SUA ECCELLENZA REVERENDISSIMA MONS. OTTAVIO VITALE R.C.I. VESCOVO DELLA DIOCESI DI ALESSIO SEDE DELLA CHIESA CATTOLICA IN ALBANIA DELL’ARCIDIOCESI DI SCUTARI-PULT
“Qui sibi nomen imposuit Franciscum”: iniziava così, con queste parole la presenza di Papa Francesco in mezzo a noi in quel 13 marzo 2013: quel nome scelto fece nascere immediatamente un senso di gioia e di meraviglia nel cuore e sul volto dei tantissimi fedeli che riempivano Piazza San Pietro quella sera.
“Cristo è Risorto, alleluia. Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile”: è con queste parole invece che Papa Francesco è stato presente in mezzo a noi per l’ultima volta, in quel URBI ET ORBI nel 20 aprile 2025, Pasqua di Resurrezione, neanche 24 ore prima della sua morte: quella sua benedizione pasquale dalla loggia Papale è stata l’espressione della sua volontà di esserci, di esserci Pastore in mezzo al suo popolo.

In questi giorni il mondo intero parla della morte di Papa Francesco: espressioni di dolore e di condoglianze, attestazioni di affetto, condivisione di ricordi e riflessioni echeggiano sulle labbra di tutti, sui media, ovunque.
Anche lui, nei suoi 12 anni di pontificato, ci ha donato tante parole, tante espressioni con cui amava sintetizzare il suo pensiero e che oggi sono diventate familiari a tanti di noi, ha espresso, condiviso e fatto nascere in noi tante emozioni: ecco ora lui ha concluso il suo servizio in mezzo a noi, sta a noi tutti la responsabilità di custodire e continuare il suo esempio e il suo insegnamento.
Ricordarlo in questi primi giorni dalla sua morte ci chiama proprio alla responsabilità di raccogliere e custodire personalmente, come Chiesa e come umanità tutta, quello che Dio ha voluto donarci attraverso di lui.
Brevemente vorrei richiamare al mio cuore e condividere con voi alcuni aspetti del suo ministero petrino, con l’impegno di dare frutto a questi semi gettati.
Nel rapporto con Dio, continuamente ci ha preso per mano e ci ha condotto nell’abbraccio del Padre Misericordioso: ricordiamo la frase che ripeteva spesso “Dio non si stanca mai di perdonare”, una convinzione questa che ha voluto celebrare solennemente con l’indizione di quel Giubileo Straordinario della Misericordia.
Nel rapporto tra noi, ci ha continuamente riportato all’autenticità del Vangelo, conducendoci alla nostra identità evangelica: come Chiesa ci ha ricordato di essere discepoli missionari, per una Chiesa continuamente in uscita, una Chiesa che custode della gioia del vangelo sia attenta ad andare a cercare i lontani e andare a vivere nelle periferie materiali ed esistenziali dell’umanità di oggi; come cristiani ci ha ricordato di essere fratelli tutti, tutti impegnati in una autentica ecologia integrale grazie alla quale ognuno possa dire al Signore “Sii Lodato”; come unico Popolo di Dio ci ha ricordato di camminare continuamente insieme nel continuo ascolto di quello che lo Spirito vuole comunicare al mondo d’oggi attraverso il contributo di ognuno.

Nel rapporto con sé stessi, ci ha continuamente rivelato la bellezza della nostra umanità redenta, amata da Dio, una bellezza che scaturisce dall’affidamento totale a Dio: ci ha rivelato che ognuno di noi ha una dimora unica nel Cuore di Cristo e che proprio da quel Cuore dobbiamo imparare ad amare per saper donare la nostra umanità perché sia redenta e sia strumento di evangelizzazione, ci ha rivelato che la sofferenza, la malattia mai e poi mai ci rendono degli scarti perché anche lì Dio ci usa per esserGli testimone: c’è lo ha mostrato proprio negli ultimi mesi della sua vita, in cui ha scosso le nostre coscienze affinché sappiamo aver cura degli ammalati che abbiamo nelle nostre quotidianità, evitando di scartarli e di spersonalizzarli con le nostre agende di lavoro.
Ho iniziato questa mia condivisione richiamando la scelta del nome “Francesco”: credo che Dio abbia davvero guidato anche questo pontificato, perché ci ha parlato continuamente attraverso tutta la vita di Papa Francesco: parole, gesti, scelte, tutte hanno comunicato qualcosa di profondo, che ora abbiamo la responsabilità di custodire e di far fruttare. Ecco allora che forse l’ultimo parallelismo tra San Francesco e Papa Francesco sta proprio qui: il Santo di Assisi in punto di morte ebbe a dire “io ho fatto la mia parte la vostra, Cristo ve la insegni”.
Come Vescovo Rogazionista missionario affido l’anima del nostro caro Papa Francesco al Cuore Compassionevole di Cristo affinché gli doni la giusta ricompensa per aver avuto cura della sua Messe, e prego perché lui interceda, con Sant’Annibale Maria Di Francia, affinché lo Spirito Santo mandi alla Sua Chiesa colui che deve mandare.
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