LA SETTIMANA SANTA NELLE RIFLESSIONI DEL FOTOGRAFO ITALIANO FRANCESCO CITO “ “ESISTONO ANCORA REALTÀ RADICATE A TRADIZIONI CENTENARIE, SPECIE IN UN SUD DI QUESTO PAESE ITALIA, DOVE TUTTO SEMBRA AVER INTRAPRESO UN CAMMINO IN CUI SOPRATTUTTO I GIOVANI, SI ALLONTANANO SEMPRE PIÙ DALLA CULTURA DEI PADRI.”.
di Vito Nicola Cavallo
La Settimana Santa “ci introduce nel mistero Pasquale del Signore. Il mistero della sua Passione, Morte, Risurrezione, Ascensione ed effusione dello Spirito Santo sulla chiesa”, con queste parole di Don Ciro Santopietro, parroco e padre spirituale della Chiesa della Madonna e della Congrega del Carmine di Grottaglie. Conosciamo, dopo Taranto, Francavilla Fontana e Gallipoli i riti devozionali della Santa Pasqua a Grottaglie. Nel 2009, quale assessore al turismo, della città di Grottaglie, proposi la realizzazione del volume “ Settimana Santa a Grottaglie Riti Religiosi e Tradizione Popolare” e con il racconto de “La Settimana Santa in Puglia, i Luoghi della Passione” del grande fotografo italiano Francesco Cito, che espose le sue opere a Grottaglie nel 2014.
Con l’amico Antonio Zanata con Francesco Cito e decine di fotografi provenienti da tutta la Puglia lo seguivamo ,nelle sulle lezioni dell’arte fotografica per le vie della città delle ceramiche, spiegando che “In un mondo in continua trasformazione, esistono ancora realtà radicate a tradizioni centenarie, specie in un sud di questo paese Italia, dove tutto sembra aver intrapreso un cammino in cui soprattutto i giovani, si allontanano sempre più dalla cultura dei padri.
Nonostante ciò, alcune manifestazioni, tra le quali i riti della Settimana Santa, continuano a tenere viva la partecipazione, grazie alle Confraternite, custodi della tradizione Cristiana. Confraternite la cui identità è legata alle varie sedi ecclesiali di cui sono esse stesse custodi, e dalle quali la loro appartenenza: del Purgatorio, del Carmine, dell’Orazione e Morte, e, delle tante disseminate sul territorio, in ogni paese o cittadina della Puglia.
Custodiscono nelle loro sedi le immagini e i simulacri sacri da condurre in processione il giorno della festa, o delle ricorrenze in cui si ripercorre la nascita o la passione del Salvatore, anche quando non è la fede a indurre il ragazzo a fotografare con il suo smart phone, un Cristo in Croce, opera in cartapesta del XVIII sec., sottratto dal suo tabernacolo, e in attesa di essere prelevato e condotto nella chiesa Madre. Da li in seguito, sarà
issato alla vista della gente disposta lungo il percorso di una Via Crucis, fra le strade della cittadina Attraverso le Confraternite, è ancora possibile interpretare i riti della Passione di Cristo, da tutti coloro che mantengono la loro devozione alla fede, e che partecipano alle processioni, in cui si ripetono riti antichi, interpretati da ogni uno di queste, con nomi diversi anche se con differenti definizioni. Essi sono i Pappamusci, i Bubbli Bbubbli, etc etc, nascosti sotto i loro cappucci bianchi, avvolti sotto vesti merlate, appoggiati ai loro bastoni, percorrono le strade, come fantasmi tra la gente, per ossequiare nei vari sepolcri allestiti nelle chiese, a ricordare un evento accaduto 2000 anni fa, da cui ebbe inizio il nuovo corso della storia. Essi percorrono le strade scalzi, così come i tanti penitenti che occorrono a Francavilla Fontana, trasportando le loro pesanti croci, trascinandole sulla pietra bianca, nel sordo rumore che il legno produce nel battere tra l’ interstizio delle basale che lastricano le strade. Montano le loro croci sui marciapiedi adiacenti la chiesa di Santa Chiara, o anche della Morte, nella quale in anni ormai passati,
le monache di clausura osservavano attraverso le fessure delle “musharabya” le finestre di concezione arabe islamiche, i preparativi per la processione e i riti religiosi nello emiciclo sottostante. Avvolti nei loro sudari, in anonimato, ripercorrono la via Crucis, fino a quel Golgota immaginario su cui espiare le proprie colpe, i propri peccati, come ogni anno, da secoli, il mondo cristiano commemora sacrificando, in un continuo, il Dio fatto uomo.
Seguono il rito le tante donne velate, nella lunga processione di Mottola, il Sabato Santo, immerse nel lutto, del proprio abito nero, con il capo coperto dallo scialle merlettato, accompagnando un corpo inerme, in una statua deposta da una croce, li verso un sepolcro su cui inginocchiarsi, e, a meditare e pregare, in attesa di quel miracolo della resurrezione, che tutti i peccati cancella, nel battesimo collettivo nella chiesa di Montemesola, il giorno di Pasqua, in cui si canta felici Alleluia Alleluia.”
Ma le lezioni del Maestro seguirono anche a distanza, quando ci partecipò la sua le sue emozioni e sentimenti dell’incontro del periodo Pasquale, scrivendo che “ rientrato da Grottaglie, sita in quella parte del sud della Puglia, provincia di Taranto, è mio desiderio, nonché obbligo, ringraziare i quanti hanno reso possibile l’inaugurazione della mostra sulla Settimana Santa, tratta dal mio lavoro fotografico, realizzato lo scorso anno nei giorni di Passione, Morte e Resurrezione di Cristo. In questa mia esposizione, non è mio desiderio voler definire alcun discorso sulla fede, non è questa la mia volontà, ma semplicemente, e, solo ringraziare gli amici, quelli veri, a dispetto delle invindie e gelosie, purtroppo sempre vive, nonostante la fotografia al di là di tutto e tutti, dovrebbe essere la sola sempre riconosciuta, elogiata e amata per ciò che rappresenta nella nostra storia, e della cultura dell’immagine di cui siamo circondati, e noi stessi parte di essa quotidianamente, ma mi accorgo che spesso così non è. Quando il mio Amico Antonio Zanata, mi accennò al suo proposito di farmi esporre a
Grottaglie, ero alquanto scettico, immaginando a priori le difficoltà che un tale proposito avrebbe comportato, soprattutto nel affrontare la parte economica che un’iniziativa del genere comporta. Ma Antonio, con determinazione, bussando a quante più porte possibili, è riuscito nell’intento di coinvolgere, a dispetto dei tanti che non considerano la cultura parte del nostro essere, delle persone meravigliose, gente che probabilmente ignare della mia stessa esistenza, ma che ciò nonostante, hanno creduto in questo progetto, prodigandosi sia nella parte economica, che in quella prettamente tecnica, che la realizzazione di mostra fotografica comporta. Quel sud sempre bistrattato, e addidato come terra di mafie, lassismo e immobilità, ancora una volta ha mostrato il suo vero volto, e la grandezza del suo cuore, anche a dispetto della politica e le istituzioni, che della cultura dovrebbero farsi carico, in quanto ricchezza della comunità. Purtroppo, chissà perché, è stata l’ esternazione di quel figlio del nord, ad aver asserito a suo tempo, che con la cultura non si mangia.
Certo, una foto, come qualsiasi altro contenitore culturale, non è commestibile, ma non tutto dev’essere ingurgitato per bocca. La cultura è il cibo della mente, è lo zucchero che il nostro cervello ha necessità di assorbire, soprattutto se desideriamo vedere questo paese crescere, e non solo di calcio (intendo quello pedatorio) e, o stupidi reality show.
Finchè esisteranno persone come Antonio Zanata (Photographer), Lella L’Angellotti (Industrie Primed), Sara Ciracì, Fernando Santopietro (Jazzcafè), Vito Nicola Cavallo, Carlo D’Este, Mimmo Vestita (Casa Vestita), e i tanti che si sono prodigati lavorando nell’ombra a mia insaputa, senza nulla pretendere, questo paese avrà ancora una speranza di esistere.
A Casa Vestita, di Famiglia Vestita, li dove è stata allestita la mostra, nei giorni di Pasqua, sono transitate migliaia di persone anche proveniente da lontano, sia per vedere la mostra, sia per guardare alla meraviglia che Mimmo è riuscito con un meraviglioso restauro, a fare di questo luogo un posto magico, aperto a chi è amante della bellezza e voglia conoscere la storia, e l’arte della ceramica di cui Grottaglie ne è la culla.
Un ringraziamento alla gente tutta, di Grottaglie, Francavilla Fontana, Mottola, partecipante ignara ora per sempre nelle mie foto. Grazie ai miei allievi che mi hanno sopportato nei tre giorni di stage “SEGUE DOMANI
FRANCESCO CITO
Ferdinando Scianna, maestro di vita e fotografia italiano, ha dichiarato che “Francesco Cito è uno dei migliori fotogiornalisti italiani. Per quanto possa sembrare blasfemo o paradossale, asciugherei di quattro lettere il solenne encomio: Francesco Cito è uno dei migliori giornalisti italiani”.
Nato a Napoli nel 1949, Francesco Cito è arrivato relativamente tardi alla fotografia, iniziando a fotografare professionalmente dal 1975,un fotografo eclettico, come si definisce, testimone degli eventi in molti luoghi caldi, come Afghanistan, Libano, Palestina, Arabia Saudita, Iran, Bosnia, Kossovo. Ha fotografato Napoli, il Palio, la Sardegna, il Trentino, realizzato lavori sulla mafia e sulla camorra, come sulla pesca dei tonni e sui matrimoni. Nel 1995 si è aggiudicato il terzo premio per il reportage del World Press Photo con “Matrimoni napoletani” e nel 1996 il primo premio per il reportage con “Siena, il Palio”. Sue immagini sono apparse su Epoca, Il Venerdì di Repubblica, Panorama, Sette, Corriere della Sera, Specchio della Stampa, Sunday Times Magazine, Observer Magazine, Stern, Bunte, Zeit Magazine, Figaro Magazine, Paris Match, Life. Cito nelle sue sagge meditazioni spiega che “nei racconti fotografici, storie intere, il soggetto è il genere umano, di cui sovente ne ho attraversato i drammi, le sofferenze, ma anche i suoi momenti di gioia; più che la trama, il soggetto, gli attori, il regista, mi interessava il modo di riprendere, la zoomata, il campo lungo o stretto, le luci, tutte cose che mi davano la possibilità di cominciare a valutare l’inquadratura. Anche leggendo una foto ho sempre cercato di immaginare come fosse stata realizzata. Hanno che scritto: Cito ha rischiato la vita. Questa è un’ attribuzione dettata da altri, io non l’ho mai detta, e ogni volta che mi si dice, “non è pericoloso il lavoro che fa, non ha paura?”, ho sempre risposto che ci vuole più coraggio ed è più pericoloso salire ogni giorno su di un impalcatura. Io non posso aver paura, ma nemmeno essere sprezzante del pericolo, guardo avanti, perché il lavoro che faccio mi porta a conoscere l’uomo,(ndr in risposta ad Oliero Toscani) quello che di solito non appare sulle pagine patinate della pubblicità, e che mai sarà.
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