DON SALVATORE LIGORIO SALUTA POTENZA.CONCLUSIONE DEL MANDATO DELL’ARCIVESCOVO.

SALUTO IN OCCASIONE DELLA MESSA A CONCLUSIONE DEL MANDATO DELL’ARCIVESCOVO.VIDEO E FOTO

POTENZA MAGGIO 2024
Carissimi,
al termine di questa celebrazione saluto e ringrazio quanti si uniscono stasera al coro del nostro grazie: il Sig. Prefetto, le distinte autorità civili e militari, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, il Seminario e tutti i fedeli laici della nostra Diocesi come pure delle Diocesi limitrofe unitamente ai familiari e agli amici che provengono da Grottaglie.

Nelle mie parole, Eccellenza, e attraverso la mia voce senta le parole e la voce della Chiesa di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo che questa sera mi onoro di rappresentare.
Eccellenza, è giunto il momento di salutarci ufficialmente non per dirci addio ma per imparare a custodirci reciprocamente davanti a Colui che ha voluto che le nostre strade si incrociassero nella memoria grata per quanto il Signore ci ha donato di condividere.
Accade oggi a lei quello che accadde ad Abramo a 75 anni allorquando la voce del Signore gli chiese di lasciare la sua terra per andare verso il paese che gli sarebbe stato indicato proprio nel gesto dell’obbedienza. Sebbene il suo sembra ora un viaggio a ritroso perché ritorna nella sua Grottaglie, di fatto vi fa ritorno sapendo di aver conservato la fede in ogni circostanza e di aver lavorato instancabilmente pur di non perdere nessuno di coloro che il Signore le ha affidato.
Questi oltre otto anni del suo ministero in mezzo a noi sono trascorsi velocemente.
La nostra esistenza è come un fiume la cui sorgente è in Dio Creatore e Padre e lungo il suo percorso si alimenta di ciò che proviene da rivoli diversi, talvolta si misura con ostacoli inattesi, talaltra sembra scorrere serena. Un fiume che viaggia a cielo aperto sia nel tempo della ristrettezza come in quello del raccolto copioso. Solo Dio è in grado di misurarne la reale portata: solo lui, infatti, conosce i segreti del cuore. A noi il compito di lasciarci portare come un bimbo in braccio a sua madre.
Nella sua omelia ci ha appena ricordato che non è tempo di bilanci. Chi la conosce e sa cosa la anima, sa altresì che maturare attraverso l’esercizio di responsabilità non desiderate e non cercate, impone l’esercizio dell’amore allo stadio più alto. E di questo, Eccellenza, siamo tutti testimoni.
Senza mai menar vanto, noi l’abbiamo vista incarnare – proprio come attesta il suo motto episcopale – lo stare del pastore dietro il suo popolo quando ha provato – nella misura in cui glielo abbiamo consentito – a raccoglierci dalle nostre dispersioni e a provare a formare non un gregge compatto nell’uniformità ma una comunità coesa nell’unanimità.


L’abbiamo visto, poi, stare in mezzo al suo popolo restituendoci i tratti di una prossimità non di maniera ma reale e sincera senza mai scadere in toni o atteggiamenti camerateschi ma facendoci percepire un pastore sempre raggiungibile, mai distante o rinchiuso nel suo mondo e, comunque, autorevole.
L’abbiamo visto stare davanti a noi quando ci ha non solo indicato la strada ma ce l’ha aperta mettendoci personalmente la faccia. E questo nei vari ambiti che hanno caratterizzato il suo ministero, sia in diocesi che in seno alla Conferenza continuando a perorare presso la Sede Apostolica le ragioni di questa piccola Regione.
Sebbene non lucano di origine, lei ha sposato fino in fondo la Basilicata e le sue ragioni di esistere. Metà del suo ministero sacerdotale che coincide con tutto il suo ministero episcopale lo ha trascorso in questa terra che ha fatto sua. Ne dà prova l’Amministrazione comunale di Matera che pochi giorni fa le ha conferito la cittadinanza onoraria e quella di Tricarico che domani l’attende per un saluto ufficiale.
Ci ha insegnato la libertà del confronto e del dialogo sincero, ci ha invitato a condividere i passi nel rispetto delle peculiarità di ciascuno riportandoci sempre alla comune radice della medesima fede.
Ci ha invitato a essere consapevoli delle nostre potenzialità sollecitandoci a disseppellire i talenti di cui il Signore ci ha fatto dono e a esserne fieri.
Abbiamo visto in lei come si ama la Chiesa e come si soffre per essa senza mai cercare il proprio interesse.
Se in qualcosa siamo riusciti a seguirla è perché abbiamo toccato con mano quanto le stessimo a cuore. E ci perdoni se, talvolta, non siamo stati in grado di reggere il suo passo. E lei, com’è a tutti noti, è un buon camminatore.
Preghiamo per lei e per il nuovo Arcivescovo che attendiamo come dono dello Spirito per noi.
Ci aveva chiesto di non provvedere ad alcun dono. Noi, però, abbiamo disobbedito: la nostra Chiesa le offre un tempo prolungato di riflessione e di preghiera in Terra Santa, appena sarà possibile.
Grazie per la sua testimonianza, Eccellenza, e auguri vivissimi e sinceri.

OMELIA AL TERMINE DEL MANDATO EPISCOPALE
Potenza, 13 maggio 2024
Carissimi,
“rendo grazie al Signore per le notizie ricevute circa la vostra fede in Cristo Gesù” (Col 1,3-4).
È con le parole di san Paolo ai Colossesi che, con animo riconoscente e grato al Signore, prendo congedo dal mio ministero episcopale in mezzo a voi.
Il senso di questa celebrazione non è quello dell’addio o del tirare le somme quasi a voler stilare un bilancio. Non ci accada, infatti, di cadere nella tentazione di Davide quando sentì il bisogno di fare un censimento.
La celebrazione di questa sera, infatti, vuol essere un inno di lode a Dio che nella sua immensa bontà mi ha chiamato alla vita e al ministero sacerdotale ed episcopale. Insieme al grazie vorrei chiedere perdono se posso aver recato del torto a qualcuno. Se ciò dovesse essere accaduto, non è accaduto in malafede.
Quello che sono riuscito a fare l’ho fatto come ho potuto e come ho saputo, deludendo le aspettative di qualcuno, probabilmente: spero, tuttavia, di non aver deluso le attese di Dio.
È stata per me una grazia e un onore pascere, per mandato del Signore, questa porzione del suo gregge.
Oggi non posso che lodarlo per avermi permesso di crescere nella fede insieme a tutti voi: è così che leggo il mio ministero episcopale qui a Potenza come già prima a Matera e a Tricarico. Questi oltre ventisei anni sono stati una peregrinazione nella fede e nella conoscenza del mistero di Cristo prima ancora che esercizio del ministero pastorale.
Non poche sono state le circostanze in cui, prima ancora che essere io a indicare la strada, la testimonianza della fede dei più piccoli mi ha edificato e confermato nella bellezza di appartenere al Signore.
Guardando indietro, sento di fare mie le parole dell’apostolo Paolo ai Corinti: “Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio” (1Cor 2,3-5).
Negli incontri personali ho sempre provato ad avere molta attenzione e rispetto per l’opera della grazia nel cuore di ognuno. Per questo non ho mai imposto qualcosa a qualcuno perché a certe consapevolezze si perviene non perché costretti ma perché convinti e coinvolti facendo sempre appello al proprio senso di responsabilità.


Il mio cuore è nella pace perché non ho cercato il mio interesse. Non mi sono mai tirato indietro di fronte a nulla anche quando mi veniva suggerito di farlo. La porta del mio cuore, prima ancora di quella dell’episcopio, è rimasta e rimarrà sempre aperta: non conservo rancori verso alcuno perché nessuno è alle strette nel mio animo.
Mentre innalzo il mio inno di lode non posso non fare mie le intenzioni di preghiera formulate da Gesù alla vigilia della sua passione quando, pregando per i suoi, chiedeva al Padre: “custodiscili nel tuo Nome” (cf. Gv 17,11), “custodiscili dal Maligno” (cf. Gv 17,15), “consacrali nella verità” (cf. Gv 17,17), “che tutti siano una sola cosa” (cf. Gv 17,21-22).
Credo sia questo il compito che attende questa Chiesa: crescere sempre più nella comunione e nella stima reciproca riconoscendo gli innumerevoli doni di cui il Signore l’ha adornata e la adorna.
In ogni celebrazione eucaristica, dopo aver pregato il Padre nostro, chiediamo al Padre: “Non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa”. Stasera ripeto questa supplica con una consapevolezza diversa perché la vivo così come San Gregorio Magno confidava:
“Molte cose che nella Scrittura da solo non riuscivo a comprendere, le ho capite quando mi sono trovato in mezzo a voi, fratelli miei”.
Parto sapendo di non essere mai sceso a compromesso con alcuno. Per questo, sebbene talvolta abbia avvertito la fatica di certe situazioni, sono nella pace. Sono sereno perché convinto che solo quando non si è cercato nulla si può essere liberi davvero.
In spirito di obbedienza al Signore prima che a una disposizione canonica, da una parte mi dispongo a partire senza voltarmi indietro, dall’altra continuando a tenere nel cuore quanti, finora, ho cercato di portare sulle spalle, uno ad uno.
Intraprendo questa nuova parte della mia vita senza sapere cosa davvero mi attende ma nella fiducia certa che il Signore disporrà ogni cosa perché io possa continuare a generare “l’uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ef 2,3-4).
Mentre ci apprestiamo ad accogliere con vero spirito di fede il successore degli apostoli nella persona di Mons. Davide Carbonaro, vorrei lasciare a ciascuno un invito.
Mi rivolgo ai più piccoli, anzitutto: crescete in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini sotto la guida amorevole dei vostri genitori e dei vostri educatori.
Ai ragazzi dico: non abbiate paura delle vostre turbolenze emotive. Sulla barca della vostra vita il Signore Gesù è di casa per aiutarvi a gettare in lui ogni vostra preoccupazione.
Ai giovani ripeto: siate all’altezza di ciò che il Signore vi ispira senza lasciarvi portar via la speranza da chi ha paura della vostra consapevolezza e della vostra libertà. Non abbiate timore di giocarvi per questa vostra terra che necessità di creatività e audacia.
A voi famiglie rivolgo l’appello ad accogliere e custodire la vita così come il Signore vi chiede di fare ricercando anzitutto il disegno di Dio su voi e sui vostri figli.
Agli adulti chiedo di onorare il compito che il Signore vi affida lì dove si svolge la vostra vita. Ciò che conta non è essere importanti ma non aver vissuto invano e aver onorato l’esistenza di chi ha incrociato i vostri passi.
Agli anziani chiedo di non fermarsi a rimpiangere ciò che non è più ma a trasmettere la sapienza di cui siete depositari e custodi. I più giovani non hanno bisogno del nostro disincanto e del nostro pessimismo ma della pazienza e della tenacia che hanno segnato i nostri giorni.
Ai malati e ai sofferenti chiedo di continuare a tessere con l’offerta della loro vita il volto bello di una Chiesa di cui il Signore si compiace.
Ai cercatori di Dio chiedo di non spegnere mai quell’anelito al vero e al bene che il Signore ha posto nel vostro cuore fino a quando non abbiate la gioia di poterlo incontrare e riconoscere anche grazie alla testimonianza della comunità cristiana.
A quanti sono impegnati nella vita politica chiedo di andare oltre gli interessi di parte e di spendersi per progetti capaci di visioni di ampio respiro che maturano solo dando ascolto a ciò che il Signore ha seminato nel cuore di ognuno di noi.


Ai religiosi e alle religiose chiedo di ricordarci instancabilmente che solo Dio basta e che senza di lui non possiamo far nulla.
Ai seminaristi chiedo di non scoraggiarsi e di non aver paura di osare sulla parola del Signore che chiede di prendere il largo.
Ai sacerdoti ripeto quello che diceva l’allora Card. Montini ai preti ambrosiani: “il Sacerdozio o è vissuto ad alta temperatura, ed è una bellissima cosa, o è vissuto in una temperatura calante e tiepida ed è una pesantissima cosa”. Grazie per come mi avete accolto e per il tratto di strada condiviso. E perdonate ciò che posso aver trascurato sebbene non volutamente.
Il Signore ricolmi del centuplo accordato ai suoi servi fedeli quanti, con lealtà, con assiduità e spirito di abnegazione, mi hanno aiutato a servire questa Chiesa e ad amarla “fino alla fine”.
A tutti assicuro il mio ricordo all’altare, chiedendo a San Gerardo di custodire anche me sotto la sua protezione.


A Maria Madre del Verbo incarnato e che oggi ricordiamo con il titolo di Fatima, chiedo di sostenere il nostro sì perché il fiat pronunciato con tanta generosità, diventi il Magnificat che innalziamo in ogni momento della nostra vita.
Se qualcosa è stato realizzato, il merito non è mio ma di tutti. Sono consapevole che tanto resta ancora da fare. Prego il Signore di portarlo a compimento mediante l’azione pastorale del mio successore, il carissimo Mons. Davide Carbonaro, per il quale continuerò a pregare sostenendolo con la stima e l’affetto fraterno.
Sabato prossimo sarò con voi non per consegnare questa Chiesa come fosse una cosa di cui disfarsi ma per affidarvi al cuore del nuovo pastore che vi prego di amare più di quanto abbiate amato me. Dove c’è il vescovo, infatti, lì c’è la Chiesa.
Scenderò da questa cattedra senza nostalgia del ruolo. Non ho paura di fare un passo indietro e di vivere diversamente l’esercizio del mio ministero. Chiedo al Signore soltanto di essere trovato fedele fino alla fine.
E ora, carissimi,
permettetemi di salutarvi con le parole di San Francesco d’Assisi mentre prendeva congedo dai suoi:
“Io ho fatto la mia parte. Cristo vi insegni la vostra” (FF 1239).
Amen.