umane ed estetiche dei vari componenti al punto da dover racchiudere le loro esperienze  nella provocatoria  (ma funzionale) definizione di “scuola grottagliese”, spetta a Silvano Trivisani, per il quale il gruppo ha avuto un ruolo fondamentale nell’arte del Tarantino e anche del Salento, a partire da Ciro Fanigliulo, a Gennaro Lupo, ai tre D’Amicis, a Emanuele De Giorgio, ad Angelo Peluso, ad Annibale Arces : “una micro scuola pittorica che ha svolto un ruolo fondamentale nel panorama artistico tarantino e in parte anche salentino, diventando punto di riferimento e di sollecitazione per gli artisti locali, e che merita questa definizione proprio per la coerenza lessicale che tale funzione esplica. …Tradizionalmente i pittori della cosi detta “scuola grottagliese” del Novecento  sono :Ciro Fanigliulo, Gennaro Lupo, Ciro Francesco D’Amicis, Arcangelo Spagnulo, Oronzo Manigrasso, Emanuele De Giorgio, Angelo Peluso, Annibale Arces, Mario e Benedetto D’Amicis”(5) Molti di questi artisti sono stati alunni  della Scuole d’Arte di Grottaglie (TA) istituita con  Regio Decreto 27 settembre 1887, e che verosimilmente furono reclutati nella

 “Manifattura Calò”, infatti afferma il Calò “si reclutò personale fra i giovinetti, preferibilmente di famiglie che per tradizione da decenni coltivavano l’arte della ceramica. E resuscitando nelle loro anime ingenue le tendenze latenti del gusto ereditario, in brevissimo tempo convertiva quelle giovani reclute in artigiani esperti, i quali, appena raggiungevano la piena  maturità venivano lasciati liberi di seguire i voli della loro fantasia. Si produsse ceramiche sullo stile delle più celebrate scuole italiane rifacendole in tutto, per perfezione di tecnica, ed interpretazione dei motivi ornamentali, degne dei grandi maiolicari produttori degli originali imitati” Le riproduzioni delle ceramiche godevano di particolari innovazione tecnologiche di produzione come “ eliminare i consuetudinari gravi errori nella scelta dei tipi, nelle miscele degli smalti, i trattamenti affatto empirici di cottura, raggiungendo, attraverso laboriose e costose esperienze, brillanti risultati negli smalti, nelle colorazioni e negli invetriamenti tanto ammirati nelle ceramiche dei maggiori centri di produzione d’Italia.” Profonda ed intensa definizione della nostra arte ceramica viene attribuita dal prof. Calò “ la ceramica è fra le arti del fuoco la più vaga ed attraente: è stata e sarà la compagna indivisibile dell’uomo dalla origine alla sua scomparsa. E’ intimamente legata alla casa: e poiché ogni casa ha un anima, quest’anima essa esprime. La casa cresce e si trasforma con noi, ma alle molteplici trasformazioni la ceramica si adatta e resiste.”

L’arte figulina ci dettaglia il Calò è “ il segreto fascino di quest’arte sta appunto nella parte aleatoria di questa produzione che è data dal fuoco, dal comportamento della fiamma, dal calore rispetto agli oggetti ed alle caselle, saliente con progressione regolata dall’esperienza, dall’ossidazione perfetta del combustibile onde evitare la riduzione degli ossidi metallici contenuti nello smalto, dal sistema di carico del forno, e da cento altre circostanze. Alea che appassiona l’uomo e lo fa vibrante prima, e l’assillante attesa trasforma poi gioia o sconforto quando il fuoco ne ha reso perfetto o distrutto il lavoro. In quest’arte, come in poche altre, si ha l’emozione del vivere pericolosamente….le arti sono come i popoli, son travagliati ma non muiono.”

L’antropologia emerge nel disegnare il quartiere delle ceramiche in questa citta della Puglia, Grottaglie, che viene affiancata dall’autore, alla testimonianza di Pausania ,in cui esisteva nella fiorente Atene un quartiere detto “ceramico” tanto erano numerosi i seguaci dell’antichissima arte della lavorazione dell’argilla, e si evidenzia appunto, lo studio di tipi ed aspetti umani soprattutto dal punto di vista morfologico, fisiologico, psicologico, e ci riporta che “lo spegnersi improvviso della lampade che arde davanti all’immagine di San Francesco di Paola ( protettore dei figulini grottagliesi forse a motivo del miracolo dell’agnellino tirato vivo dal focolare di un forno, o del fuoco raccolto nel mantello che non bruciò) durante la cottura, lascia prevedere un cattivo esito. Così è classificato screanzato l’operaio che entrando in bottega o uscendone, saluti il maestro col buon giorno anziché con l’antico e cristiano “ Gesù Cristo “ al quale viene ricambiato  devotamente

“Sempre e Maria”. Saluto e risposta a mò di giaculatoria, richiedendo un contemporaneo sollevar della tipica berretta priva di visiera….I FIGULI GROTTAGLIESI operai modesti ed onesti, benevolmente derisi per la ingenua saggezza  piena di speranza e di fede in Dio, propria di chi pratica quest’arte in cui non a torto si dice, che il vero maestro è il fuoco; apprezzati e stimati per la proverbiale laboriosità.” Con il contributo delle immagini seguiamo il percorso per conoscere le peculiarità della produzione ceramica nel meridione, con le evidente contaminazioni conseguenza delle diverse influenze culturali del periodo. Il piatto riprodotto, dettaglia il Calò “ confessa una chiara influenza delle maioliche veneziane e precisamente del tipo del “piatto di fabbrica veneziana sec. XVI” conservato al Museo Civico di Bologna….le mie ricerche, per ragioni ovvie compiute sui pezzi della collezione familiare sono state orientate verso il dettaglio tecnico costruttivo anziché verso quello artistico, giacchè-come ho anzidetto-generalmente si attribuisce a Grottaglie un passato ceramistico molto recente, riconoscendole

 ”giare” di ogni tipo “bocce a segreto”( dalla fine del XVIII alla metà del XIX secolo) e limitando la produzione precedente ai soli quadrelli decorati che, per il solo fatto di esistere tuttora in chiese del luogo, sono riconosciuti per i grottagliesi. Così la presenza dell’ingobbio sotto la copertura stannifera che, pur comune a molti altri centri ceramistici , per Grottaglie è stata caratteristica peculiare, così le caratteristiche dello smalto, e così soprattutto quelle dell’argilla alla rottura, la tinta chiara che assume dopo una conveniente, esposizione al fuoco per la grande quantità di carbonato di calcio che attenua notevolmente la proprietà colorante dell’ossido di ferro. L’alone giallo intorno ha dei piccoli crateri formatisi per il discioglimento in cottura di concrezioni calcaree, mi fu anche di base per riconoscere ed assegnare alla produzione grottagliese gli oggetti che tale carattere presentavano…..Grottaglie

 accreditata produttrice e sicura fornitrice di maioliche per i mercati orientali avrà risentito l’influenza veneziana attraverso Corfù o altri dominii della Repubblica in Adriatico o in Egeo; non si può  però accertare se l’influenza è stata contemporanea o postuma, poiché non sappiamo se Venezia, che provvide a proteggere i suoi maiolicari impedendo la importazione di ceramiche concorrenti , un provvedimento protettivo del genere prese peri suoi domini”. Ma l’eventuale impedimento dei veneti Grottaglie sviluppò una larga esportazione “ nei vicini mercati orientali, è cosa certa….Grecia ,

raggiunse lidi ben più lontani, come è dimostrato dai quadrelli che pervennero al Museo Internazionale delle ceramiche di Faenza, da una vecchia casa di Damietta (Cairo). L’analogia di insieme è evidente tra questi e quelli della Chiesa di S. Francesco da Paola per l’inquadratura del disegno, per i colori

 dominanti, per i caratteri dell’argilla e dello smalto, per i dettagli decorativi-come il fondo in molti vuoti delle decorazioni riempito con tratti imitanti embrici e squame, graffito in bianco sul nero o in nero su bianco. Questo dettaglio di decorazione che ricorda il fitto disegno che è sulle cupole delle nostre Chiese coperto di mattonelle verniciate in bianco, giallo-arancio, verde di rame, che Grottaglie produsse e produce ancora, è caratteristico della ceramica grottagliese, e basta la sua presenza per poter assegnare, senza ombra di dubbio, il pezzo che ne è ornato a scuola grottagliese. Che Grottaglie abbia avuto un ceto ceramistico eminente è reso evidente dal piatto con il dettaglio del fregio che ne adorna l’orlo. L’approfondimento dell’artista e docente prof. Cosimo Calò prosegue oltre il dettaglio dei manufatti ceramici, ma prende il percorso di conoscenza degli artigiani-artisti che hanno caratterizzato la produzione figulina, infatti afferma che “ per quanto mi è dato conoscere solo dal 1700, in base a recenti ricerche risultano estremi biografici di alcuni vasai i cui nomi ci son pervenuti, non perché sicuramente i migliori nell’arte, ma soltanto perché ebbero la ispirazione di firmare qualche vaso di loro produzione.” Calò concentra la sua attenzione prima negli archivi parrocchiali e di seguito gli Archivi di Stato, controllando specialmente le esportazioni verso l’oriente dal porto di Brindisi, e successivamente i contratti doganali per cui vi furono limitazioni o protezioni, specificatamente per le ceramiche di Grottaglie e Laterza. Gli esponenti più importanti della cultura artistica di quel tempo nel meridione e non solo ed in particolare nell’area Jonica, sono sati, Nicola Castelli, Francesco Saverio Marinaro, Domenico Vincenzo Atanasio La Pesa (erroneamente il Calò riporta Ciro La Pesa), Camillo De Rossi, Vincenzo Marseglia, Anselmo De Simone.

La breve biografia degli stessi e la presentazione di alcune opere lo studioso articola come segue nella sua opera “ I FIGULI GROTTAGLIESI”. Il primo, Nicola Castelli deceduto nel 1740, a sua firma è l’alberello (in foto) “Nycolaus Castelli- Pharma-Copula-1732”, è rappresentato uno stemma con un castello con ampio portone centrale e vaste terrazze nei due piani che girano intorno all’edificio , sicchè la mole sembra composta da tre cubi posti l’uno sull’altro, il più piccolo in alto. Sullo stemma è un elmo, e tutto intorno, dopo un’affrettata e sintetica figurazione di cornice architettonica, ampie foglie lanceolate e fiori composti da un grosso anello senza dettaglio di petali. Sotto è la leggenda. Un bel blu brillante campito con pochi tocchi sottili di manganese. Questa decorazione non è tipica del Castelli, giacchè un alberello in tutto somigliante a quello su descritto, è nella collezione dell’On. Dott. Milziade Magni, e reca la leggenda FRA.sco SAVE. MARINARO F, GROT.e DE 20 8bre 1731.Francesco Saverio Marinaro nato a Grottaglie e battezzato 5 Ottobre 1705 deceduto 21 Novembre 1772, e suo l’albarello, il piatto e la zuppiera donati al Dott. Vincenzo Calò dai discendenti del maestro.

Di Domenico Vincenzo Atanasio La Pesa (erroneamente il Calò riporta Ciro La Pesa!) e della sua arte figulina, abbiamo approfondito in “l’arte della ceramica in Campania e Puglia: contaminazioni artistiche, culturali e religiose dal “700” al”900” e della  “vexata quaestio” sull’intitolazione di una via del quartiere delle ceramiche al famoso artista “cretajolo”,lo studioso Prof. Francesco Spagnulo ricorderete, approfondì nei dettagli la problematica sull’intitolazione di via La Pesa e i suoi sviluppi nel tempo, dichiarando che “ Via La Pesa è dal punto di vista storico ed urbanistico una delle vie più interessanti e caratteristiche del centro storico di Grottaglie. Inizia al termine della via San Francesco De Geronimo e va a confluire, per mezzo di un ampia scalinata nel quartiere delle ceramiche, precisamente in via Crispi. Essa è notoriamente riconosciuta come la via dedicata al più illustre ceramista grottagliese nato nel Settecento. Il ceramista  Domenico La Pesa (1792 – 1849), ma per un errore sostanziale di ricerca e studi approssimativi negli anni passati si è pensato che fosse Ciro La Pesa (1756 – 1826  padre di Domenico, falegname e proprietario di mulino) avvalorando in maniera distorta una effettiva ed antica tradizione orale che ha sempre considerato il maestro ceramista La Pesa come uno dei maggiori esponenti della produzione ceramica del Settecento  .Questo è avvenuto inizialmente nella metà degli anni 30 del Novecento e da allora è stato ripetuto acriticamente da molti autori fino ai giorni nostri rimanendo tale nell’immaginario collettivo, ad eccezione di qualcuno più avveduto che ha semplicemente espresso qualche perplessità”. Dopo la pubblicazione dell’approfondito studio su Artes’tv, l’amministrazione comunale di Grottaglie con l’assessore al turismo Mario Bonfrate ci ha dichiarato che “l’amministrazione a breve riprenderà in commissione consiliare per la toponomastica il fascicolo sul maestro La Pesa per fare chiarezza sulla questione”. Riprendiamo con il prof. Cosimo Calò, che nella parte della ricerca effettuata sulla nascita e morte non corrisponde con il più noto maestro “cretajolo” Domenico Vincenzo Atanasio La Pesa, ma bensì Ciro, di particolare interesse risulta di contro ,che il  maestro “cretajolo” non è con certezza si sia formato alla Regia Fabbrica di Capodimonte, anche se sono evidenti i segni dell’influenza della Scuola napoletana nelle opere di La Pesa. L’inquadrata decorativa, i motivi ornamentali, la parsimonia usata da lui nella decorazione, indicano l’artefice ad uso alla porcellana, in cui il colore non deve mascherare la bellezza morbida della pasta invetrita. Così pure la preferenza per le mezze tinte più che per i colori accesi, indicano una personalità artistica formatasi non solamente nell’arte della maiolica, ma pure in quella più progredita, fine e ricercata della porcellana.

Al lui attribuiti molti prodotti in cui sono evidenti le caratteristiche anzi descritte, in comunione con una buona ricercatezza del disegno. Nelle immagini che seguono vi sono le ceramiche ed i quadrelli realizzati, comprese le decorazioni con applicazione rosa del Santuario della Madonna di Mutata, così questo pavimento, sebbene non di notevole concezione e di fattura non eccessivamente ricercato può attribuirsi a La Pesa o alla sua bottega, giacchè evidentemente da Napoli egli trasse l’insegnamento per la fabbricazione di questo colore sino ad allora sconosciuto ai maiolicari grottagliesi. Il segreto di fabbricazione che il La Pesa conosceva, non passò ad altri, poiché alcun altro adoperò tale colore che può desumersi di La Pesa non amò poiché unico esempio di applicazione ne sono i quadretti del Santuario della Madonna di Mutata.

L’ importanza della produzione artistica di Domenico La Pesa è la documentazione fotografica di seguito riportata delle diverse collezioni private e dalle risultanze dell’inventario di tutti beni di proprietà dell’artista rilevati, dopo solo tre mesi dalla sua dipartita, nella sua casa-bottega di Porta Sant’Angelo, sempre il prof. Francesco Spagnulo  riporta l’atto di ricognizione

del notaio Carlo Michele Manigrasso“…Ferdinando Secondo, per Grazia di Dio, Re del Regno delle due Sicilie, Re di Gerusalemme, Duca di Parma, Piacenza, Castro, e Gran Principe Ereditario di Toscana, A quindici Febbraio milleottocentocinquanta 1850…..si è presentata Francesca del fu Giuseppe Lenti vedova di Domenico Lapesa proprietaria domiciliata in Grottaglie , ed ha dichiarato , che essendo passato agli eterni riposi il detto suo marito, volendo recolarizzare i suoi interessi ci ha formalmente invitato, onde devenire alla formazione di un inventario…”prosegue Spagnulo “ l’inventario….quasi per l’intera compilazione descrive materie prime, attrezzature per i processi di lavorazione ceramica, forme, madre forme, prodotti semilavorati crudi e pochissimi prodotti finiti, custoditi anche nella casa, oltre che nella fabbrica. Il repertorio morfologico e la metodologia operativa sembra assimilabile più ad una realtà produttiva napoletana di fine Settecento, inizi Ottocento, che ai canoni classici e tipologici di quella grottagliese dello stesso periodo”.

Proseguiamo con la presentazione di Calò degli artisti in elenco, Camillo De Rossi  nasce a Roma il 21 agosto 1862 e muore a Grottaglie , giovanissimo,il 21 marzo 1898 a lui venne affidata la direzione della regia Scuola di Ceramica alla prima fondazione del 1887.Egli ne curò lo sviluppo con passione di amatore, con perizia di artista e con la tecnica di un consumato ceramista. Uomo di temperamento artistico di eccezione nulla trascurò per affinare la sua arte e far produrre sempre meglio alla scuola e di ogni insegnamento trasse profitto. Avido di apprendere acquistò una biblioteca completa di opere sulla storia dell’arte della ceramica, sulla chimica applicata ad essa, ed opere in cui erano riprodotti pregevoli opere d’arte o motivi decorativi,perché da ognuna egli potesse trarrel’insegnamento per decorazioni nuove o per applicazione di elementi decorativi archtettonici in terracotta. Esempio è la specchiera in stile arabo in foto. Di ceramiche del De Rossi prodotte negli anni in cui la Scuola fu chiusa per essere riaperta e affidata alla direzione del De Simone non vi è famiglia gentilizia o agiata di Grottaglie che non ne abbia. Sono mensole e mensoloni di forte

modellazione verniciale in bianco od in terracotta patinata, e vasi, cornici per specchi o quadri, decorati con lo stile floreale a tutto rilievo allora in fran voga, coloriti con sapienza,morbidi e lucenti per la bella vetrina. Il senso artistico della disposizione rende pregevoli queste ceramiche destinate alla conquista dei mercati con la notevole appariscenza che faceva colpo. A lui si devono diverse innovazioni. Tipica è quella del marmorizzato. Sull’oggetto appena ingobbiato vanno spruzzati colori misti ad un poco di pasta da ingobbio ( in modo da renderli alquanto plastici) e girati in ogni senso e scrollati.I colori, col bianco del fondo ingobbio si mescolano senza fondersi, ottenendo talvolta risultati molto graditi alla vista. E’ un genere di decorazione economico quanto vivace, che perviene a contrasti di tinte molto più evidenti di quelli ottenuti con la “ pasta a prosciutto” ( miscuglio di paste colorate) di Napoli, ed a Grottaglie rifatta da La Pesa, senza richiedere gli esperimenti indispensabili per una buona lavorazione di quest’ultima.

Vincenzo Marseglia ed Anselmo De Simone sono gli ultimi due artisti, che hanno coltivato il proprio estro creativo all’internodel  Regio Museo artistico industriale di Napoli e nella Regia Scuola di Ceramica di  Grottaglie,prima Vincenzo Marseglia nasce a Grottaglie il 5 Luglio 1893 e qui muore il 3 Luglio

1918, “anima mite e dolce” lo definisce il Calò, di soave temperamento artistico.Marseglia avvia i suoi studi artistici presso il Regio Museo artistico industriale di Napoli nella sezione Ceramica, fine nel gusto come nella personalità artistica, eseguì oltre che pregevoli decorazioni, alcune delle quali conservate nel Museo dell’Istituto, delle riproduzioni di somme opere d’arte con fedeltà ed interpretazione straordinarie. Nella collezione  della famiglia Calò erano conservate le mattonelle (in foto sopra) di “Mosè ed Aronne alla presenza di faraone” e il “ silenzio amoroso”, del Cremona oltre a due mattonelle in cui eseguì con rara perizia,prosegue il prof. Cosimo Calò, i ritratti in bianco e nero del Dott. Vincenzo Calò e della moglie.

Anselmo De Simone, diresse la Regia Scuola Ceramica dal 1902 al 1919.Uomo di ingegno vivacissimo artista nella concezione e nel sentimento, dotò la Scuola di un impianto completo di macchine da impasto, di molini e di forni, un insieme che costituiva, per la tecnica del tempo, la sistemazione ideale per la produzione di ceramiche artistiche. Modellatore di eccezione, disegnatore accuratissimo, decoratore minuzioso e sapiente, lasciò numerosissimi lavori tra i quali “il presepio” eseguito su mattonella ed il vaso in terracotta (in foto) con sapiente bassorilievo riproducente l’allegoria dell’Aurora, entrambi conservati nella collezione Calò. Fu indifferentemente pittore, disegnatore, modellatore, stuccatore, direttore di istituto e capace maestro oltre che scrittore. Concluso con Anselmo De Simone il primo percorso attraverso le personalità guida , che da lì a poco, avrebbero dato forma alla “ Scuola di Grottaglie grottagliese” (cit. Silvano Trevisani) Cosimo Calò ci guida nella storia e nella leggenda sulla nascita dell’arte della

Ceramica, introducendo Ceramus figlio di Bacco ed Arianna che secondo alcuni era il prototipo ed il protettore dei vasai, nome imposto al quartiere di Atene occupato dai ceramisti, per passare ad Omero, che, descrive la danza di Arianna, paragonando la velocità dei giovani e delle giovani  formanti cerchio a quella che il vasaio imprime alla ruota del suo tornio. Vasai che mentre lavoravano a mettere fuoco al forno scorsero Omero e lo invitarono a cantar loro dei versi promettendogli, quale prezzo della sua compiacenza, qualche vaso. Ed Omero cantò “Minerva io ti invoco! Compari qui e presta la tua mano abile al lavoro del forno; che i vasi che vi debbono uscire, e

 soprattutto quelli destinati alle cerimonie religiose, anneriscano a punto; che tutti si cuocciano al grado di fuoco conveniente e che, venduti caramente siano ed in gran numero sui mercati e nelle vie della nostra città; infine che essi siano per i vasai una fonte abbondante di profitto e per me una  occasione nuova per cantarli. Ma se voi volete ingannarmi o spudorati, io

 invoco contro i vostri forni i flagelli più terribili: e SYNTRIPS  E SMARAGOS e ASBETOS e ABACTOS  e soprattutto OMODAMOS, che più di ogni altro è il distruttore dell’arte che voi professate. Che il fuoco divori la vostra fabbrica, che tutto ciò contiene il forno si mescoli e si confonda senza scampo, e che il vasaio tremi di terrore  a questo spettacolo; che il forno faccia sentire un rumore simile a quello che fanno le mascelle di un cavallo irritato, e che tutti i vasi fracassati, non siano più che un ammasso di cocci “.Si chiude l’approfondita analisi di Calò, con il dovuto e doveroso riconoscimento alla Regia Scuola della Ceramica, che fu elemento “scintilla” della nascita della “ Scuola di Grottaglie o grottagliese”, con le immagini delle tipologie produttive della produzione figulina e delle conclusioni del prof. Calò, concludiamo questo percorso conoscitivo, riprendendo dal primo direttore della Scuola di Ceramica il prof. Camillo Rossi a cui, dopo la sua morte nel 1898, la direzione venne affidata, 1902, al già citato prof. Anselmo De Simone e a seguire, il prof. Gennaro Conte, l’Architetto prof. Mario Urbani, il prof. G. Carlo Polidori, il prof. Ennio Paoloni. L’architetto Urbani dette alla Scuola l’indirizzo artistico consono ai tempi, e produsse ceramiche belle per concezione artistica e per tecnica dell’Urbani è la coppa dorata che la Scuola “ si onorò di offrire al Duce” quando il 4 settembre 1934 discese dal treno presidenziale alla nostra stazione per proseguire in automobile per Taranto.

 Appuntamento con le prossime pubblicazione sull’’arte figulina meridionale, e delle contaminazione della scuola di Capodimonte sulla scuola di Grottaglie in Puglia, in cui esponenti più noti , sono stati Vincenzo e Cosimo Calò, che abbiamo raccontato, hanno favorito e promosso la formazione professionale didattica ed artistica di pittori e scultori come Gennaro Lupo, Annibale Arces , Ciro Fanigliulo, Ciro Francesco D’Amicis, Giuseppe Spagnulo,  solo alcuni della rinomata Scuola Grottagliese, riviste ed approfondite attraverso le loro opere ed il relativo   percorso didattico ed artistico.

(1) “La Pesa”- un maestro grottagliese. Profilo documentato del ceramista. Brittanico -Ligorio-Spagnulo. Edizioni Esperedi.(immagine opere di La Pesa)

(2) “ I FIGULI DI GROTTAGLIE- arti grafiche Gr. Uff. F. Cressati-Noci (Bari) 1937-Anno XV”. (immagine opere di La Pesa)

(3) In “ Vincenzo Calò” di Roberto Burano –Scorpione Editore 2014.(foto-Ritratto fotografico Cav. Dott. Vincenzo Calò e la moglie Francesca Parabita)

(4) Daniela De Vincentis in Ciro Fanigliulo -il Maestro del colore. Pittori del XX secolo: La scuola di Grottaglie. Catalogo mostra 2006.

(5) Rosario Quaranta in “Il secolo XX: la schiera dei pittori grottagliesi. Catalogo mostra 2004 dell’artista Annibale Arces.